La magia della Biennale di Venezia: una palestra dei sensi

0
1198

BIENNALE: LI WEI, CINQUE FOTO DEL SUO VOLO SU VENEZIA

La mostra internazionale curata dal giovane Massimiliano Gioni ha un titolo molto ambizioso: Il Palazzo Enciclopedico. Tra le tante affermazioni del curatore colte in questo primo mese di apertura mi sembra opportuno citare questa: «La Biennale è una ginnastica concettuale, la palestra del cervello, dei sensi e degli occhi».

In effetti si avverte molta cerebralità in questa bella e discussa Biennale che pone artisti professionisti accanto ad illustri dilettanti, scrittori, filosofi, psicologi, autodidatti, outsider e borderline. Il titolo racconta l’idea del curatore: «indagare il desiderio di conoscere tutto, inseguendo il punto in cui questo diventa ossessione». Quindi analizzare l’infinito, l’assente, l’invisibile; riflettere sul presente, sulla società, sull’informazione; porre la questione dell’immaginario quale fonte primaria di conoscenza e di analisi. Non è una semplice mostra ma, a tratti, appare come la genesi della mostra, o momento filologico e di ricerca.

Accanto al Palazzo Enciclopedico si dipanano i vari padiglioni, più o meno sorprendenti, con qualche interessante ed attesa novità. Da non perdere: il nuovissimo padiglione della Santa Sede, quello dell’Argentina (dedicato ad Evita Peròn), quello francese (con un omaggio a Ravel di Anri Sala), Music for the silence di Shary Boyle per il Canada, l’imponente scultura di Berlinde de Bruyckere per il Belgio, la Danae russa, l’enciclopedismo giapponese, la street art venezuelana. La Grecia presenta uno sguardo molto contemporaneo e molto attuale: History zero racconta il ruolo e il valore del denaro nella società, nei rapporti umani, nei vari sistemi monetari. Una sottile, graffiante, denuncia.

Scontata forse l’installazione di 866 sgabelli in legno di Ai Wewei al padiglione tedesco, mentre è sicuramente più interessante, dello stesso artista, l’allestimento allo spazio Zuecca Project che, in chiave più o meno romanzata, racconta i suoi giorni di prigionia.

Mi ha sorpreso il padiglione Indonesia, alla prima importante presenza, con il lavoro di sei artisti di diverse generazioni: un tuffo nella loro cultura attraverso richiami espliciti alla tradizione, riattualizzata e resa assolutamente contemporanea. Di notevole impatto la lunga distesa di centinaia di ceramiche disposte dal giovanissimo Albert Yonathan quasi ad esplorare una dinamica sequenza spirituale.

Come sempre troppe le mostre extra Biennale per cui non ci si può limitare ad una sola visita. Bisogna tornare per rimanere nuovamente affascinati dai tanti legami culturali, intellettuali, spirituali che vengono attivati.

Fino al 24 novembre, 55ª Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia Il Palazzo Enciclopedico, Giardini e Arsenale. Orari 10-18, chiuso il lunedì

STEFANIA MAZZOTTI