Il cippato nell’orto

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cippato

 

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Con l’espressione Not in my backyard si intende generalmente l’atteggiamento qualunquista di chi si oppone alla costruzione di qualcosa (ad esempio una ferrovia, un inceneritore, una centrale nucleare) solo nei pressi di casa sua, mentre non ha nulla da dire se ciò avviene a debita distanza. A parte il fatto che opporsi a qualcosa che ti riguarda da vicino non è per forza meno intelligente che impegnarsi in battaglie universali, con la medesima espressione si potrebbe anche indicare l’atteggiamento costruttivo di chi libera il proprio cortile, orto, giardino da qualcosa di “poco ecologico” che in gran parte del mondo circostante è considerato invece “normale”, ad esempio l’uso di veleni, lo spreco d’acqua, o l’abitudine di bruciare rami, sterpaglie e avanzi di potatura. Quest’ultima pratica, in particolare, mi è sempre sembrata poco appropriata e inutilmente pericolosa: questi scarti valgono molto di più se sottoposti alla “lenta combustione” del compostaggio, e possono essere impiegati in vari modi.

In un articolo precedente ho già descritto il Compost dei Templari, che mi ha dato ottimi risultati, ma è piuttosto laborioso; oggi mi occuperò del cippato di ramaglie fresche, in francese Bois Rameaux Fragmentés (BRF). L’uso del BRF, già sperimentato in Quebec, è stato importato in Francia da Jack Dupety, autore del libro L’orto senz’acqua. Coltivare bio con il cippato per risparmiare acqua, petrolio e lavoro  (Terra Nuova Edizioni).

Il cippato a uso agricolo, a differenza del compost, non è un concime per le piante ma per il suolo: si presenta come rami e rametti sminuzzati freschi, prevalentemente di latifoglie, di solito prodotti con apposite macchine (cippatrici o biotrituratori), ma per piccoli appezzamenti ci si può arrangiare a mano, con l’aiuto di qualche volontario armato di cesoie e troncarami… Questo materiale, incorporato al terreno, apporta sostanze organiche e favorisce la formazione di un humus molto stabile, che migliora la struttura del suolo e la sua capacità di trattenere acqua.

Tale miglioramento avviene più o meno rapidamente in base alle condizioni di partenza, da qualche mese a due anni, e senza arature né aerazioni preliminari. Il cippato trasforma il suolo intensificando l’attività di tutti gli organismi che lo abitano, a partire dai funghi che digeriscono la lignina: questi funghi (quei filamenti bianchi che appaiono sul legno morto) possono secernere degli antibiotici che limitano la popolazione batterica, rendono la cellulosa accessibile ai microrganismi, nutrono con i loro miceli dei microartropodi le cui feci nutrono altri organismi, e così via. Tutto questo è visibile e palpabile, il terreno diventa infatti più scuro e morbido, e resta umido molto più a lungo dopo la pioggia.

Anche la stagione in cui viene applicato il cippato influisce sulla rapidità del cambiamento: in inverno il viene aggiunto al terreno ripulito e lavorato superficialmente, in primavera-estate viene cosparso sul terreno non lavorato come una pacciamatura. Quantità indicative di materiale: tre metri cubi per cento metri quadri o tre centimetri di spessore. Nei primi mesi è opportuno coltivare leguminose o altre piante che non necessitano azoto, perché l’azoto presente nel terreno diventa meno disponibile, poi si può coltivare qualunque pianta purché senza arare (il legno deve restare in superficie). Il trattamento si può ripetere dopo due anni, dimezzando la quantità, o secondo il bisogno, osservando quanto legno è rimasto.

La tecnica del cippato appare molto adatta per i terreni poveri, pietrosi, difficili da raggiungere, ma perché non fertilizzare in questo modo anche i giardini di città, le aiuole circondate dal cemento, gli orti urbani? Non provate voi il mio stesso orrore quando vedete fascine di potature buttate nel cassonetto dei rifiuti indifferenziati?

 

 

 

2 Commenti

  1. ora so cosa fare degli stralci di potatura! Poi da quando ho la compostiera, praticamente non ho più umido da farmi ritirare.

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