Immagini di vita. A sangue freddo

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Silvia Costa, A sangue freddo - foto di Silvia Boschiero
Silvia Costa, A sangue freddo - foto di Silvia Boschiero
Silvia Costa, A sangue freddo – foto di Silvia Boschiero

 

I muscoli delle spalle e delle scapole di Laura Pante sono la chiave d’accesso alla performance A Sangue Freddo, diretta da Silvia Costa e co-prodotta da Uovo Performing Arts Festival. Il pubblico osserva la muscolatura della donna che si contorce, vibra ad ogni movimento, prima seduta, poi distesa su un parallelepipedo di legno chiuso sui lati corti che racchiude il corpo di Silvia Costa, inerme e sepolto da fogli accartocciati.

Le movenze senza peso della performer, il suo posarsi leggero sull’involucro di legno sono amplificati dal suono cigolante delle giunture e dei cardini mossi dopo un lungo tempo di inattività, ideato da Lorenzo Tomio. Chi osserva si sente in grado di scoprire e indagare contestualmente alla donna come vive il corpo.

Successivamente, dall’interno del parallelepipedo si anima il corpo di Silvia Costa: dapprima si sincronizza con i movimenti della Pante per poi uscire e lasciare che questa si distenda sulla struttura di legno. Intanto la regista prende alcuni fogli accartocciati che riportano il disegno dell’interno venoso e vivo delle parti del corpo. Li pone sul corpo immobile della Pante in corrispondenza dell’arto raffigurato e attende che dalla regia Silvia Boschiero, fotografa e co-ideatrice del progetto fotografico connesso alla performance in atto, scatti alcune fotografie, evocate attraverso il rumore dell’impressione della pellicola.

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Silvia Costa, A sangue freddo - foto di Silvia Boschiero
Silvia Costa, A sangue freddo – foto di Silvia Boschiero

 

La performance prosegue nell’intreccio dei corpi di Silvia e Laura, una vestita con body e calzamaglia bianca, l’altra in abiti analoghi color carne. Spiegano arti e muscolature: una comune e doppia scoperta corporea. Ciò si interrompe quando la Pante scivola all’interno della struttura, ora vuota, in cui si adagia come sprofondata in un sonno eterno, lasciando l’altra distesa al di sopra.

Nel carattere scarno, primitivo, povero, semplice di A Sangue Freddo risiede la sua chiave interpretativa. Come spesso si può osservare nei lavori di Silvia Costa, la pulizia, il rigore e il controllo prevalgono. A Sangue Freddo propone delle immagini che indagano l’interno del corpo, il suo tessuto organico vitale e vibrante, manifestando il non visibile. Lo sguardo del pubblico è un rasoio preciso e tagliente che seziona i movimenti lenti e accurati delle due donne in scena. L’atto di vedere scava, stratifica, scarnifica. È un’inquadratura che si muove da dentro a fuori, da pieno a vuoto, da singolo a doppio, dal bidimensionale delle foto “scattate” alla tridimensionalità rotonda e avvolgente dei corpi sincronizzati di Laura e Silvia.

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Silvia Costa, A sangue freddo - foto di Silvia Boschiero
Silvia Costa, A sangue freddo – foto di Silvia Boschiero

 

La performance, nata da uno studio fotografico sull’anatomia e sul corpo condotta dalla Costa insieme a Silvia Boschiero utilizza questo impianto concettuale per fornire ampi risvolti di pensiero: A Sangue Freddo parla di sessualità resa universale dalla rappresentazione interna del corpo, comune ai generi; è una riflessione sulla morte, sulla stasi, sul carattere inerme dell’uomo la cui linfa vitale appare congelata nelle vene; è la ricerca dell’uomo del suo stesso essere e del suo corpo anche servendosi dell’unione con i propri simili; è la ciclicità della vita dell’uomo che nasce da solo, vive insieme e muore da solo.

Una tale sfaccettatura di spunti è possibile grazie alla maturità artistica e concettuale di Silvia Costa, che riesce a intrecciare piani di significati, elementi linguistici come l’immagine, la rappresentazione e l’osservazione all’interno di una cornice di rigore e chiarezza comunicativa che stimola e affascina la mente e l’animo di chi osserva.

La peculiare esposizione di A Sangue Freddo trova, inoltre, maggiore effetto se si considera il breve tempo di esecuzione: ciò valida la ricerca sul Tempo come fulcro dell’indagine nei linguaggi artistici contemporanei condotta dalla ventesima edizione del Festival Natura Dèi Teatri, diretto da Maria Federica Maestri e Francesco Pititto di Lenz Fondazione.

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DAVIDE PARPINEL

Visto il 6 dicembre 2015 al Museo Fondazione Monteparma, a Parma, nell’ambito del Festival Natura Dèi Teatri – info: silvia-costa.com, lenzfondazione.it