Il cosmik debris di Sefano Bollani

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Peccato che siamo in Italia, dove fra un Fabrizio Frizzi, un Fabio Fazio e un Carlo Conti messi lì per mantenere sempre basso il livello, se non fossimo in mano ai disgraziati che maneggiano mamma RAI, uno come Stefano Bollani non lo avremmo visto relegato a tarda notte come accaduto con il suo gran programma Sostiene Bollani e, all’opposto, avrebbero dovuto mandarlo in onda sempre e comunque in prime-time. In fondo, però, quelli della RAI è facile capirli – Bollani è uno pericoloso, sa troppo, parla bene, suona da vero artista, ha inciso per la ECM (quanti in Italia possono vantarlo?), sì sì, è proprio nocivo – evitar di mostrare troppo le proprie eccellenze, che se no il popolo che fino a un minuto prima hai tenuto bue magari si potrebbe abituare troppo bene, e volesse il cielo divenga toro. Poi, ripetiamo, Stefano Bollani è pericoloso – così pericoloso che uno dei suoi massimi riferimenti artistici si chiama Frank Zappa.

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Già, Frank Zappa – Bollani lo scorso anno ha coronato il sogno di un disco dedicato al Baffo & Mosca di Baltimora, Sheik Yer Zappa, che bisogna subito ribadire essere un vero lavoro sopraffine sia per scelta di materiale sia per esecuzione. Ripetiamolo, che alla RAI non capiscono: Bollani è un’eccellenza. Ma è pure pericoloso. Solo a scorrere i titoli che Bollani ha scelto di interpretare del Maestro in Sheik Yer Zappa si capisce subito che di Zappa ha inteso una cosa fondamentale – che le sue migliori composizioni o qui o là hanno dentro una gran risata nello spartito – sia essa anche una scoreggia, un rutto o quanto di più sarcasticamente triviale possiate immaginare. E pure le due-tre proprie composizioni che completano l’opera a firma di Bollani, seguono lo stesso percorso, molto pericoloso e naturalmente molto, abbondantemente zappiano.

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Una volta capitò che un amico argentino, parlando di FZ, mi disse che nel suo paese quando si vuol fare un’assolo di chitarra di quelli bizzarri e caotici, simile a quelli di Frank, si dice “zappalo”, farlo zappiano – così, a naso mi sembra l’unico caso al mondo di uso semantico fatto in quel modo. Bollani non è un chitarrista, suona il pianoforte come sappiamo, ma lo “zappalo” del mio amico sembra averlo fatto proprio suo se penso a come, grazie pure a una band da dieci con lode, ha reinventato Peaches En Regalia, Bobby Brown Goes Down, I Have Been In You – fuori programma, poiché non è presente nel disco dedicato a FZ – e Uncle Meat – tutto appunto sublimato in maniera eccezionale e certamente pericolosa per mamma Rai, anche perché al Carroponte il tutto è stato baciato da una gran affluenza di pubblico pagante – affluenza di quelle pericolose!

CICO CASARTELLI

 

 

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