Al cinema con Margherita – L’illusionista ovvero Io sono il coniglio

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L'illusionista
Jacques Tati nell’Illusionista

Quando piove e la temperatura si abbassa, sebbene la primavera stia pian piano declinando all’estate, non c’è niente di meglio che accendere il caminetto e guardarsi un film. Con Margherita, quella che nella vita vuol fare la regina Elsa e ghiaccia tutti, la scorsa settimana siamo stati in biblioteca. Così per casa ci sono due dvd nuovi: uno di questi è L’Illusionista, una sceneggiatura di Jacques Tati che Chomet ha salvato dall’oblio.

Margherita è contenta perché nel racconto sono coinvolti un papà, una bimba e un coniglio. Anche se papà e bimba sono una strana coppia di trovatelli, il coniglio è una specie di mannaro mordace e il film ha un finale malinconico.

Ecco. La cosa bella di questo film è che scombina prestissimo le carte delle aspettative. Soprattutto di chi si aspetta un film da bambini (cosa che tentano di venderti da subito, visto che è un film d’animazione e i film d’animazione sono “per bambini” per antonomasia). L’anziano illusionista è bravissimo ma i teatri in cui si esibisce sono ormai alla frutta e quelli con un po’ di pubblico straripano di groupies di una band che ricorda molto i Beatles, ma effeminati e cretinissimi. La bimba ha, all’interno del film, una dinamica di crescita molto complessa: da sguattera di una bettola di quint’ordine in un’isola sperduta della Scozia, si trova a fare sogni da gran dama fino a diventare la fidanzata di uno studente. Il coniglio è un coniglio. Così Margherita dice: voglio essere il coniglio. Poi visto che il coniglio sta sempre in una gabbia o chiuso in un cilindro da mago, decide di voler essere la bimba. Finchè, sul finale, decide che il film è davvero troppo triste e si preoccupa per il destino dell’illusionista e si chiede di chi sia quella fotografia che lui tira fuori dal taschino per guardarla mentre il treno si perde nella nebbia.

Il finale è davvero molto concentrico: per i protagonisti, sebbene amaro, non è negativo: la ragazza trova un uomo adatto a lei, l’illusionista si libera della adolescente a cui si trovava a far da balia (ma man mano capiamo che si affeziona come ad una figlia…) e il coniglio viene portato in collina e lasciato alla sua, sempre desiderata (anche a morsi), libertà.

Ma sono libertà che fanno male: il coniglio si trova improvvisamente solo e abbassa le orecchie rendendosi conto che quanto agognava significa soprattutto solitudine, la ragazza innamorata e felice scopre che “i maghi non esistono” e che il suo illusionista è scomparso (come in una magia dal finale triste); e in fondo anche lei è un po’ più sola di prima. E l’illusionista torna, finalmente lui si, alla sua solitudine, da cui non voleva scappare e in cui si trovava bene… anche se, in fondo, quella ragazzina…con le sue scarpe bianche, il suo cappottino di cachemire… in quella foto…

A Margherita il film è piaciuto “ma certo”. Anche al suo papà. Però poi ci siamo abbracciati e abbiamo detto che ci lasceremo il più tardi possibile…

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