Animali senza favola – geometrie del branco

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Animali senza favola, Simona Bertozzi-Nexus - © Futura Tittaferrante

 

Animali senza favola, Simona Bertozzi-Nexus - © Futura Tittaferrante
Animali senza favola, Simona Bertozzi-Nexus – © Futura Tittaferrante

 

Animali senza favola, la nuova creazione di Simona Bertozzi, danzatrice e coreografa di adozione bolognese, ha debuttato il 17 e 18 dicembre 2014 all’Arena del Sole di Bologna. Questo lavoro, che a livello compositivo e iconografico, prende spunto dall’opera Chiari del bosco della filosofa Maria Zambrano, si nutre di collaborazioni ormai consolidate nei progetti coreografici di Bertozzi: le musiche sono create ad hoc da Francesco Giomi, il progetto luci è di Antonio Rinaldi, la collaborazione teorico-compositiva è firmata dallo studioso Enrico Pitozzi e l’ideazione dello spettacolo ha visto coinvolto Marcello Briguglio.

Maria Zambrano, a proposito di Chiari del bosco afferma: «Tra le mie opere, è questa, io credo, che meglio corrisponde all’idea che pensare è, prima di tutto, decifrare ciò che si sente, il “sentire originale”». In questo scritto, Zambrano invita il lettore di accettare la sfida dell’incertezza, lo invita a confrontarsi con il non consueto e il non pre-figurato. Emerge dunque, un evidente rimando al lavoro di Simona Bertozzi, da sempre caratterizzato dalla ricerca del non dato. La poetica, che da sempre accompagna la sua danza, predilige un lavoro evocativo piuttosto che narrativo; la sua danza è caratterizzata da figure evocative, da corpi che disegnano volumi e da immagini che aprono allo spettro dell’imprevedibile e, dunque, del non (ancora) possibile. Animali senza favola, dunque, non prevede una trama – una favola appunto – ma piuttosto si configura come un lavoro d’indagine su dinamiche relazionali e su configurazioni spaziali.

Animali senza favola, Simona Bertozzi-Nexus - © Futura Tittaferrante
Animali senza favola, Simona Bertozzi-Nexus – © Futura Tittaferrante

 

Lo spettacolo inizia con l’immagine dei corpi di Simona Bertozzi e Stefania Tansini, due figure sedute a terra, illuminate appena dalle luci di Rinaldi. I loro corpi vibrano, espandono e amplificano micromovimenti interni fino a renderli visibili all’esterno. Sono due corpi estraneamente diversi fra loro; sono donne di generazioni differenti, caratterizzate da configurazioni anatomiche, dinamiche di movimento, linee e colori diversi fra loro. Due corpi, due donne, due animali che creano un gioco di mimetismo, un confronto fra “il grande” e “il piccolo” o, forse, fra il giovane e il capo del branco. Non si tratta di un’imposizione di movimenti da parte del capo branco, ma piuttosto di un confronto, un dare e un avere, di uno scambio in cui i corpi dettano le regole. Fin dal principio, dunque, al pubblico è richiesta una partecipazione attiva, di profondo ascolto e attenzione; il duetto, infatti, favorisce l’instaurarsi di una profonda relazione di ascolto sia fra le danzatrici, sia fra spettatore e danzatore. I corpi instaurano un dialogo motorio così forte che chi osserva si ritrova, d’improvviso, a vibrare con loro e a “muoversi con” loro. Il lavoro, così come l’opera di Zambrano, richiede uno sforzo da parte del pubblico o, come lei stessa afferma, una com-mozione, un “muoversi con” il danzatore. Animali senza favola, dunque, apre il confronto con uno spettacolo non narrativo trascinando lo spettatore alla ricerca di un nulla (che è in realtà un estraneamente pieno) che si scopre illimitata, poiché lascia aperta ogni possibilità.

