Ethan Johns, un inglese in cerca del vecchio American Dream

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Dopo i tanti successi conseguiti come produttore al fianco di gente come Tom Jones, Ryan Adams, Laura Marling, Kings Of Leon, Paul McCartney, Tift Merritt, Ray LaMontagne e diversi altri, Ethan Johns non ha resistito e, come un nuovo Daniel Lanois, si è costruito la sua piccola carriera in proprio – che a guardare bene tanto piccola non è, vista la gran qualità dei suoi lavori che proprio ora culminano con questo nuovissimo Silver Liner.

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In verità, Ethan tentò la carta in proprio già prima di diventare produttore, nel 1992, quando pubblicò Indipendent Years, acerbo esordio che però poteva vantare la produzione di Chris Kimsey e di suo padre Glyn Johns (un padre foriero di CV che mette paura: Rolling Stones, Who, Family, Steve Miller Band, Beatles, Led Zeppelin, Fairport Convention, Eric Clapton, Eagles, Band, Jimi Hendrix – tutti prodotti quando costoro viaggiavano alla velocità della luce) – album abbastanza trascurabile, immatura copia carbone di certa american music stile John Mellencamp e Soul Asylum. Un paio di decenni dopo, però, il gioco si è fatto serio – a cominciare dall’insuperato ritorno con If Not Now Then When? (2012), con una backing band delle meraviglie ad assecondarlo (l’ex Stone Bill Wyman, l’ex Fairport Convention Dave Swarbrick, Laura Marling, l’ex Pentangle Danny Thompson e Ryan Adams), ma anche The Reckoning (2014), prodotto dall’inseparabile amico Adams.

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Quello che davvero piace di Ethan Johns è la capacità di metamorfosi – se If Not Now Then When? fu una bella sorpresa nel nome di un certa musica cosmica d’Albione (Pentangle, John Martyn, Nick Drake), in Silver Liner l’artista mostra anima di buon inglese innamorato della musica Yankee – difatti il lavoro evoca il deserto, il paesaggio pastorale di Mendocino, il vento che batte a Joshua Tree, la vista di Topanga Canyon, la spiaggia di Zuma ossia richiama i migliori Gene Clark, Neil Young, Gram Parsons e Stephen Stills, e lo fa con un stile che comunque è originale, fatto di personale ricerca di suono e di qualità compositiva. E la sua non è solo semplice retró-guardia – in realtà, è facile accostarlo ai momenti roots migliori di suoi coetanei come Will Oldham/Bonnie Prince Billy e Bill Callahan/Smog.

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Nove brani dove vi è l’imbarazzo della scelta a dover individuare i momenti salienti – che comunque non possono che partire con gli splendidi lunghi movimenti Six And Nine e Open Your Window, magnificamente sospesi fra il Neil Young epoca Buffalo Springfield e quello di On The Beach (1974). Gli ascoltatori più attenti, poi, udito I’m Coming Home, chitarra pizzicata e abbellito con un impalpabile synth proposti all’unisono, non potranno che rammentare certi episodi del Gordon Lightfoot epoca Shadows (1982). In Silver Liner, non mancano nemmeno ospiti di riguardo: la sempre splendida Gillian Welch nel brano guida, anch’esso di chiara ispirazione Neil Young, e ancora la Welch con l’ex Eagle Bernie Leadon in Juanita, mariachi svolto con tocco leggero e tanta sana nostalgia per l’immaginario di molti film del sommo Sam Peckinpah.

CICO CASARTELLI

ETHAN JOHNS – Silver Liner (Three Crows Records/Caroline International)

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