Il centro commerciale globale dei U2

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In fondo lo sanno anche loro, i U2 stessi, che Songs Of Innocence (2014) vale ben poco, tanto che lo hanno regalato nella maniera che sanno tutti tramite Apple/iTunes – lo liquidano con non oltre una manciata di pezzi eseguiti, uno più brutto dell’altro, dal singolo cafonal The Miracle (Of Joey Ramone) fino a Iris (Hold Me Close). Già, perché quando il materiale valeva, anche solo come mero impatto commerciale, e stiamo parlando di album come The Unforgettable Fire (1985), Joshua Tree (1987) oppure Achtung Baby (1991), gli U2 sul piatto mettevano ben altra quantità di brani, se non addirittura il disco che era in promozione lo eseguivano tutto da cima a fondo. Dicevamo, certo che lo sanno – infatti, il lavoro lo sbarazzano in fretta e furia nella prima parte, alzando peraltro il morale delle folle con numeri certi di successo piazzati lì in mezzo ad aumentare il gradimento, come I Will Follow e Sunday Bloody Sunday. Il tutto poi, per ovvie ragioni di richiesta del centro commerciale globale, diventa il solito jukebox che il pubblico vuol sentire a ripetizione senza farsi troppe domande, tanto che gli “oohhh-oohhh” di Bono Vox e le chitarre Echoplex con trademark di The Edge, potenza del marketing, sono come i McDonald’s dove, una volta entrati, non si chiede né gusto né vera sostanza ma prezzi modici, patatine very greasy e soft drink con tanto, tanto ghiaccio per dar l’impressione che il saccarosio diminuisca, sebbene la cosa sia impraticabile come oggidì sa pure l’ultimo degli illetterati.

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Centro commerciale globale – agli U2 non manca niente perché ne siano i CEO, con Bono Vox faccia tosta a vendersi di tutto e rimangiarsi concetti e parole alla velocità del digitale come si fa al giorno d’oggi, dove i colpi bassi diventano gradi o stellette da mostrare come si fa con le più grandi, eccezionali imprese – poi il Vox mi pare il tipico caso di stile italiano che ha attecchito nel mondo, nel senso che per modi e condotta uno il quale assomigli così tanto a Flavio Briatore è difficile trovarlo – senza contare la nuova acconciatura biondo platino che è tutta un programma. Lo spettacolone, fine come può esserlo uno di quelli messi insieme sullo strip di Las Vegas per qualche nuovo ricco con il portafoglio ben gonfio e background culturale inversamente proporzionale al portamoneto appunto, è un giocatolo fine a se stesso con tante luci e trovate, dove la musica fa quasi da soprammobile e dove quando tenti di aprire la luccicante scatola che lo contiene ti accorgi in fretta che di “pacco” trattasi.

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Una certa classe l’hanno mantenuta pochi fra gli episodi storici: Untill The End Of The World – facile sfidante a pezzo più bello del loro intero repertorio – Mysterious Ways oppure Even Better Than The Real Thing, che come si nota subito tutti estratti da Achtung Baby – mentre il resto di innovativo non ha proprio nulla, semmai è tutto molto regressivo: One, With Or Without You, Beautiful Day, Pride e City Of Builiding Lights hanno spalmata sopra una patina che nemmeno le pagine di Vogue o di Vanity Fair – e verrebbe quasi da affermare che il momento più bello dello spettacolo siano stati i due minuti dedicati all’inattesa Mother And Children Reunion di Paul Simon, che peraltro fa veramente sorridere non sia stata riconosciuta da gran parte dell’arena vista la reazione pressoché nulla del pubblico. E visto che ci piace fare i veri cattivi anziché i finti buoni – che i U2 si siano esibiti in un posto da poco ribattezzato Pala Alpitour, è il paradigma di dove siano finiti gli ex eroi del Live Aid e di Amnesty International.

CICO CASARTELLI

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