L’odissea sonora dell’Acrobata Silvestri

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Un’odissea sonora di quasi tre ore, dove alla fine il vero acrobata è lui, Daniele Silvestri. La sensazione netta che si ha, concluso il concerto al Carisport di Cesena, è che quell’equilibrio di cui tutti i funamboli vanno in cerca, Silvestri l’abbia davvero trovato. Venti anni di carriera, otto dischi (più quello con gli amici di sempre Max Gazzè e Nicolò Fabi) ed uno stato di grazia che lo rende forse nel punto più completo e maturo della sua carriera. Acrobati, il disco, ha fatto il pieno di consensi di critica, mentre il pubblico gli ha tributato grande affetto con una ventina di live da sold-out ed un entusiasmo che ovunque ha trascinato Silvestri e la sua band in live di grande intensità sonora e, quasi, di amicale intimità. Il suo è certamente un percorso artistico da sempre coerente, anche politicamente schierato, ma su tutto ha sempre messo in evidenza la capacità di scrittura, alternando tematiche e stili popolari ad altri più ricercati, con poetiche più intime e sentimentali.

La Romagna è sempre stata per lui una seconda casa, ai suoi esordi qui ha trovato ospitalità ancora lontano dal successo e, come ricorda lui stesso “meno male che c’era la Romagna, ricordo l’affetto dell’Io street club di Rimini (gestito dallo stesso Sintucci oggi a capo della Pulp concerti che lo ha portato al Carisport, ndr) che mi ha accolto dagli inizi”.
Da Rimini a Cesena, dai club al Carisport, cambiano i contenitori ma non la sostanza, con un pubblico sempre partecipe, attivo e coinvolto.
Ad accompagnare Silvestri sul palco una big band di sette musicisti. Agli ormai storici collaboratori e amici , Piero Monterisi (batteria), Gianluca Misiti (tastiere) e Gabriele Lazzarotti (basso) si sono aggiunti quattro nuovi acquisti di altissimo livello: Duilio Galioto alle tastiere, Sebastiano De Gennaro alle percussioni e al vibrafono, Daniele Fiaschi alle chitarre, Marco Santoro al fagotto (uno strumento che raramente esce dalle orchestre sinfoniche), alla tromba e ai cori.
Dei vecchi amici come non sottolineare l’ennesima prova maiuscola di uno dei migliori e più affidabili batteristi italiani, Piero Monterisi, che sul palco guida le dinamiche del gruppo, passando sempre con grande precisione e personalità da atmosfere rarefatte a groove serrati. Dei nuovi una menzione la merita il chitarrista Daniele Fiaschi, già con Diodato (che con Silvestri ha collaborato nell’ultimo disco Acrobati), gran presenza scenica e un suono di grande spessore che da profondità ai brani, evidenziando già un feeling da veterano con Silvestri e i vecchi musicisti della sua band.

Il live inizia con la lieve “la verità”, e poi prosegue con i pezzi forti dell’ultimo disco, “la mia casa”, “un altro bicchiere”, “la mia routine”, intervallate dal “giardino di Psiche” (brano della colonna sonora del film “Tutta colpa di Freud”), prima del singolo “quali alibi” e quello che è il pezzo più sorprendente ed efficace della prima parte: “Monolocale”. Un brano “cinematografico”, con un testo concepito come una sceneggiatura, con tante situazioni, ritratti, personaggi che si dipanano in un immaginario film corale vivo solo nella mente di chi, come dice Silvestri stesso “si immagina la vita degli altri condividendo con essi una parte di vita, di attesa in un ambulatorio medico o in una ascensore, a partire da una telefonata carpita, un appunto letto di sfuggita sull’agenda o su un quotidiano”. Musicalmente la band si libera per la prima volta dai binari dei brani precedenti e da un primo assaggio non solo della caratura – alta- dei singoli, ma dell’affiatamento corale che ricorda anche scenari più psichedelici di certo rock d’antan.
Il primo tempo del concerto termina con alcuni brani tratti anche dal precedente S.C.O.T.C.H (su tutte una grande versione di “ma che discorsi”) fino alla chiusura con la vecchia hit “il mio nemico”. La chiusura è affidata ad un video dove emerge il lato più sociale e politico di Silvestri, in cui si mostra in un ideale sviluppo temporale, la conquista del voto da parte delle donne, Enrico Berlinguer e il suo discorso sulla giustizia sociale (a cui il pubblico tributa un commosso applauso), per arrivare alle odierne battaglie sui diritti, quelli dei migranti e degli omosessuali su tutti.

