Quarant’anni di confusione & playback – conversazione con Mimmo Locasciulli

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Mimmo Locasciulli piano

Che Mimmo Locasciulli fosse uno dei più grandi cantautori italiani degli ultimi quattro decenni, lo sapevamo. E sapevamo anche che come affabulatore Mimmo è di quelli di prim’ordine. Insomma, accomodatevi che qui ci racconta dei suoi incontri ultra-decennali con Marc Ribot, di come Charlie Giordano suonò prima con lui che con la E Street Band o di come un certo Luciano Ligabue a inizio carriera…

– Senti, la prima domanda è d’obbligo: Francesco De Gregori l’anno scorso ha fatto un disco doppio dove incideva ex novo alcuni suoi pezzi e il brano apripista, Alice, era un duetto con Luciano Ligabue – quest’anno Mimmo Locasciulli fa un disco doppio dove ex novo incide alcuni suoi pezzi e il brano apripista, Confusi in un playback, è un duetto con Luciano Ligabue. È l’ennesima puntata della simbiosi De Gregori/Locaciulli?

No, non si tratta di simbiosi, semmai di coincidenze. Nel Luglio 2014  Luciano mi invitò a un suo concerto, a Pescara. In quel periodo io stavo lavorando al mio disco già da un anno e mezzo e nel mio progetto il nome di Ligabue era in cima alla lista. Con lui io non avevo mai collaborato in senso stretto – cioè, non vi avevo mai cantato né scritto insieme. Il mio rapporto artistico con lui risale a poco meno di trenta anni fa, quando gli ho realizzato dei provini discografici che poi, per un anno intero, io ho proposto a ben dieci case discografiche. Col risultato che nessun direttore artistico comprese la potenzialità di quel ragazzo intriso di rock e di talento.

– Non sapevo di questi antefatti fra voi, molto interessante. Continua pure…

Alla fine del concerto di Pescara abbiamo parlato un po’ nella hall del suo hotel, e io coltivavo il proposito di rivolgergli l’invito a cantare una mia canzone nel disco in cantiere. Dopo neanche un minuto di conversazione mi disse che giorni prima era stato in studio con De Gregori per il duetto in Alice. Non mi sembrò opportuno chiedergli nulla e me ne tornai a casa un po’ sconsolato. Poi, però l’invito glielo ho rivolto nella scorsa estate e lui senza alcun problema mi ha dato la sua disponibilità. Sono naturalmente onorato e felice, e altrettanto grato ai suoi collaboratori, per la disponibilità e la cortesia espressa nei miei confronti, a cominciare dal suo manager Claudio Maioli.

Cover_Piccoli Cambiamenti

– Gli artisti che duettano con te nell’album sono già passati nel tuo percorso artistico: di Ligabue abbiamo detto, De Gregori appunto, Enrico Ruggeri, Andrea Mirò, Alex Britti, Frankie Hi-nrg, Gigliola Cinquetti, Alessandro Haber e Stefano Delacroix. Un tuo piccolo, personale Ultimo valzer, si potrebbe dire…

Più che un disco di celebrazione, io considero questo lavoro una festa di compleanno, una gioiosa festa da consumare con le persone che hanno frequentato o frequentano la mia vita, sia artistica sia quotidiana. Generalmente, poi, quando una festa finisce, subentra una vena di tenue malinconia… in questo caso, al contrario, io vivo la riverberazione della loro presenza e avverto la piacevole sensazione di poter ancora contare sulla stima e l’affetto di queste persone a me care

– È un mio abbaglio oppure negli ultimi tempi sei entrato “in fissa” con Bruce Springsteen? Per esempio, in questo disco sia Il suono delle campane con De Gregori sia Confusi in un playback con Ligabue mi ricordano moto gli arrangiamenti del Boss anni Settanta: la prima è profluvio di sax e di hammond che si incrocia con il piano il quale alla mie orecchie suona molto E Street Band, mentre nella seconda l’uso di Luciano mi pare eloquente rispetto a quanto appena affermato…

Ho sempre amato la musica di Springsteen, ho tutti i suoi dischi e nella classifica dei miei preferiti è nelle primissime posizioni. Clarence Clemons, per esempio, ha avuto un’importanza pazzesca nello stile e, soprattutto, nel sound del Boss: il risultato complessivo dei suoi primi dischi, però, mi riporta molto all’impasto acido ed elettrico del Bob Dylan di Highway 61 Revisited e di Blonde On Blonde, magari con un po’ più di luminosità. E non è un caso che i miei riferimenti stilistici per il pianoforte e l’organo siano Al Kooper, Roy Bittan e Danny Federici – e, per altri versi, Matthew Fisher dei Procol Harum. Ora nella band di Bruce suona Charlie Giordano che ho avuto come pianista e organista in un paio di canzoni di Tango dietro l’angolo e di Uomini. Anche lui, dal punto di vista stilistico, è nello stesso trend.

