Il 13 aprile esce “Auguri Alberta”: il pop-folk immaginato di Farnedi

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La copertina di "Auguri Alberta"
La copertina di "Auguri Alberta"
La copertina di “Auguri Alberta”

Lo sanno tutti: se oggi vuoi fare musica ci sono due strade, i talent e l’indie. Poi c’è Enrico Fanedi, che non lo sapeva e si è messo su una strada sua. Caso strano nel panorama romagnolo, il cantautore di Cesena esce il 13 aprile con l’ultima fatica, Auguri Alberta, che da classificare è faticosa altrettanto. Dieci tracce tutte sorelle e tutte diverse, per un artista che in tasca ha due o tre carte d’identità: estrazione classica (tromba al Conservatorio), gavetta da turnista sui palchi italiani (Cochi e Renato), collaborazioni con la musica illustre della zona (Sacri Cuori, Lo Stato Sociale, Saluti da Saturno) e amici sparsi un po’ ovunque, dai Quintorigo ai Good Fellas, la swing-band di cui fa parte dal ’97. Personalità multipla, e il disco rispecchia.

«Rock’n’roll», può sembrare, e in effetti in Nuovo Nero il riff d’inizio ammicca (ma non sono gli AC/DC di Meltdown? L’attacco è quello, giuro), o la stessa Rocchenròl, che già nel titolo promette le scintille, ma presto il musicista si ricompone e torna a suoni più gentili, da ragazzo per bene.

«Pop» allora, ma poi ascolti Vendemmia, dolce ritratto della nostra Resistenza, con un’anziana signora in bicicletta e il sogno della tregua dalle bombe e dai fucili: un bel testo, si capisce che c’è qualcosa di più.

«Folk», si ipotizza, con gli ukulele e i cembali, le chitarre e certi cori casalinghi, e anche qui c’è un po’ di vero: le storie di Auguri Alberta hanno tutte i piedi in quel «pantano bello denso» di Romagna, «che non ti lascia andare via», come ha scritto di sé lo stesso Farnedi. Neve, per esempio: un ricordo dell’imbiancata leggendaria che sommerse Cesena nel 2012. Ma a guardare da Cesena al mondo, più al di là del proprio orto, il musicista prende il largo tra i ricordi di una “Spagna rossa e gialla” (in Agosto a Cerdanyola), o incappando con la mente nell’”inchiostro della Cina”, nel “Giappone a metà aprile”, su quel Vulcano addormentato che dà il titolo al momento migliore del disco. Già: Con i pesci in mezzo al vento / con le fiabe dentro agli occhi / non lo so se sono sveglio: non esiste viaggiatore più felice di chi immagina, e l’eclettico Farnedi sembra averlo capito, mettendo i sogni in spalla e curiosando tra le proprie fantasie di romagnolo peregrino. Il rischio è quello di perdere il filo, disgregarsi, e tra le troppe identità non saper scegliere la meta; ma come Alberta fu la donna coraggiosa che raccontano, di Farnedi va premiato il coraggio d’imbarcarsi ancora in quel suo pop senza talent, rock senza indie, folk duty-free dove pescare gioia in libertà. Fragili sì, qualche volta, ma con l’ukulele in mano per guarire dalle noie e ripartire.

INTERVISTA – Farnedi non nasconde l’entusiasmo: «Sono felice di Auguri Alberta. Quando tempo fa ho presentato il disco, a Forlì, ho trovato un pubblico attento e amico: gente dalla Romagna, ma anche tanti forestieri arrivati da lontano, che si sono messi in viaggio e hanno pagato un biglietto per amore della musica: dunque è ancora possibile!».

In che senso?

«Beh, il mondo della musica in Italia non è più come in passato: si avverte stanchezza, forse c’è poco rispetto per chi fa questo mestiere: vien facile rassegnarsi. Ma situazioni come quella dell’altra sera incoraggiano: mi vengono in mente certe realtà all’estero, in Germania per esempio: pensa ai grandi raduni di biker, dove quando il concerto comincia tutti si fermano e ascoltano».

Parliamo dell’album: questa Alberta esiste davvero? Pare sia la donna in foto, nel booklet del disco…

«Eccome se esiste. Alberta è una signora di Modigliana che per tutta la vita si è saputa reinventare, passando dal lavoro in fabbrica all’antiquariato, fino ad approdare alla scrittura. Rappresenta la volontà di uscire dal sistema e di non subire regole preordinate, un valore che mi sta molto a cuore. Negli ultimi anni ci ho riflettuto molto, e il tema dell’omologazione si ritrova spesso nei miei testi. Tutto comunque era partito da una specie di tormentone sul web, “Auguri Alberta” appunto: quasi uno slogan, da lanciare come augurio o portafortuna…».

La tua musica però parte da lontano: l’esordio con i Good Fellas è del 1997. Le collaborazioni continueranno?

«Sì, con i Good Fellas torneremo presto in teatro; poi c’è Big!Bam!Boo!, il progetto insieme ai fratelli Costa. Come musicista, avere alle spalle tutti questi anni di frequentazioni e gavetta è una fortuna, che spesso agli esordienti di oggi manca».

Dunque come si vive di musica, nel 2015?

«Faticoso [ride]! C’è tanto da lavorare, e mancano certezze. Il fatto è che un artista lavora in ogni istante, anche quando non sembra. Però vale la pena: visto da fuori è qualcuno che non combina nulla, e invece… chissà, forse sta pensando alla prossima canzone».

 

 “Auguri Alberta” è il secondo album di Enrico Farnedi, dopo “Ho lasciato tutto acceso” del 2013. Esce il 13 aprile 2105 per l’etichetta Brutture Moderne / Sidecar.

MICHELE BARTOLETTI STELLA

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