La seconda parte si apre con un cambio di palco che lascia presagire maggiore leggerezza, tutto incentrato su ambienti e costumi di chiara ispirazione circense. Qui entra in scena l’acrobata Silvestri, con tanto di cappello da capo circo, che interpreta in un costante rapporto con il pubblico una scaletta mista, dove i vecchi successi si intervallano ai nuovi brani, in un atmosfera quasi da club.C’è spazio anche per alcuni brani a richiesta da parte del pubblico, alcuni dei quali quasi improvvisati dalla band, ma ce ne accorgiamo solo perché lo dice lui, tanto è ormai rodata la band e orientata sui tempi e le improvvisazioni del loro capo orchestra. Tra le improvvisazioni da segnalare l’ennesima prova di talento dei musicisti che in un curioso gioco a coppie impreziosito da un lavoro di luci davvero efficace, improvvisano un brano cambiando tonalità, accordi, dinamiche e arrangiamenti in tempo reale, con la sensazione di non essere più in un teatro ma dentro la loro sala prove. La temperatura si alza con il duetto virtuale con Caparezza (presente nel mega schermo dietro il palco) con “sale”, dove le luci, gli amplificatori a palla e il groove da paura delle ritmiche fa vibrare platea e gradinate C’è spazio ancora per il Silvestri “sociale”, con il ricordo del giudice Paolo Borsellino con la sua “L’appello” e la riuscita coreografia di tutto il pubblico che sbandiera migliaia di cartoncini rossi (in ricordo del famigerato e misterioso libretto rosso di Borsellino), e un appello a favore del pieno riconoscimento della lingua italiana dei segni (la LIS)
L’ultima parte è quella dove ci si scioglie definitivamente, con il pubblico finalmente in piedi sotto il palco a ballare e cantare in versione club. Dopo tre ore il concerto termina, come sempre, con la corale “Cohiba”, un urlo liberatorio alla fine di tre ore di grande musica.

A conti fatti lo spettacolo testimonia lo stato di grazia di un autore che sembra nel punto migliore della sua carriera, sia compositiva (testimoniato dal successo di Acrobati), che concertistica; non solo grazie ad una band veramente rodate e di grande livello ma anche perché Silvestri non sbaglia nulla, al piano, alla chitarra ritmica e alla voce, che tiene senza inflessioni fino alla fine. A fare proprio i difficili, la sensazione è che tre ore forse siano eccessive, il ritmo a volte ne risente, anche perché a Silvestri, si sa, piace crogiolarsi un po’ in lunghe presentazioni o dissertazioni, sull’attualità politica o semplicemente sui retroscena del suo lavoro. Però l’intensità dei brani è sempre alta, anche in quelli più lunghi che arrivano a toccare dal vivo anche i dieci minuti.
Giù il cappello allora alla grande carovana circense “Silvestri”, già pronta per smontare il palco e partire per Torino e Firenze, prossime tappe di un tour ancora lungo e intenso, da vivere sospesi come acrobati perché, come dice Silvestri, “ non siamo niente o siamo tutto, lasciarci trasportare è stato facile ma adesso ritornare giù non sembrerebbe giusto “.

 

Visto il 16 aprile a Cesena, al Carisport.

Suona a Bologna al Teatro Il Celebrazioni, via Saragozza 234, il 26 e 27 aprile. Info: 051 4399123