White Denim, la stella solitaria brilla ancora

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I White Denim li avevamo lasciati mentre volavano alti, almeno per i tempi che corrono, con Corsicana Lemonade (2013), bell’opera coprodotta con Jeff Tweedy (Wilco) – un disco che se non proprio risollevare le sorti della musica contemporanea, ha almeno dato una bella siringata di adrenalina alle nostre orecchie. Adrenalina che indubbiamente continua a scorrere anche con questo nuovo Stiff, che da un nome di fama alla consolle passa a un altro – qui tocca al re Mida dei giovani produttori anni Duemila ossia Ethan Johns, figlio del venerabile Glyn Johns che negli ultimi quindici anni e passa ha davvero creato un trend a proprio nome: Ryan Adams, Paul McCartney, Tift Merritt, Kings Of Leon, Tom Jones, Ray LaMontagne, Laura Marling, Crowded House – solo per nominare alcuni dei suoi clienti.

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Del gruppo texano si è letto da più parti qualcosa che dev’essere stato buttato giù in qualche cartella stampa a casaccio, e altrettanto a casaccio riportata dai media: ossia che i White Denim sarebbero dei piccoli Velvet Underground trapiantati nel Lone Star State. Francamente, nei loro sei dischi di tracce Velvet ne abbiamo udite poche, Stiff compreso. Se proprio vogliamo trovare un termine di paragone con il passato, più di tutto vengono in mente i mai abbastanza celebrati Blue Öyster Cult – del gruppo newyorchese hanno senza dubbio mutuato la compattezza di suono se non la potenza, che quella dei BÖC resta unica e soprattutto irripetibile.

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Ethan Johns, il produttore di Stiff
Ethan Johns, il produttore di Stiff

Stiff è la conferma di un giovane gruppo che val la pena seguire senza indugi – in dieci anni non si sono svenduti e, tutt’altro, hanno seguito una propria strada ben precisa senza compromessi in nome della crescita artistica. Ethan Johns qui gioca di cesello, non snatura il quartetto di Austin semmai lo sublima tirandone fuori le indubbie qualità, sia di songwriting sia di intuizioni musicali. I Denim non hanno bisogno di molto per imporsi, difatti Stiff dura nemmeno quaranta minuti per nove brani – e va benissimo così, anche perché la cosa garantisce un repeat serrato. E se i gruppi americani delle nuove generazioni rock giocano molto con suoni convulsi e barocchi, questi texani piacciono perché vanno nella direzione opposta, sono quadrati e riprova ne sono pezzi come Had 2 Know (Personal)Mirrored In Reverse – qui i BÖC sembrano essere un totem – Holda You (I’m Psycho) piuttosto che ballate comunque arcigne come Take It Easy (Ever After Lasting Love) – bello il falsetto molto Marvin Gaye – e Thank You. Il tutto nella grande speranza che arrivino presto a suonare dal vivo dalle nostre parti – che siamo proprio curiosi di vederli on stage dopo averne ammirato i dischi.

CICO CASARTELLI

WHITE DENIM – Stiff (Downtown)

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