Barry Adamson, saper sempre dove correre

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Know Where To Run

Di tutti i tanti Bad Seeds in libera uscita, con naturalmente l’eccezione del boss Nick Cave, Barry Adamson è probabilmente quello che ha fatto i dischi più belli e avveniristici – e non sarà un caso che Barry sia presente nei momenti migliori del gruppo australiano-apolide, ossia i primi quattro e l’ultimo Push The Sky Away (2013). Certo, Adamson è il Bad Seeds atipico – aveva già una storia importante e celebrata prima di unirsi a Nick, quella con i Magazine fine dei tempi di Real Life (1978) – senza poi scordare, per amore del suo intricatissimo percorso artistico, appena dopo il primo addio ai Semi Cattivi, pure una breve apparizione dal vivo con Iggy Pop ai tempi di Blah Blah Blah (1986). Adesso tocca al suo album numero tredici che, bando alla scaramanzia, merita tutta la fortuna di questo mondo.

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Know Where To Run fin del primo ascolto conferma appieno la grandezza del personaggio – uomo che spesso si è inventato musica per film che non esistono o che erano ancora lì dall’essere girati, l’autodidatta circense delle note che sa giocare con tutto fra jazz lounge e John Barry, maestro del beat più sofisticato e genialoide crooner viaggiatore al termine della notte. In poche parole, se le note sono sette l’artista di Manchester sa moltiplicare all’infinito come nemmeno l’illusionista Harry Houdini saprebbe fare. E qui, davvero, si supera – sebbene egli nella propria discografia abbia già dischi da ko sicuro come As Above So Below (1998) oppure Stranger On The Sofa (2006) – e pure il penultimo, I Will Set You Free (2012), è di quelli che non bisogna farsi sfuggire.

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Barry Adamson con i compagni Bad Seeds Warren Ellis e Nick Cave
Barry Adamson con i compagni Bad Seeds Warren Ellis e Nick Cave

A dargli man forte in tutti i pezzi vi è il più recente acquisto dei Bad Seeds, quel George Vjestica arrivato a sostituire il dimissionario Mick Harvey, che in Know Where To Run fa davvero fuoco e fiamme con la sua chitarra. Il resto è opera del genio obliquo di Barry, futurista della musica come ce ne sono pochi – e che bisogna custodire gelosamente. Quando si ascoltano i suoi dischi ci si chiede spesso “come faccia” – e qui, appunto, ci si domanda come egli faccia a tirar fuori il crooning balordo ma vellutato di Come Away o anche, sempre in tema ballad, come faccia ad avvolgere con le deformi inquietudini di Evil Kind. Oppure come faccia a tirar fuori uno dei soliti singoli killer che solo lui (chi si ricorda di Can’t Get Loose, vecchia di quasi vent’anni?), qui nelle forme e nei suoni contagiosi di Death Takes A Holiday, tanto quanto una vera spedizione all’inferno come la strumentale Texas Crash, deragliata riscrittura di Downbound Train di Chuck Berry con pure un gran stacco big band jazz che agli ascoltatori più esperti, garantiamo, non può far altro che godere fino rimanere esamini. Poche storie – qui siamo sempre e comunque in gloria nel nome di Barry Adamson: chi vuol capire, intenda adesso o mai più!

CICO CASARTELLI

BARRY ADAMSON – Know Where To Run (Central Control)

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