Songhoy Blues: il suono del Mali perduto

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I Songhoy – originari delle rive del fiume Niger, tra le antiche città di Timbuktu e Gao – sono stati uno dei più importanti e potenti gruppi etnici del Mali, prima del lento declino che li ha portati a vivere ai margini della nazione dell’Africa occidentale, pur conservando un forte orgoglio per la loro storia, le credenze e la musica.

Provenienti dal cuore della vecchia Gao, Oumar Touré e Aliou Touré (nessuna parentela) erano – come la maggior parte dei bambini – appassionati di hip-hop e R&B e sono cresciuti ascoltando i canti e le danze tradizionali, così come la musica occidentale dei Beatles e di Jimi Hendrix. Dall’incontro con il giovane chitarrista Garba Touré (figlio di Oumar Touré, percussionista di lungo corso nella band di Ali Farka Touré) all’Università di Bamako, hanno cominciato a plasmare il proprio sound, fondendo gli stili tradizionali ai moderni suoni di chitarra.

Con l’aumentare delle tensioni nel nord del Mali ed a seguito dell’invasione jihadista nel 2012, i ragazzi sono costretti a fuggire con le loro famiglie, rifugiandosi a sud di Bamako. È in questo periodo di tensioni e di profonda crisi che decidono di formare una band, con l’ingaggio del giovane batterista Nathanial ‘Nat’ Dembelé, band che battezzano Songhoy Blues, per celebrare il loro popolo e la sua cultura.

Nel settembre 2013, il manager francese Marc Antoine Moreaued il cantante e musicista britannico Damon Albarn (Blur) li invitano a partecipare alle registrazioni dell’album “Africa Express” e da quel momento le loro ipnotiche voci del deserto, unite ad un provocatorio e spavaldo rock-blues, con canti di gioia, di sfida, di pace e riconciliazione, conquistano rapidamente il pubblico internazionale.

Il loro primo album Music in Exileè uscito lo scorso febbraio per la Transgressive Records, ma la loro notorietà era già stata decretata dal clamoroso successo nel concerto alla Royal Albert Halldi Londra e confermata da altri live, come la recente esibizione al Babel Meddi Marsiglia e dalla copertina che la rivista inglese Songlinesha voluto loro dedicare con un ampio reportage.

L’album, composto da undici brani, coinvolge per l’andamento serrato e sta riscuotendo un grande successo sia in Europa che negli Stati Uniti, ma ora come ora i Songhoy Bluesnon possono tornare a casa, a suonare tra la loro gente: da quando si è insediato in Mali il gruppo fondamentalista Ansar Dine, gli ausiliari della religione islamica, la vita per i musicisti è in pericolo. La musica è un rifugio ed è libertà perché, come sostiene Garba Tourè, «stare al mondo senza musica è come vivere in una prigione».

 

 4 agosto, Modigliana (FC), Strade Blu, Songhoy Blues, Circolo Endas, Piazza Cesare Battista, ore 21.30, ingresso gratuito, info: +39 347 8932009, stradeblu.org