La lana nell’orto

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Una delle mie più ferree convinzioni è che qualunque materiale organico, opportunamente trattato, possa apportare fertilità. Ho visto cose che voi giardinieri tradizionali non osereste mettere in pratica: prosperose aiuole di pura segatura, o di fondi di caffè misti a cenere, bombe di semi a base di carta di giornale bagnata, ricordo perfino una orgogliosa vecchietta asserire che il miglior fertilizzante per le piante in vaso è l’olio fritto (sic! ma non mi azzardo a provarci)… E mio nonno, giardiniere di professione, che quando piantava un albero metteva in fondo alla buca un vecchio paio di scarpe di cuoio, non so perché.

Tempo fa a casa di un amico pastore ho visto per la prima volta un orto pacciamato con la lana delle sue pecore, e incuriosita ho cercato altri usi simili. Due amici sloveni, Mateja (esperta di knitting) e Robert, bioarchitetto, mi hanno raccontato che da loro la lana si interra a venti centimentri di profondità, per aumentare l’assorbimento e la ritenzione dell’acqua, e proteggere le radici dagli sbalzi termici; allora ho cercato applicare la stessa idea a un’aiuola sinergica che per il momento sta dando buoni frutti, nella fattispecie zucchine.

Forse non sapete che la lana delle pecore italiane, un tempo inserita in una fiorente filiera produttiva ed esportata in tutto il mondo sotto forma di filati e tessuti pregiati, al giorno d’oggi diventa molto spesso un rifiuto speciale! Pur essendo organica al 100%, per le sue caratteristiche deve essere smaltita in maniera appropriata, comportando dei costi per gli allevatori: l’ennesimo esempio di una risorsa preziosa che, caduta in disuso, si trasforma in uno scarto e quindi in un problema da risolvere.

Volendo approfondire l’argomento, mi sono imbattuta nel catalogo di un’azienda sarda, Ortolana, che impiega creativamente in agricoltura (e non solo) questa nobile materia prima. Cito dalla seconda pagina: “Annualmente nel mondo si utilizzano in agricoltura circa 4 milioni di tonnellate di plastica di cui oltre il 40% sono pacciamanti che concluso il loro brevissimo ciclo d’impiego vengono rimossi e smaltiti.” Anche i pacciamanti biocompatibili in carta o bioplastica, del resto, richiedono molta energia per essere prodotti e hanno durata assai breve. E allora perché non produrre teli pacciamanti in feltro di lana? I vantaggi sono davvero tanti: niente derivati del petrolio, basso costo di produzione, lunga durata, biocompatibilità, tanto per cominciare. Questi teli migliorano inoltre la salute del terreno e delle coltivazioni, costituendo un fertilizzante a lento rilascio, limitando il consumo idrico, abbattendo le emissioni di CO2, e addirittura favorendo un ecosistema sonoro ottimale per la riproduzione degli impollinatori!

Inserendo nel feltro dei semi, poi, si ottengono dei tappeti tessili-vegetali per la casa, oppure, foggiando nel feltro tante piccole tasche, dei giardini verticali da interno-esterno, alquanto suggestivi e versatili. La varietà degli oggetti in catalogo è ampia, se avete denaro da spendere… Se invece la moneta gira alla larga dalle vostre tasche, guardate se nei vostri armadi c’è qualche maglione infeltrito, una vecchia sciarpa, calzini spaiati, possibilmente in pura lana vergine e senza colorazioni chimiche: potreste usarli per qualche esperimento. Oppure fate un giro in campagna alla ricerca di un formaggio genuino, e chiedete al pastore che cosa ci fa con la lana; magari ve la regala volentieri!

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