La memoria che resta dei My Morning Jacket

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Se qualcun altro decenni fa inventò la Musica Cosmica Americana, non vi sono dubbi che i My Morning Jacket ne siano il perfetto epitome negli anni Duemila – davvero nessuno come loro in quest’epoca ne riassume il concetto, la capacità di spaziare fra generi, confini allargati e riferimenti certi (The Band, Grateful Dead, Gram Parsons, Genesis, Impressions/Curtis Mayfield, Pink Floyd) ma soprattutto l’invidiabile, dinamica evoluzione che è lì lampante nello loro discografia. Dal vivo, poi, Jim James e compagni detonano le loro intenzioni di rottura mantenendo comunque l’approccio di chi sa di dove viene e dove vuol andare – non per niente uno dei versi chiave della loro discografia recita “We are the innovators/They are the entertainers” (Wordless Chorus), eloquente.

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Il Paradiso di Amsterdam con le sue mura che hanno visto passare il meglio della musica rock degli ultimi quasi cinquant’anni, è la situazione perfetta per i kentuckyani – ambiente ristretto, caldo e ottimo per assaporare quello che non è solo un concerto bensì un’esperienza. E se di esperienza si tratta, a impressionare ogni volta di più dei My Morning Jacket sono le qualità sceniche del leader, che davvero sembrano l’innesto impossibile come se Peter Gabriel avesse alle spalle The Band come gruppo – costumi, presenza e surrealismo, tutto in Jim James trova magnifico compimento.

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Soprattutto, però, i My Morning Jacket hanno la musica, un vero prog delle radici, se passate le definizione, che prende linfa da rizomi profondi e regala germogli & fiori dai colori assolutamente abbaglianti – che con il disco di quest’anno, The Waterfall, il quale la band stessa afferma essere il prologo di un album a due fasi, ha forse raggiunto il massimo dell’espressività di cui essi paiono esser capaci. Dal vivo la sfida è il rilancio, il raddoppiare la posta – mai una setlist uguale come d’obbligo a chi segue la miglior cultura on the road, poche sovrastrutture ben sapendo che la massima soddisfazione la regala sempre il rischio.

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L’irreprensibilità emotiva della voce di Jim James sovrasta tutto come l’arco di un arcobaleno perfetto, il jolly che prende per mano e porta alla vittoria numeri fra i migliori dell’ultimo lavoro quali Believe (Nobody Knows), Only Memories Remain, In Its Infancy (The Waterfall), Get To The Point, Spring (Among The Living) e su tutto la magnifica Tropics (Erase The Tracks) oppure i classici certi Mahgeetah, Dondante e l’inattesa perla They Ran di chiara matrice The Band e ripresa dal loto primissimo album The Tennessee Fire (1999) – che tutti incantano le mura con orecchie del Paradiso ma che soprattutto ti fanno domandare come un eco in random se i My Morning Jacket non arrivino da Marte anziché dal Kentucky… orning Jacket non arrivino da Marte anziché dal Kentucky… ket non arrivino da Marte anziché dal Kentucky… rivino da Marte anziché dal Kentucky… Marte anziché dal Kentucky… anziché dal Kentucky… tucky… – proprio vero che destinata a restare è solo la memoria!

CICO CASARTELLI

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