Wood Brothers, ritorno a Matewan

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Quando Chris Wood non è con Medeski Martin & Wood a far pulsare il suo micidiale (contrab)basso, con suo fratello Oliver ha messo in piedi una carriera parallela come Wood Brothers – sottovalutati ma assolutamente strepitosi. Compiono giusto ora dieci anni di vita e sono autori di dischi da ko come fra gli altri Loaded (2008), Smoke Ring Halo (2011) e The Muse (2013, prodotto nientemeno che da Buddy Miller e Zac Brown), spedizioni nella più profonda musica americana fra bluegrass, jazz, country, folk e blues ma senza la benché minima ombra di scolastica agiografia.

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Vederli dal vivo su di un palco, poi, ha il sapore di un astrale viaggio nel tempo e nello spazio, come essere proiettati nell’America rurale della Band o di un film come Matewan (1987) di John Sayles fra predicatori (nel caso di Matewan in forma di un sublime e giovanissimo Will Oldham attore protagonista, ben prima che esordisse nel mondo discografico come Palace Brothers), ballate assassine e minatori – magnifici scatti virati seppia che, citando alla rinfusa fra i momenti migliori dei loro album, di titolo fanno I Got Loaded, Postcards From Hell, Neon Tombstone – a loro modo tutti dei piccoli, grandi classici, almeno per chi ha avuto cuore e orecchie di ascoltarli.

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Per celebrare il decennale, il trio mette a punto un altro lavoro di spessore con questo nuovissimo Paradise, dieci brani che si fanno ascoltare con assoluta passione – anche perché, ridi e scherza, Oliver Wood si dimostra sempre un gran autore di canzoni che non tradiscono bensì potenziano il suo viaggio letterario-musicale. Aggiunto l’eccezionale dinamismo strumentale che Chris Wood cuce al tutto, il gioco è fatto – la band è un side project di quelli destinati a durare e a far parlare di sé. E il trio – alla batteria Jano Rix – non cede di un millimetro mettendo insieme Woody Guthrie con un sano gusto country spiritato (American Heartache), oppure un certo tono dei vecchi Stones rurali (Singin’ To Strangers), oppure ancora un ricercato umore ol’ time non ignaro di Van Dyke Parks o di Randy Newman (Raindrop) – anche se, andate sulla fiducia, al di là dei singoli episodi è tutto Paradise a essere uno sforzo che si assesta su standard di gran valore.
CICO CASARTELLI

THE WOOD BROTHERS – Paradise (Honey Jar Records)

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