Red Hot Chili Peppers, ritorno al piccante

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La cosa più interessante dei Red Hot Chili Peppers? Che sono dei veri, imperterriti fan di Mike Watt: loro i Minutemen prima e i fIREHOSE poi li hanno venerati (e, nel bene, anche scippati), Mike Watt ogni volta che hanno potuto portarlo su un palco con loro lo hanno fatto: leggendarie le jam all’L.A. Forum di qualche lustro addietro quanto meritevole di stima l’aver rifiutato un supporter imposto dal promoter o dalla casa discografica per portarsi dietro Mike come opening per tutto un tour europeo di qualche anno fa. Tutto ciò è degno di rispetto, e compensa o quasi un certo macchiettismo che li ha travolti nel nome di MTV e dello strardome. E dopo una quindicina di anni fatti di dischi altalenanti se non proprio spompi tipo il doppio Stadium Arcadum (2006), ecco il colpo di reni con The Getaway: il classico lavoro che non ti aspetti e che al contrario sorprende, convince e accende la scintilla per un vecchio amore che sembrava finito e che inatteso, toh, rieccolo!

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Anthony Kiedis con Elton John
Anthony Kiedis con Elton John

Nessuno qui sostiene che i RHCP siano tornati ai fasti di The Uplift Mofo Party Plan (1987), di Mother’s Milk (1989) o di Blood Sugar Sex Magik (1991) ma The Getaway piace sotto molti di punti di vista. Per esempio, chiudere con Rick Rubin dopo tanti album di successo ma anche dopo i chiari segni di stanca artistica degli ultimi lavori è la mossa che brilla: affidarsi a Danger Mouse, il piccolo George Clinton/Sly Stone degli ultimi due decenni sia con i Gnarls Barkley sia come produttore (Damon Albarn/Gorillaz, Black Keys, Beck, U2, Norah Jones, Sparklehorse), si è rivelata mossa azzeccata. Pure lasciarsi alle spalle la formula funk-hard rock che li ha resi celebri per uno spettro musicale più ampio, caleidoscòpico e cosmico (almeno rispetto alle più recenti “acque ferme” RHCP), è un bell’asso da calare. In fondo, dicevamo, Flea, Anthony Kiedis & Co sono degli adepti di Mike Watt – mica di uno qualunque.

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Sia chiaro, il basso è sempre protagonista e la voce è sempre fra il melodico e il rap ma il contorno gioca a mischiare le carte. Per esempio, ve lo sareste mai aspettato Elton John in un loro disco? Bene, eccolo: in Sick Love vi è Reginald Dwight ad accompagnarli al piano in quello che è un dichiaratissimo omaggio a Benny & The Jets (tanto che i crediti mostrano Elton e Bernie Toupin fra gli autori), pezzo che si fregia pure del grande percussionista brasiliano Mauro Refosco (David Byrne, Atoms For Peace) il quale, peraltro, li accompagna dal vivo già da qualche anno. E sempre con Refosco a dar massimo ritmo e calore-colore è Go Robot, bel pop astrale con gran tiro che è una delle cose migliori dei RHCP da molto tempo: se diventasse un singolo di successo ne saremmo contenti, visti i tempi che corrono. The Getaway, a conti fatti, non un è disco che stanca ma ha un bel tasso di adrenalina: prendi This Ticonderoga, con quell’aura di punk nervoso, Dreams Of A Samurai, che sembra più che altro un numero dei loro “cugini” Jane’s Addiction, oppure Detroit, chiaro tributo a Iggy Pop, e le diffidenze maturate nel corso degli ultimi quindici anni qui sono messe da parte. Com’è che disse Nick Cave tempo fa, scherzando ma neanche troppo? «Quando sento una canzone di merda alla radio, solitamente il DJ poi dice che è una canzone dei Red Hot Chili Peppers» – caro Nick, per una volta non sarà così.

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Flea con l'artista Raymond Pettino e il "grande ispiratore" Mike Watt
Flea con l’artista Raymond Pettino e il “grande ispiratore” Mike Watt

Naturalmente, visto che i RHCP sono dei grandi fan di Mike Watt, cogliamo l’occasione per far sapere che costui sarà in Italia per ben quattro concerti a Ottobre: il 14 a Torino (Magazzino sul Posa), il 15 a Bologna (Freakout Club), il 16 a Venezia (Spazio Aereomon) e il 17 a Trieste (Tetris). Primi sponsor a gratis del tour, potete crederlo, Flea e compagnia.

CICO CASARTELLI

RED HOT CHILI PEPPERS – The Getaway (Warner Bros)

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