Mimmo Locasciulli​ con Francesco Guccini e il giornalista Rai Vincenzo Mollica

Mimmo Locasciulli​ con Francesco Guccini e il giornalista Rai Vincenzo Mollica

– Molti troveranno curiosa la partecipazione di Gigliola Cinquetti, per la quale invece quasi una trentina di anni fa scrivesti e producesti dei pezzi – e se non sbaglio andaste anche in tour insieme. Aiutaci a ricomporre le fila del vostro rapporto…

Al di là dell’amicizia, reputo Gigliola una delle più brave cantanti italiane di sempre. Il disco che le produssi nel 1992 conteneva sette mie canzoni, due canzoni di Enrico Ruggeri e una degli Avion Travel. In Italia il disco non ebbe molto riscontro, cosa che invece accadde in alcuni paesi europei e, soprattutto, in Giappone: quindici concerti nei più prestigiosi teatri, con la mia band al completo e in più Greg Cohen ad accompagnarla. Un disco live doppio, tutto lo spettacolo ripreso e trasmesso dalla prima rete televisiva e un successo travolgente. Il repertorio passava dai suoi classici ai cantautori e io, oltre che accompagnarla al piano, avevo un mio set nel mezzo del concerto. La sua presenza sul palco è davvero di un livello superiore, la sua capacità interpretativa è profonda e coinvolgente, tanto da scatenare applausi interminabili nel compostissimo pubblico giapponese.

– Nel disco vi è un solo inedito, appunto Piccoli cambiamenti. Il tema, mi è parso di capire, è quello del tempo che passa e sfugge, che già in passato avevi ben affrontato: penso a Piccola luceIntorno a trent’anni e Piano piano, per esempio.

Piccoli cambiamenti risponde all’esigenza di una sorta di prefazione concettuale all’intero disco. E certo, il tema portante è costituito dal tempo ma, in questo caso, ho spostato l’obiettivo soprattutto sugli effetti prodotti dal suo scorrere e passare: appunto i “cambiamenti”. L’aggettivo “piccolo” in alcuni casi è corretto: per esempio, sono piccoli i cambiamenti che ho apportato nelle mie canzoni, non le ho stravolte né snaturate limitandomi, per lo più, a un update di suono e di interpretazione. In altri casi, l’aggettivo “piccolo” è benevolmente ironico, se ci riferiamo ai cambiamenti davvero epocali succedutisi in questi ultimi anni. Dal dramma delle migrazioni di intere popolazioni al terrorismo dentro i nostri confini, al cambiamento radicale dei costumi e della morale, della tecnologia, della comunicazione eccetera. In quarant’anni sono accadute cose che prima, forse, potevano accadere in centocinquant’anni.

Mimmo Locasciulli​ alle prime armi – 1965

– Tra lo Utah e Tel Aviv, per esempio: che sensazioni prova il Locasciulli ultra sessantenne di oggi a reinterpretare quello ventenne del primo disco del 1975, Non rimanere là?

Ho sempre amato quella canzone, come anche la qui di nuovo proposta Canzone di sera, sempre contenuta in Non rimanere là. Sono state le prime canzoni ad avere un minimo di riscontro, seppur limitato all’ambiente romano che gravitava attorno al Folkstudio. L’ultima strofa contiene dei riferimenti più o meno velati al Bob Dylan di New Morning e al supposto finanziamento da parte sua allo stato israeliano, impegnato nel conflitto con alcuni paesi arabi. La nuova tessitura musicale, anche in questo caso, ha voluto privilegiare l’intreccio pianoforte/organo con, in più, il prezioso finger picking del mio primo compagno di viaggio, Andrea Carpi. È davvero una bella sensazione potersi permettere di cantare e pubblicare una canzone che appartiene alla paleontologia della propria produzione.

– Questo è ben il terzo lavoro in cui ti riappropri del tuo passato, dopo Delitti perfetti del 1992 e Aria di famiglia del 2002. Cosa ti attrae di questo tipo di operazione? In proposito, mi vien anche di chiederti: contrariamente al tuo amico De Gregori, che ne ha pubblicati innumerevoli, tu invece hai pubblicato solo un disco live…

Già, nel 1985 pubblicai Confusi in un playback, con Ruggeri special guest in Confusi… e in Sognadoro. Non amo moltissimo i dischi live, a meno che non siano l’espressione fedelissima di un concerto. Se fosse possibile dal punto di vista tecnico, mi intrigherebbe molto di più prendere le musicassette dei miei vecchi concerti e masterizzarle per ottenere una qualità decente di ascolto. Ma non sono certo che quelle esecuzioni siano degne di pubblicazione. In ogni caso, la rivisitazione delle mie canzoni non mi procura alcun disagio, anzi… mi piace l’idea di compiere un viaggio nel passato, prendere qualcosa e trasportarlo nel presente. Se sei bravo come truccatore, riesci anche a mascherare i segni del tempo. E riporti alla luce qualcosa che può somigliare anche a dei reperti.

