Una nebbia piena di luce

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ErosAntEros, Trascendere (Logo)

TraScendere_GS_08«Alle volte mi basta uno scorcio che s’apre nel bel mezzo d’un paesaggio incongruo, un affiorare di luci nella nebbia, il dialogo di due passanti che s’incontrano nel viavai, per pensare che partendo di lì metterò assieme pezzo a pezzo la città perfetta, fatta di frammenti mescolati col resto, d’istanti separati da intervalli, di segnali che uno manda e non sa chi li raccoglie»: l’Italo Calvino de Le città invisibili pare perfetto per dare avvio ad alcune minime note sullo spettacolo TraScendere – Concerto sintetico per figure espressive di ErosAntEros. «Affiorare di luci nella nebbia» e «due che s’incontrano»: in breve, è quel che avviene nel denso, evocativo lavoro della giovane compagnia ravennate. Per meglio farsi un’idea dei fatti sulla scena, si ascolti la accurata precisione con cui Davide Sacco e Agata Tomsic, anime di ErosAntEros, ne presentano il dispositivo: «Lo spettacolo è un concerto di suoni sintetici e luci generato in diretta dai movimenti di due performer che appaiono agli occhi del pubblico da una fitta coltre di fumo bianca, come corpi umani stilizzati, completamente lattei e senza volto. Gli spettatori si accomodano a un tavolo presieduto dalle due figure, dietro il quale viene illuminato un computer portatile, vera regia dello spettacolo. I due performer hanno applicati alle braccia degli apparecchi, dei sensori a basso costo, e solo attraverso di essi controllano, dialogando con il computer, l’intero apparato audio e luci. Con questo sistema generano, in tempo reale, il concerto attraverso un alfabeto gestuale proveniente da cinque religioni: Buddismo, Cristianesimo, Ebraismo, Induismo e Islam».

Le città invisibili è pubblicato per la prima volta nel novembre del 1972. Nei mesi a seguire, Calvino rilascia varie interviste in cui parla di questo libro. In alcuni passaggi di questi dialoghi, pare davvero che abbia visto TraScendere, ad esempio là dove descrive «uno spazio in cui si deve entrare, girare, magari perdersi, poi trovare un’uscita, o magari parecchie uscite». Una analoga moltiplicazione di possibilità di significazione si trova nella “messa in vita” (come direbbero i ravennati Teatro delle Albe)  del termine trascendere: la concretezza, a tratti addirittura spigolosa, dell’agire dei due performer ne fa slittare il senso, dal significato comunemente attribuito, spiritualistico o filosofico, a una più appropriata accezione etimologica (latina), che rimanda all’oltrepassare un limite, al superare una recinzione, come un fiume che, uscito dall’alveo, estende la propria azione. Il che fa nascere alcune salutari domande: esiste un luogo in cui le dimensioni del sacro e dell’immanente si possano pienamente realizzare, intrecciandosi? può essere oggi, questo luogo, il teatro? o forse, sulla scia degli approdi della ricerca grotowskiana, va percorsa una propria personale verticalità, trascendendo (per l’appunto) la dimensione spettacolare?

ErosAntEros, Trascendere (Logo)
ErosAntEros, TraScendere (logo)

A proposito dei calviniani «segnali che uno manda e non sa chi li raccoglie» citati all’inizio di queste note: l’immagine-logo dello spettacolo è costituita dai simboli sovrapposti delle cinque grandi religioni mondiali, sulla cui gestualità nell’atto della preghiera i performer hanno con grande precisione e astraente pulizia lavorato. È un insieme piuttosto indecifrabile, se non se ne ha una chiave di lettura, e in questo enigma condiviso (che certo sarebbe piaciuto a Calvino), in questa piccola feconda fatica richiesta allo sguardo del pubblico si trova forse il maggior valore di TraScendere: lo sforzo intenzionale sposta la proposta di ErosAntEros su un piano propriamente “estetico” (là dove si intenda il termine come opposto di “anestetico”: ciò che addormenta reazioni e pensieri).

TraScendere sta fuori da ogni logica di mercato, trattandosi di un formato difficilmente collocabile, se non in festival di arti performative o simili (razza decisamente in via d’estinzione, purtroppo): spettacolo di 15 minuti per 8 o massimo 16 spettatori. Io l’ho visto due volte, TraScendere, a distanza di pochi giorni, nel maggio 2013. La prima volta a Fèsta, evento organizzato a Ravenna dalla cooperativa E. Pochi giorni dopo a Forlì, al festival Ipercorpo curato da Città di Ebla. Di questa doppia visione rimane, direbbe il Calvino delle interviste post-Città «un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d’un linguaggio». E non è poco, in soli quindici minuti.

Il prossimo progetto di ErosAntEros, Come le lucciole, prende spunto (e titolo) dal saggio dello storico dell’arte e filosofo francese Georges Didi-Huberman. In questo lavoro, il cui preciso sottotitolo è Una politica della sopravvivenza, si sviluppa, a partire da Pier Paolo Pasolini, una riflessione su quel che resta del nostro passato, e su come possiamo preservare ciò che sembra irrimediabilmente condannato alla sparizione. Come le lucciole si annuncia un progetto performativo più riconoscibilmente teatrale (disposizione frontale palco/platea, recitazione di testi dal vivo, …). Per l’ensemble di stanza a Ravenna, che programmaticamente si autodefinisce «percorso artistico di ricerca, che si appropria della forma teatro per mettere in gioco una moltitudine di linguaggi espressivi, indiscriminatamente portatori di senso, all’interno di un modo di creare libero da definizioni e distinzioni tra generi, che manipola fonti di varia natura, come la filosofia, la politica, la storia, l’attualità, le scienze, le arti e la letteratura», si tratta di una preziosa occasione per sperimentare percorsi inediti. Con l’augurio che la disperata vitalità pasoliniana porti lampi, sorprese, strappi, capriole e salti. In una parola: vita. Anche sbragata e sporca e guercia e traballante e urlante. Tutta vita.

«Non saprei dire di più», conclude Calvino un’altra intervista di presentazione delle Città. E così concludo anch’io.

MICHELE PASCARELLA

 

ErosAntEros, TraScendere – info – visto l’11 e il 17 maggio 2013 a Ravenna e a Forlì