Immagini l’India?

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Andhra Pradesh: anziana donna Lammani
Danza di possessione, Fotografia di Leonardo Farina,  2013
Danza di possessione, Fotografia di Leonardo Farina, 2013

«Ma com’è l’India?». Appena rientrato a casa dopo un viaggio di un mese, è abbastanza normale sentirsi ripetere in continuazione la stessa domanda. Ma ogni volta rimango spiazzato. Cerco invano di riavvolgere il filo delle esperienze susseguitesi l’una dopo l’altra a ritmi incalzanti, e alla fine, dopo un breve silenzio, mentre il mio interlocutore aspetta che io dica qualcosa di interessante, l’unica cosa che mi viene da rispondere è: «Grande…».

Quasi tutti rimangono visibilmente delusi dalla lapidaria esposizione, ma davvero la riposta più indicata è questa. Perché l’India è un subcontinente, una realtà che difficilmente può essere riassunta in poche parole: stiamo parlando di una confederazione di Stati, con 22 lingue ufficialmente riconosciute e diverse centinaia di dialetti locali, numerose etnie, tre grandi religioni che convivono assieme ed enormi contrasti sociali tra vita rurale e caos cittadino.

«E là cosa sei andato a fare? Un giro o…». Ah già, il progetto. Bisogna partire da lì per capire il tipo di viaggio che ho fatto. «Sono andato a fare fotografie, eravamo in quattro a raccogliere materiale sui progetti di una organizzazione che si chiama GreenFarmMovement».

Questa volta la risposta è esauriente, ma si può dire ancora qualcosa di più.

GreenFarm si occupa principalmente di agricoltura biologica e di progetti educativi, attraverso la realizzazione di fattorie modello. Ma non solo. Tutte le sue attività ruotano attorno a un originale principio che viene chiamato copensiero: ogni proposta viene avanzata e discussa assieme alla comunità locale, e i ricavi delle attività vengono reinvestiti per promuovere sul territorio eventi culturali e di sviluppo sociale. Le strutture che GreenFarm sta aprendo saranno utilizzate anche per ospitare ricercatori e studenti, o anche semplici viaggiatori interessati ad un progetto di turismo dinamico, che vogliono conoscere aspetti di un territorio altrimenti relegati al di fuori dei normali itinerari.

«Sì, ma insomma, cos’è che hai visto?». Ci arriviamo, ma devo fermarmi un attimo a fissare i ricordi che nella testa scorrono veloci, come avessi premuto il tasto rewind di un vecchio VHS. Certo, mentre ero là ho tenuto un blog in cui raccontavo giorno per giorno le nostre esperienze, ma ora che sono a casa e cerco di sbrogliare il filo di questa esperienza, nella mia mente le immagini affiorano in ordine sparso.

Insomma, un progetto che si è prolungato per centinaia e centinaia di chilometri, toccando trasversalmente una gran quantità di argomenti diversi, non è facile da raccontare in due parole.

Lezione alla Saint Mary's School
Lezione alla Saint Mary’s School

Con lo sguardo perso nel vuoto, per dei brevi istanti ritorno con la mente alla Little Flower School e alla Saint Mary School, due scuole immerse nelle aree rurali nel nord dell’Andhra Pradesh. Mi rivedo sommerso dai bambini sorridenti che continuano a chiedermi di farsi fotografare per potersi rivedere sullo schermo lcd della macchina.

Sono questi bambini che mi riportano ai loro villaggi, tra le case dei contadini con i tetti di paglie intrecciate. Il primo è un villaggio in cui stanno i profughi di una guerriglia che da anni ormai viene portata avanti dai guerrieri maoisti naxaliti presenti in quei territori. Devo ammettere che un po’ di agitazione l’avevo quel giorno, in quel piccolo agglomerato di capanne, incastrato tra i campi e le foreste in cui si nascondono gruppi di combattenti.

Il secondo villaggio in cui finisco è quello Lammani, una etnia cugina delle popolazioni gipsy europee, con le loro donne agghindate da vistose decorazioni e i bambini che giocano al gioco del cerchio utilizzando vecchi copertoni di motocicletta.

Andhra Pradesh: anziana donna Lammani
Andhra Pradesh: anziana donna Lammani

Non so perché, ma improvvisamente mi torna in mente l’espressione indagatoria di un contadino del Tamil Nadu, sopravvissuto al morso di un cobra e sulla cui pelle vi sono i segni di una vita dura, passata a coltivare un terreno che durante la stagione secca è arso dal sole e durante i monsoni si scioglie in un mare di fango. E poi i villaggi degli operai che sorgono sul ciglio delle cave di granito alla periferia di Bangalore. Noi le abbiamo visitate in una domenica assolata, ma durante una giornata lavorativa probabilmente sarebbe stata tutta un’altra cosa. Gli operai ci hanno raccontato del loro lavoro, duro, con la polvere che impedisce la vista e soffoca il respiro e le schegge di pietra che quando schizzano si conficcano nella carne.

Da qui, la girandola dei ricordi mi trasporta alle città, al caos e al traffico di Hyderabad e ai grattacieli di Bangalore, alla tranquilla vita di Mysore e alle pittoresche coste del Karnataka in cui i turisti la fanno da padrone. E i templi, le processioni con gli elefanti, i suonatori di tabla che si esaltano in ritmi incalzanti.

Kochi (Kerala): un attore di Kathakali
Kochi (Kerala): un attore di Kathakali

E ancora, la cerimonia religiosa vista in Tamil Nadu in cui fiumi di persone si riversano per fare offerte agli dei o per assistere agli spettacoli di danza rituale, con le donne tra il pubblico che, mentre delle abili ballerine eseguono le loro performance, vengono possedute dalla divinità e iniziano a ballare e a dimenarsi finché non vengono marchiate con dell’argilla sulla fronte. Fino ad arrivare ai balli in maschera di un festival buddista in cui ci siamo fortunatamente imbattuti visitando una comunità di profughi tibetani.

Rivivo gli odori forti e pungenti, spesso sgradevoli, dei caotici e coloratissimi mercati in cui è possibile trovare di tutto e di più e il grande contrasto di una cultura che rispetta gli animali al punto di non scacciare nemmeno i topi perché «non sono pericolosi», ma che non prevede praticamente da nessuna parte una gestione dei rifiuti che quindi si accumulano ai lati delle strade e vengono bruciati quando diventano troppi.

Infine le facce simpatiche dei guidatori di tuk-tuk, con cui bisogna sempre contrattare sul prezzo tanto che, mentre saetti nel traffico rischiando un incidente ad ogni incrocio, non te ne importa perché ti senti vincitore dopo aver fatto abbassare il prezzo di venti rupie, anche se poi ti rendi conto che sono trenta centesimi di euro.

Potrei andare avanti nei pensieri, ma mi sento gli occhi puntati addosso. Riemergo improvvisamente dai ricordi. «Tante cose, ho visto tante cose…».

www.leonardofarina.com

Scopri GreenFarmMovement, i suoi progetti e i Gruppi di Co-investimento Solidale, visitando il sito www.greenfarmmovement.org. Per maggiori informazioni, scrivi a info@greenfarmmovement.orgoppure contatta i seguenti recapiti: +39 3290319683 o +39 3470585455