Teatro Diego Fabbri: gran finale con Pantani

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Teatro delle Albe, Pantani - foto Fagio
Teatro delle Albe, Pantani - foto Fagio
Teatro delle Albe, Pantani – foto Fagio

L’ultima volta che il gruppo fondato da Marco Martinelli, Ermanna Montanari, Luigi Dadina e Marcella Nonni ha portato  un proprio lavoro a Forlì è stato il 2011. Allora si è trattato di Rumore di acque, «oratorio per i sacrificati» che vede in scena Alessandro Renda assieme ai fratelli Enzo e Lorenzo Mancuso, a cantare e raccontare degli annegati nelle traversate sui barconi nel Mediterraneo.

Il ritorno del Teatro delle Albe (merito di Ruggero Sintoni, Claudio Casadio, Lorenzo Bazzocchi e Claudio Angelini, che per il secondo anno consecutivo hanno la responsabilità della direzione artistica del Teatro Diego Fabbri) è previsto per venerdì 9 maggio con Pantani, spettacolo che nel 2013 è valso al “poeta di compagnia” Marco Martinelli il premio Ubu come “Migliore novità italiana (o ricerca drammaturgica)”.

Noi Pantani lo abbiamo visto a fine 2012: vi riproponiamo qui sotto, a mo’ di incoraggiamento, la recensione che scrivemmo allora.

Torneremo a vederlo, al Teatro Diego Fabbri. Ci incontriamo là?

Teatro delle Albe, Pantani - foto Claire Pasquier
Teatro delle Albe, Pantani – foto Claire Pasquier

Pantani, fantasma mozartiano

Tre ore e mezzo di spettacolo «ma alla prima lettura durava quattro ore e un quarto, e senza intervallo!», per l’accorato racconto dell’ascesa e del declino dello “scalatore che veniva dal mare”, Marco Pantani. Il ciclista di Cesenatico è il grande assente in scena: continuamente evocato, nessuno lo interpreta, solo ogni tanto appare in video, in filmati d’archivio originali. L’ultimo, atteso spettacolo del Teatro delle Albe di Ravenna ricorda il Don Giovanni di W.A. Mozart, opera del 1787 composta su libretto di Lorenzo Da Ponte. Lo ricorda per molti motivi. Qui, per ragioni di spazio, ne citiamo solo due. Primo: il soggetto del defunto che torna dall’aldilà a vendicare l’onta subita, forse una delle possibili intenzioni anche di questo lavoro di Martinelli e compagni. Secondo: all’epoca, i contorni dei personaggi principali si delineavano attraverso le arie che ciascuno eseguiva (i monologhi dei protagonisti, diremmo oggi); al contrario, la personalità di Don Giovanni (qui: di Pantani) assume rilievo assoluto, quasi eroico nel suo accanimento, tratteggiandosi per contrasto, in una specie di “ritratto indiretto”, grazie ai dialoghi degli altri personaggi che parlano sempre di lui.

Teatro delle Albe, Pantani - foto Claire Pasquier
Teatro delle Albe, Pantani – foto Claire Pasquier

Questa «veglia funebre», nell’esplicito intento di chiarire, denunciare e fare giustizia ha il merito di essere propriamente didascalica (parola che contiene in sé sia insegnamento che teatro!), nel senso incarnato da Brecht quando, componendo nel 1929-32 i suoi drammi didattici, si propone di trasformare, e non solo di raccontare, la realtà. Vale per questo Pantani quel che Ennio Flaiano scrive nel dicembre ’63 nella sua rubrica di critica teatrale su L’Europeo: «Tutti infine hanno avuto grandi applausi. Pubblico attentissimo. Com’è confortante accorgersi che non si chiede al teatro ciò che la vita di tutti i giorni ci dà in abbondanza, sopraffazione del gusto, stupidaggine e pornografia». Perfetto, Flaiano, anche in questo caso.

MICHELE PASCARELLA

 

Venerdì 9 maggio, ore 21.00 – ‘Pantani’, Teatro delle Albe, Info: O543 712167- 712176 – 712160, teatrodiegofabbri.it