Under Festival, la casa del rap. Intervista a Lanfranco “Moder” Vicari

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Dopo due edizioni al Cisim di Lido Adriano, quest’anno Under Festival arriva al Bronson. Perché questo trasloco?

Per due motivi.

Uno: i Festival si nutrono di energie sempre diverse, cambiare location ti costringe a cercare nuova vita. Serve a non fermarsi.

Due: a Ravenna c’è una fervida vita artistica e musicale ma, spesso, non si comunica tra realtà diverse. Nel nostro piccolo portiamo avanti questa idea di collaborazione da anni, con il Bronson abbiamo un rapporto ottimo da prima di iniziare l’avventura del Cisim. Spesso il Bronson ha scelto di fare concerti da noi, questa è l’occasione giusta per ricambiare la visita.

Come direttore artistico, in base a quali criteri scegli chi invitare al Festival?

Non ci sono criteri prestabiliti. Quest’anno ho deciso di aprire il Festival anche agli artisti più giovani. Ho cercato di scegliere le esperienze più meritevoli, ma è stata dura: c’è tanto talento in questo momento nella scena rap, scegliere è sempre complicato. L’Under per me e per tutto il Cisim è qualcosa di molto importante: quest’anno tutta la programmazione degli eventi hip hop si è articolata a partire dagli artisiti che ne hanno fatto parte (Murubutu, Claver, Willie Peyote).

Quali sono le caratteristiche di un bravo artista rap?

Originalità, buoni testi, preparazione tecnica.

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Una volta per tutte: qual è la differenza tra rap e hip hop?

L’hip hop è un movimento artistico culturale con una storia ormai lunga (quaranta anni circa), che si esprime attraverso quattro discipline principali: Rap (il nome più corretto sarebbe Mcing), Breakdance (il nome più corretto sarebbe b-boyng), Djing, Writing (il nome più corretto sarebbe b-boyng). Finalmente ho fatto questa precisazione, grazie!

La prima serata, venerdì 25, inizia con la formula degli anni scorsi: gli artisti si esibiranno con il «pass the mic». Come funziona?

Fondamentalmente senza nessuna prova, gli artisti si esibiscono nella più classica formula hip hop: il cerchio. Si alterneranno suoni e parole diverse. I rapper, terminato il loro pezzo, passeranno il microfono al “socio” a fianco: spesso il caso diventa il migliore dei registi, e queste esibizioni rimangono impresse nel pubblico e negli artisti come esperienze uniche. Speriamo che Dioniso sia con noi!

La seconda serata, dice il comunicato stampa, «si apre con un cypher». Cosa vuol dire?

Non potrei dirlo ma faccio un’eccezione: spesso gli artisti rimangono con noi per tutto il Festival, e non di rado vengono a trovarci molti amici da tutta Italia. Il secondo giorno rapperanno tutti insieme.

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Questi artisti sono professionisti (nel senso: persone che riescono a vivere di questo mestiere)?

Hanno tutti storie molto differenti: alcuni ci riescono, altri hanno lavori normali e il fine settimana cambiano nome e girano l’Italia.

I nomi d’arte… come vengono scelti, nel vostro ambiente?

Anche qui ogni storia è a sé, ma spesso nel nome c’è qualcosa di distintivo per l’artista: una storia, una lettera, una data, una caratteristica fisica.

E nel tuo caso, perché “Moder”?

Me l’hanno dato, quando ero molto piccolo, amici che ora non frequentano più l’hip hop. L’ho tenuto per ricordarmi di loro e di quel ragazzino tutto pantaloni e naso che cercava di fare il rap.

Ultima domanda: qual è la differenza tra un rapper underground e uno alla moda, a parte i soldi?

Le differenza tra i rapper sono tante. Gli appellativi “underground” e “mainstream” vengono spesso presi come una filosofia, in realtà rappresentano semplicemente il grado di esposizione mediatica di un rapper. Il rap è un linguaggio universale: che tu sia famoso o meno, se hai iniziato a studiare ed esprimerti con questo linguaggio parti da una matrice simile a tutti gli altri rapper.

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MICHELE PASCARELLA

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25 e 26 marzo, ore 22 – Madonna dell’Albero (RA), Bronson, Via Cella 50 – ingresso: venerdì 7 euro (in prevendita 5 euro), sabato 12 euro (in prevendita 10 euro), prevendite vivaticket.it – info: 389 6697082, ccisim.it

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