Saluti dai Mulini – parte 2

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Saluti dal Forno Calzolari (fronte)«…e la domenica successiva, ho proseguito nel mio giro sugli Appennini, caro Signor Saturno, quei monti che sono custodi della nostra regione, situata – lo diceva Dante Alighieri nel Purgatorio – «tra ’l Po e ’l monte e la marina e ’l Reno», con i grandi fiumi a proteggere i confini meridionali e settentrionali, e il mare e le montagne a fare altrettanto con le estremità a est e ovest. Sento un debito di rispetto e gratitudine nei confronti di questi rilievi che, nonostante i tedeschi li avessero utilizzati per stabilirvi le tappe difensive della Linea Gotica, consentirono ai partigiani e agli alleati di farsi penetrare, conoscere e domare affinché potessero costringere i nazisti alla resa, perciò sono sempre curiosa, e dentro di me riconoscente, verso chi continua a farle vivere senza snaturarne l’essenza ma anzi rispettandone il tempo lento, i saperi antichi, la fisionomia lontana. Così, ho raggiunto Monghidoro, dall’altra parte della valle (accompagnata dallo scorrere placido del Savena), in quel territorio un tempo di collegamento tra Bologna e Firenze in quanto luogo di transito obbligato per chi voleva passare dalla pianura padana all’Italia centrale, tanto da meritarsi l’appellativo di «crocevia d’Europa». Qui si trova il Forno Calzolari, fondato nel 1956 da “Francone” e oggi gestito dal figlio Matteo.

I Calzolari, adottando il principio della filiera corta (omettendo, cioè, troppe intermediazioni tra produttore e consumatore, nonché mantenendo al minimo le distanze percorse dal cibo), hanno portato le tradizioni montanare della loro panificazione – farina biologica dai campi circostanti, macinata a pietra, uso del lievito madre, cottura anch’essa su pietra e rispetto del territorio – anche in città, aprendo rivendite in via delle Fragole a Bologna, nel centralissimo Mercato di Mezzo e partecipando settimanalmente al Mercato della Terra di via Azzo Gardino, tutte postazioni dove oggi è possibile procurarsi il pane di farro con le noci, i cracker arricchiti di semi, il pane di grani antichi impastato con oli essenziali, la crescenta all’olio, i grissini al mais, i filoni al latte e malto, i pani a mollica da affettati, i pani saporiti (al sesamo, al cumino, al papavero o alle olive), le ciabatte di grano duro, il pane di segale e finocchio, il pane alle cipolle, i crostini alle verdure e altre, appetitose specialità del forno, tra l’altro arricchite dalla proposta simpatica di un pane diverso ogni mese. Senza confondersi con sigle modaiole e luoghi comuni, per esempio quelle di chi, mangiando una pasta al pomodoro e ai capperi, si rallegra per il fatto di addentare un prodotto “VEG” (come se fosse una scritta a determinare il tutto e magari senza nulla sapere, o eccepire, sulla provenienza, la lavorazione e i preparati industriali adoperati per conservare quei capperi e quel pomodoro!), il Forno Calzolari ha costruito la propria affidabilità e il proprio nome dimostrando come i sapori semplici della tradizione non fossero assolutamente in contrasto con la ricerca, ma potessero anzi costituire una base da cui partire per creare nuovi impasti e perfezionare vecchie tecniche.

Saluti dal Forno Calzolari (retro)Penso con un pizzico di rammarico a tutti quelli che, scegliendo per esempio di comprare alimenti realizzati con farina di Kamut©, intendo quelli col marchio depositato, credono significhi assecondare una visione sostenibile del cibo, quando si tratta, invece, di un tipo di cereale proveniente dagli Stati Uniti o dal Canada e quindi tanti saluti al “chilometro zero”… insomma, la nostra montagna sarebbe piena, se solo ragionassimo attraverso la conoscenza, di prodotti salutari e buonissimi, reperibili senza doverli importare di là dall’oceano. Informarsi sulla possibilità di trovare varietà di Khorasan – il grano iraniano da cui deriva anche il Kamut© – coltivate in Abruzzo, Basilicata o Campania vorrebbe dire, da parte degli acquirenti, valorizzare la produzione di cereali antichi sulle nostre terre (gesto politico, non trova?). Bisogna iniziare a riflettere bene su cosa comprare e orientarsi alla salvaguardia delle biodiversità, senza il profitto a tutti i costi.

Lei mi dirà, e capisco la sua posizione di pensionato, che il pane del Forno Calzolari costa più degli altri. Sì, è così, Signor Saturno, ma credo che un lieve aumento della prezzatura dei pani serva a pagarne, attribuendole importanza, l’estraneità a intrugli chimici e conservanti di quart’ordine, a mantenere in vita la coltivazione dei grani – i teneri Mentana, San Pastore e Gentil Rosso – usati, tra le due Guerre, per ottenere trecce di paglia e oggi unica attività di borghi altrimenti dimenticati come quello, non lontano da Monghidoro, in località Scascoli. Fare scelte consapevoli, indirizzandoci verso un consumo virtuoso e informato, è sempre il primo passo verso il cambiamento, farlo poi con i prodotti del Forno Calzolari, che per arrivare a noi non sprecano petrolio, non emettono anidride carbonica e non ci costringono a gestire quantità assurde di rifiuti e imballaggi, è una delizia per il palato, e per il cuore. Pane per non lasciarsi contagiare dai dettami del pensiero corrente? Perché no, Signor Saturno…»

FORNO CALZOLARI

• via del Mercato, 2 – 40063, Monghidoro (BO) – 051.6555292

• via delle Fragole, 1 – 40137, Bologna – 051.443401

• c/o Mercato di Mezzo: via Drapperie – 40124, Bologna

fornocalzolari@libero.it