Il vento cattivo di Tony Joe White

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Senti Tony Joe White e subito si capisce la differenza fra i professori e i compagni di banco: quasi cinquant’anni di carriera senza concedere un millimetro rispetto alle sue scelte musicali, senza che quel sound unico che s’impose nel 1969, con il classico esordio Black And White prodotto da Billy Swan, sia mai venuto meno. Solo pochi i termini di paragone che vengono in mente – e sono quelli con Jerry Reed, con John Fogerty e con JJ Cale, fratelli di spirito che con White hanno spartito il dono divino del loro suono, unico e irripetibile se non nell’essere copiato e sovente creare dei palesi falsi – suono di quelli che partito il treno o gli stai dietro o non vi è nulla da fare.

TJW

Tony Joe White con Billy Bob Thornton e Mark Collie...
Tony Joe White con Billy Bob Thornton e Mark Collie…

Con questo nuovissimo Rain Crow, Tony Joe continua con il percorso degli ultimi, eccellenti The Shine (2010) e Hoodoo (2013), perfetti showcase del miglior White-ismo: voce vellutata sempre non oltre il (profondo) mormorare, chitarrista complesso come la tela di un ragno, blues, swamp rock e country funk, tutto in una perfetta miscela che è solo sua, che non incassi in un genere o in uno slot. No, con Tony Joe White questi giochetti non funzionano – lui fa genere a sé. E condisce tutto con storie di mezzi eremiti, di gente che vive in capanne sperdute, di tizi strani che praticano l’occulto (in Louisiana, casa sua, lo chiamano hoodoo o voodoo, dipende dalla contea…), di contadini con la salopette che a mala pena sanno articolare una mezza frase, di predicatori invasati, di gente a crocicchi intenti a vendersi al Diavolo o al miglior offerente, di sceriffi un po’ stronzi che sarebbero piaciuti a Sam Peckinpah.

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Tony Joe White negli anni Settanta...
Tony Joe White negli anni Settanta…

Rain Crow, con quel titolo che sembra una una macumba di palude, è pura quintessenza Tony Joe White: ascolti numeri come Conjure Child – a proposito della tela del regno di cui sopra – l’inquietante The Bad Wind, la stessa Rain Crow – con una ritmica così ossessiva e heavy, non nel senso di metal beninteso, che davvero rapisce – The Opening Of The Box – quasi un garage swamp, se passate la definizione – Where Do They Go, la eloquente già nel titolo Tell Me A Swamp StoryThe Middle Of Nowhere  – scritta con l’amico Billy Bob Thornton – e Hoochie Woman – altro colpaccio che siamo certi metter ko appena lo sente uno dei suoi massimi seguaci, Mark Knopfler – dicevamo, li ascolti e l’unica cosa che poi ti vien di fare è di ascoltarli alla nausea. Un lavoro, insomma, che ha davvero una forza unica: non un pezzo che sia veloce, nemmeno un pezzo che sia particolarmente rumoroso – semplicemente ogni singolo pezzo ha la sua nascosta energia che ti avvolge come solo a Tony Joe White riesce. Certe volte è meglio scriverlo, che non si sa mai sebbene sia banale farlo: Rain Crow è, senza esitazioni, uno dei tre-quattro dischi più belli uditi da queste parti nel 2016.

CICO CASARTELLI

TONY JOE WHITE – Rain Crow (Yep Roc Records)

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