John Doe, l’uomo del West

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«John Trudell fa dischi che solo Lou Reed e John Doe possono sognare di fare». Così si espresse Bob Dylan nel 1986 – giusto per capire il girone in cui bisogna fissare l’uomo X, John Doe – naturalmente quello dei campioni. Anzi, forse il campione assoluto uscito degli anni Ottanta americani – o, almeno, parte di quella ristretta cerchia che comprende Mike Watt/D. Boon, Paul Westerberg, Dan Stuart, i fratelli Kirkwood e Jeffrey Lee Pierce. X a parte – peraltro ancora splendidamente attivi nel circuito live – Doe è un bel quarto di secolo che porta avanti una gran carriera solista: da quel Meet John Doe (1990) prodotto da Richard Lloyd dei Television con The Westerner siamo arrivati al disco numero tredici – e per non farsi mancare niente, qui chiama a sé nientemeno che il signor Giant Sand, Howe Gelb, cui è affidata la produzione.

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Fu proprio Gelb a spiegarci mesi or sono cosa stava facendo con Doe: «Lo sto aiutando a fare un album, che stiamo producendo assieme. John è sempre stato uno dei miei eroi musicai, fin del giorno che gli X arrivarono a suonare a Tucson nel 1980. Trovarmi a lavorare con John adesso è, quindi, una cosa che sto davvero adorando. A monte di tutto, l’intento è stato quello di restituire l’energia che lui mi trasmetteva negli anni Ottanta». Quello che dice Howe è vero a metà, però, perché ascoltato The Westerner, il disco è un perfetto continuum del John Doe degli ultimi, ottimi album che pochi si sono degnati di ascoltare ma che in verità sono opera di un artista ancora voglioso e capace di trasmettere emozioni. Degli X, insomma, non vi è granché: forse la potente, introduttiva Get On Board o il duetto Go Baby Go con niente meno che coinvolta Debbie Harry dei Blondie – ma non tanto di più.

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John Doe con il produttore di The Westerner, Howe Gelb
John Doe con il produttore di The Westerner, Howe Gelb

Il resto, invece, è farina del sacco di un musicista quasi sessantacinquenne (il tempo, come passa il tempo!) che flirta con temi crepuscolari, non fosse altro che John Doe molte canzoni le ha scritte mentre il suo amico e ispiratore Michael Blake, fra gli altri autore del best seller Balla coi lupi, stava passando a miglior vita. A sentire SunlightThe Other ShoeRising Sun, My Darling – frequentare Ray Manzarek, come si coglie dall’organo in sottofondo come un serpente a sonagli, serve sempre a qualcosa! – piuttosto che Blue Skies, la sensazione è che l’ex icona tutto ciuffo, punk e basso di tre-quattro decenni fa abbia intrapreso la via in perfetto equilibro fra i grandi storyteller americani, indistintamente Jim Morrison, Merle Haggard, Robert Hunter e Bob Dylan. E per chi già scrisse la propria eternità con The Hungry WolfWhen It Rains…See How We Are e Johhny Hit And Run Pauline, pare davvero un gran colpo essere ancora capaci di un album come The Westerner. Andate e moltiplicatelo – perché «questo disco è fatto di orizzonti, sabbia e meravigliose, paurose cose che si incontrano solo nel deserto», come lo stesso John Doe ha scritto con parole precise.

CICO CASARTELLI

JOHN DOE – The Westerner (Cool Rock Records)

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