Il sindaco del rione Sanità di Eduardo De Filippo: un “classico” a tutti gli effetti

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Sono passati poco più di trenta anni dalla morte di Eduardo. In questo lungo periodo di assenza dalle scene del grande attore napoletano, egli si è sempre più affermato come uno dei grandi autori del nostro teatro novecentesco, un “classico” a tutti gli effetti.

I suoi testi sono stati rappresentati in particolare dalla compagnia del compianto figlio Luca, da poco prematuramente scomparso, secondo una impostazione di grande rispetto ed aderenza al testo di Eduardo. Sono da ricordare in particolare le rappresentazioni nate dalla collaborazione con il regista Francesco Rosi (Napoli milionaria, Le voci di dentro e Filumena Marturano).

Altri autori teatrali hanno invece cercato di innovare la tradizione (vanno ricordate almeno le regie di Toni Servillo e Alfonso Santagata), fino ad arrivare, in alcuni casi, ad esiti di forte rottura con il testo (come nel caso del Natale in casa Cupiello di Antonio Latella).

In questa cornice, di garbato adattamento, si inserisce la regia del Sindaco del rione Sanità di Marco Sciaccaluga. La commedia, scritta nel 1960, rimanda a un personaggio realmente esistito e conosciuto personalmente da Eduardo, tale Campolungo, che spesso andava a trovarlo in camerino dopo le repliche dei suoi spettacoli. Egli lo ha descritto come un pezzo d’uomo, rispettato e riverito nella Sanità, quartiere popolare di Napoli, dove le persone venivano da lui a chiedere pareri su come si dovevano comporre le vertenze nel quartiere.

Eduardo descrive un personaggio estremamente complesso e ambiguo, una sorta di santo criminale. Antonio Barracano ci appare, al tempo stesso, come un capo locale della camorra, una vera e propria autorità nel rione Sanità, e un idealista che persegue stoicamente una visione del tutto personale della giustizia. Permeato da un pessimismo sconfinato sulla natura umana (gli uomini sono bestie, anche se “ci siamo messi i vestiti, scarpe, camicie e cravatta”, ignoranti ed egoisti). La giustizia amministrata dallo stato, anche se ispirata a nobili principi, finisce per garantire gli interessi di chi ha i mezzi per imporre la sua verità, attraverso la corruzione (in un pezzo esilarante Barracano ci spiega che l’invenzione più grande dell’umanità è la bustarella). La giustizia diventa ingiustizia per chi non ha “santi in paradiso”. Da questa visione nasce l’idea di garantire una propria personale giustizia a favore dei tanti derelitti che gli chiedono udienza, imbelli di fronte ai soprusi dei potenti. In questo modo intende anche evitare che essi seguano la via della vendetta personale (come capitò a lui da giovane), innescando una spirale senza fine di violenza. Baraccano si propone niente meno che di aggiustare le storture del mondo (che vorrebbe meno rotondo e un po’ più quadrato). Il suo principale collaboratore è ormai da tanti anni un sempre più disilluso medico, Fabio Della Ragione, che clandestinamente estrae le pallottole e cura i vari malviventi che invocano la protezione di Barracano. Ormai settantenne e stanco continuerà nella difesa dei suoi ideali illusori fino all’estremo compiersi del suo sacrificio personale. Dalla platea il pubblico ride di gusto nel vedere come Barracano riesce ad estinguere il pesante debito del povero Vincenzo O’Cuozzo con l’usuraio Pascale (versando e facendo contare del denaro inesistente). Ha invece un esito tragico il tentativo di comporre l’insanabile conflitto tra il giovane Rafiluccio e il padre Arturo Santaniello.

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Nella rappresentazione messa in scena dal regista Sciaccaluga si contemperano tradizione e modernità (l’innovazione più incisiva è nel prologo, affidato ad un monologo di Barracano dall’oltretomba). Eros Pagni, interpreta con naturalezza il ruolo del protagonista, con inflessioni napoletane che non tradiscono le sue origini liguri. La compagnia che si raccoglie attorno all’attore spezzino è sontuosa, con ben quindici attori, tale da aver dovuto richiedere la produzione di due Stabili, di Napoli e di Genova, degna di un’altra epoca, quando le commedie teatrali prevedevano molti personaggi e venivano scritte anche per far lavorare i tanti attori di una compagnia.

La regia cerca di riscoprire il senso moderno e pienamente attuale della commedia, mostrando la contrapposizione tra una morale arcaica basata sull’onore e sul rispetto e un mondo moderno dominato da una violenza senza regole. E non risulta azzardato un paragone tra certi personaggi che si contrappongono nella commedia di Eduardo e la nuova malavita giovanile, sfrontata e spietata, che ci viene raccontata dalle cronache odierne provenienti da Gomorra.

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DARIO ZANUSO e ALDO ZOPPO

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Visto al Teatro Bonci di Cesena il 13 marzo 2016

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