Animali senza favola, Simona Bertozzi-Nexus - © Futura Tittaferrante
Animali senza favola, Simona Bertozzi-Nexus – © Futura Tittaferrante

 

I corpi disegnano geometrie, veri e propri disegni spaziali, definiscono lo spazio scenico e si configurano nell’istante, per poi dissolversi e ricollocarsi altrove; l’occhio dello spettatore si muove dalle linee alle figure, dalle anatomie alle tracce che questi stessi lasciano sulla scena. Lo spazio, dunque, è abitato di presenze che lasciano tracce e che avvalorano, riempiendolo di densità e volume, i vuoti, il non-spazio. Simona Bertozzi mette in scena giochi di volumi, di contrasti, di pieni e vuoti. In scena vi sono cinque donne dai corpi esili, agili e potenti al contempo. I corpi delle danzatrici sono caratterizzati dalla diversità, dei loro movimenti, delle loro fisicità e delle loro età. Del resto, lo spettatore osserva le dinamiche che caratterizzano il mondo animale, compresa la diversità propria del branco. Il quintetto-branco si forma a partire da un duetto, o da un trio, un quartetto o un unisono… è un continuo trasformarsi di geometrie. E’ in questo scenario che emerge l’individualità delle danzatrici-animali; i loro corpi diventano (e non imitano!) animali: sono cavalli che galoppano all’unisono in un perfetto movimento di sincrono delle loro gambe-zampe, sono animali che si osservano, si scrutano, l’uno con l’altro. Tavolata una figura si allontana, si isola ed osserva il movimento, continuo, del branco; dopo essersi staccato, questo individuo viene nuovamente assorbito dal branco, reintegrato nel gruppo, pronto a riprendere la ricerca.

Animali senza favola, Simona Bertozzi-Nexus - © Futura Tittaferrante
Animali senza favola, Simona Bertozzi-Nexus – © Futura Tittaferrante

 

I movimenti non sono immediatamente riconducibili all’immaginario comune della danza poiché non sono pose o semplici passi tecnici. Si tratta, piuttosto, di attenzione ai dettagli, alle dinamiche interne e all’ascolto del proprio corpo. Le dita dei piedi, per esempio, con i loro piccoli rimbalzi e sussulti attirano l’attenzione; i piedi, nodosi e venosi, amplificano il movimento delle dita, un movimento che quasi rimbomba nel suolo. Il suolo, la terra, un elemento fondamentale in questo spettacolo, così come in tutti i lavori della coreografa. Le cinque interpreti, sempre distese al suolo, come ancorate alla terra, dondolano le gambe scandendone il ritmo con il respiro.

Tuttavia, nonostante vi siano momenti di silenzio, la relazione fra musica e danza è imprescindibile ed evidenzia un crescendo di tensione fra i corpi, diventando sempre più animale, quasi selvaggia. La musica aiuta a definire le personalità e le caratteristiche motorie dei cinque corpi-animali, inoltre rafforza i cambiamenti di tono, le sfumature e tessiture che i corpi creano attraverso movimenti e configurazioni spaziali.

Animali senza favola dimostra la straordinaria opera di trasmissione di pratiche, poetiche, linee estetiche e movimenti che la coreografa sta compiendo. In questo senso, Animali senza favola può essere definito una “dichiarazione di poetica” in cui è possibile decifrare con chiarezza il metodo compositivo e alcune scelte stilistiche Infatti, alcune strutture compositive, così come alcune configurazioni spaziali, si sono definite nel corso della sua carriera e sono oggi riconoscibili come una personale firma del lavoro.

Simona Bertozzi
Simona Bertozzi

 

L’uso dello spazio, per esempio, ha un ruolo fondamentale nella sua estetica poiché è questo elemento a sostenere la caduta dei corpi, a supportare il loro peso e ad accoglierli, nel tentativo di sfidare le leggi di gravità; è nello spazio che i corpi creano configurazioni (duetti, quartetti e gruppi) densi e voluminosi. Un’altra caratteristica è la sospensione dei corpi e del tempo, la quale crea una tensione che rende visibile l’invisibile, riempiendo i vuoti lasciati dai corpi stessi. La tensione dei corpi, e tra i corpi, dilata il tempo e lo amplifica; trasforma lo spazio e ne rende percettibile la densità, la tessitura, il colore… così come le scie di movimento lasciate dai danzatori-animali. E’ forse per questo che i duetti “inter-generazionali” assumono una valenza così importante nella struttura drammaturgica di Animali senza favola, restando impressi nella memoria dell’osservatore.

CAROLINA BERGONZONI 

Info: simonabertozzi.it

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