Mimmo Locasciulli alle prime armi – 1965
Mimmo Locasciulli alle prime armi – 1965

– Il tuo ultimo album di inediti, Idra, risale al 2009 – quanto dobbiamo aspettare affinché Mimmo Locasciulli ci regali un nuovo disco completamente di brani nuovi? Questa lentezza è da intendersi come fisiologica o ha ragioni più recondite, tipo quella che la discografia adesso sia un mondo dove è ancora più difficile districarsi che in passato? Dico, Locasciulli e i reality, per esempio, non centrano proprio nulla uno con l’altro…

È vero, sono passati quasi sette anni da Idra. Quel disco mi ha stravolto: è stato un viaggio che mi ha condotto a scavare nelle miniere più profonde della mia coscienza. Pensavo davvero di non aver più la capacità di scrivere qualcosa dopo un’esperienza auto-analitica così destabilizzante. E poi, certo, la discografia attuale non aiuta affatto, è tutta volta allo sfruttamento di questo filone talent che, a mio parere, genera moltissimi cantanti famosi, seppur per un tempo limitato, e pochissimi artisti veri. Ma un autore non smette mai di scrivere, anche se non pubblica. A vent’anni scrivevo dieci canzoni al giorno e ne gettavo undici… oggi scrivo con molta più lentezza, ma mi piace quasi tutto quel che scrivo. Un nuovo disco di inediti, mi sento di poter annunciare, è previsto per il prossimo inverno.

Mimmo Locasciulli con Francesco De Gregori e Giorgio Lo Cascio al Folk Studio intorno alla metà degli anni Ottanta
Mimmo Locasciulli con Francesco De Gregori e Giorgio Lo Cascio al Folk Studio intorno alla metà degli anni Ottanta

– Tu hai dato il là alla “sindrome” Marc Ribot qui in Italia: Vinicio Capossela, Francesca Lago e i Sacri Cuori, tutti che dopo di te lo hanno “assoldato”. Adesso Ribot qui da noi fa sold out pressoché ovunque ma all’epoca, invece, la tua scelta fu decisamente “esoterica”, Tom Waits a parte. Raccontaci del vostro primo approccio ai tempi di Tango dietro l’angolo e del rendez vous che avete avuto un’abbondante quindicina di anni dopo in Idra.

Ho una passione sfrenata per il genio Ribot, dai tempi di Rain Dogs di Waits. Greg Cohen organizzò le registrazioni newyorchesi di Tango dietro l’angolo con quasi tutti i musicisti di Tom, più gli Uptown Horns e, rieccolo, Charlie Giordano. Devo dire che nei primi giorni ero molto imbarazzato dalla sua presenza: era taciturno, quasi assente… avevo l’impressione che stesse lavorando controvoglia sul mio disco. Tutti gli altri si prodigavamo per rendermi facile il lavoro, con una disponibilità davvero toccante. Lui no – Marc se ne stava in un angolo e suonava apparentemente distratto. Ho capito solo dopo che stava studiando la mia musica. D’altra parte, i primi giorni di registrazione sono dedicati alla ritmica mentre le sovraincisioni degli strumenti solistici in genere si fanno alla fine. Bene, negli ultimi due giorni Marc letteralmente si scatenò fino a stupirmi. I suoi riff li avevo sognati da sempre nelle mie canzoni, quel suono improbabile e unico, quelle dissonanze… insomma, una rivelazione! Fra l’altro, prima di Idra, avevo lavorato ancora con lui nel 2006 in Sglobal. In quella occasione, e anche nella successiva, tutto andò liscio, davvero benissimo perché, nel frattempo, ci eravamo incontrati diverse volte nei suoi concerti italiani e avevamo instaurato un bel rapporto di simpatia e amicizia.

Mimmo Locasciulli con Alessandro Haber – Livorno, Premio Ciampi edizione 2001
Mimmo Locasciulli con Alessandro Haber – Livorno, Premio Ciampi edizione 2001

– Dopo questa celebrazione dei quarant’anni di carriera discografica, immagino che ora sia il momento di battere i palchi: che programmi hai, in tal proposito?

Amo alla follia fare concerti, ne farei anche su per le scale o nei cortili dei condomini. Penso di poter correttamente affermare che registro i miei album con lo scopo principale di poter fare dei concerti. E quindi nella tarda primavera o nella prima parte dell’estate ricomincerò, per il quarantesimo anno consecutivo, a calpestare palchi, pedane e palcoscenici di ogni tipo per proporre le mie canzoni.

CICO CASARTELLI