Hugo Race, fatalismo atto III (e mezzo)

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Quando leggete annoiate recensioni su Hugo Race di qualche disinformato pennivendolo che iniziano tipo “Hugo Race fa troppi dischi”, fate una bella cosa: saltatele a piè pari. Già, perché Hugo Race, nel suo piccolo, è una religione, un culto, il classico artista nel segno del chi-mi-ama-mi-segua – e qui lo facciamo più che volentieri. Se poi i risultati sono come quelli di questo 24 Hours To Nowhere, pubblicazione numero dieci (!!!) dal 2010 a oggi, ben venga l’iper-produzione e l’iper-varietà del randagio principe di Oz.

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L’album è il terzo capitolo (e mezzo, se si conta anche l’EP Orphans) di un percorso iniziato diversi anni fa con i Fatalists ossia i romagnoli Sacri Cuori, ed è quello che si dice una bella conferma. Quaranta minuti di musica che Hugo racconta essere stata composta, meditata e quant’altro nell’arco di due anni ma che altrettanto è stata incisa in una settimana di intenso lavoro, dove oltre ai Sacri Cuori hanno fatto capolino due vecchi amici italiani dell’ex uomo Wreckery quali Davide Mahoney e in misura minore Giovanni Ferrario, entrambi già con Race nel progetto Sepiatone.

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Fra i momenti migliori le due ballate oblique Lost In The Material World e appunto 24 Hours To Nowhere dove addirittura è stata riesumata la mitologica Angie Hart dei leggendari australiani Frente!, band attiva negli Novanta: e il tutto è nel nome del miglior pathos Hugo Race. Pathos che non perde un minimo di tensione un po’ ovunque, tipo nell’elegante penombra di No God In The Sky o nell’avvolgente groove di The Power of You And I. In poche parole, se come dicevamo in apertura Hugo è una vostra segreta religione, questo nuovo capitolo con i Fatalists regala certamente nuovi laudi da salmodiare.

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A chiosa del tutto, val la pena di ricordare che Hugo è sempre stato un piccolo fuori classe anche in ambito cover, tanto che potremmo invitare chi legge a farsi una bella playlist by Race di calibri, fra i tanti toccati, come Big Joe Williams/Them, Bob Dylan, Lee Hazlewood, Blind Willie Johnson, Captain Beefheart & His Magic Band, Leadbelly, Bruce Springsteen, Duane Eddy, Son House, John Lee Hooker, Tom Rush, addirittura Marilyn Monroe. Qui non si smentisce e inchioda due cover di valore assoluto come Ballad Of Easy Rider dei Byrds e soprattutto la misconosciuta It’ll Never Happen Again di Tim Hardin, che da che pianistica che era nel 1966 per l’occasione diventa un bel canto western futurista – applausi, sentiti. Come del resto applausi se li merita tutto 24 Hours To Nowhere.

CICO CASARTELLI

HUGO RACE FATALISTS – 24 Hours To Nowhere (Glitterhouse)

HUGO RACE & TRUE SPIRIT concerti: 27.05 Mestre (Venezia), Ruotaliberatutti – 28.05 Savona, Raindogs – 29.05 Loreto (Ancona), Reasonanz – 30.05 Caserta, Jarmusch – 31.05 Vicchio (Firenze), private show – 01.06 Bologna, Covo D’estate 02.06 San Paolo d’Argon (Bergamo), Azienda Vitivinicola – 03.06 Milano, LoFi

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