The Tallis Scholars: esercizi di umanità

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The Tallis Scholars - foto © Zani-Casadio

 

The Tallis Scholars - foto © Zani-Casadio
The Tallis Scholars – foto © Zani-Casadio

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Senza fiato.

Come l’Arte deve fare, questa esperienza ci ha lasciati svuotati e al contempo del tutto pieni. Ricordandoci che gli umani non sono solamente pochezza, miseria, abbrutimento: donne e uomini hanno costruito questo luogo, donne e uomini  hanno composto questo repertorio. Altre donne e altri uomini lo hanno eseguito, altri ancora hanno organizzato questa serata.

Il posto: la Basilica di Sant’Apollinare in Classe, uno dei luoghi più carichi di storia e di bellezza dell’universo-mondo.

Il repertorio: composizioni di Arvo Pärt, Giovanni Pierluigi da Palestrina, John Taverner, Gregorio Allegri, William Byrd, Thomas Tallis, Jean Mouton, Peter Philips, Thomas Tallis, John Sheppard. Sia detto per chi non se ne intende: a parte il primo della lista, saggio compositore estone oggi ottantenne, tutti gli altri sono autori vissuti fra la fine del Quattrocento e l’inizio del Seicento.

Gli esecutori: The Tallis Scholars. Come racconta il documentatissimo programma di sala, «fondati nel 1973 dal loro direttore Peter Phillips, attraverso le loro incisioni e i concerti si sono affermati e rapidamente imposti al pubblico di tutto il mondo come uno dei più prestigiosi gruppi di musica vocale. È infatti grazie all’attento lavoro sull’intonazione e sulla fusione timbrica delle voci che Peter Phillips ha cercato di creare una purezza e una chiarezza di suono assolute, presto divenuta la cifra stilistica che caratterizza l’ensemble».

La cristallina esperienza sonora offerta dal Ravenna Festival ha avuto in sé qualcosa di originario, di aurorale: se ci pensiamo, tutte le volte che la genesi del mondo è descritta con sufficiente precisione un elemento acustico interviene nel momento decisivo dell’azione. Nell’istante in cui un Dio manifesta la volontà di dare vita a se stesso o a un altro Dio, di far apparire il cielo e la terra oppure l’uomo, egli emette un suono. Del tutto umanamente egli espira, sospira, parla, canta, grida, urla, tossisce, espettora, singhiozza, vomita, tuona, oppure suona uno strumento musicale: la fonte dalla quale emana il mondo è sempre acustica. L’uomo è nato dal suono, la sua essenza rimarrà sempre sonora.

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The Tallis Scholars - foto © Zani-Casadio
The Tallis Scholars – foto © Zani-Casadio

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Nella proposizione di The Tallis Scholars, trasparente e tagliente come un diamante, a ciò si aggiunge la veicolazione di testi poetici distillati da secoli di fede, passione e téchne. 

È nell’intreccio dei due livelli -vocalico e semantico- che si compie ciò che oltre trenta anni fa il medievalista e critico letterario Paul Zumthor ha suggerito con grazia: «Nella poesia si annida la speranza che un giorno una parola dirà tutto. Il canto esalta questa speranza, e emblematicamente la realizza». Svuotati e al contempo definitivamente pieni, appunto.

Sul repertorio eseguito alla Basilica di Sant’Apollinare in Classe troppo ci sarebbe da raccontare. Due sole annotazioni, dunque.

La prima. Il Miserere di Gregorio Allegri (1582-1652), eseguito da The Tallis Scholars disposti in tre diversi punti della Basilica con il pubblico “in mezzo”, pare assolvere la stessa funzione degli “ingegni” di Filippo Brunelleschi allestiti in alcune chiese di Firenze verso la metà del Quattrocento: facilitare l’approssimarsi delle persone (fedeli? pubblico? ascoltatori? partecipanti?) a una idea, o esperienza, di sacro. Attraverso la creazione di uno spazio fecondamente acusmatico, intelligentemente disorientante.

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The Tallis Scholars - foto © Zani-Casadio
The Tallis Scholars – foto © Zani-Casadio

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La seconda. Il concerto ravennate si è chiuso con una sincopata esecuzione di una composizione di Arvo Pärt  a partire da un brano del Vangelo di Luca (3, 23-38), una lunga genealogia che da Gesù risale fino a a Dio.

Ecco quel testo. L’invito è a perdercisi, sperimentando quella che Umberto Eco chiamava La vertigine della lista: Gesù, quando incominciò il suo ministero, aveva circa trent’anni ed era figlio, come si credeva, di Giuseppe, che era figlio di Eli che era figlio di Mattàt, che era figlio di Levi, che era figlio di Melchi, che era figlio di Janna, che era figlio di Giuseppe, che era figlio di Mattatia, che era figlio di Amos, che era figlio di Naum, che era figlio di Esli, che era figlio di Nagge, che era figlio di Maat, che era figlio di Mattatia, che era figlio di Simei, che era figlio di Giuseppe, che era figlio di Giuda, che era figlio di Giovanna, che era figlio di Rhesa, che era figlio di Zorobabel, che era figlio di Salatiel, che era figlio di Neri, che era figlio di Melchi, che era figlio di Addi, che era figlio di Cosam, che era figlio di Elmodam, che era figlio di Er, che era figlio di Jose, che era figlio di Eliezer, che era figlio di Jorim, che era figlio di Mattàt, che era figlio di Levi, che era figlio di Simeone, che era figlio di Giuda, che era figlio di Giuseppe, che era figlio di Jonan, che era figlio di Eliachim, che era figlio di Melea, che era figlio di Menan, che era figlio di Mattatà, che era figlio di Nathan, che era figlio di Davide, che era figlio di Iesse, che era figlio di Obed, che era figlio di Booz, che era figlio di Salmon, che era figlio di Naasson, che era figlio di Amminadab, che era figlio di Aram, che era figlio di Esrom, che era figlio di Fares, che era figlio di Giuda, che era figlio di Giacobbe, che era figlio di Isacco, che era figlio di Abramo, che era figlio di Thara, che era figlio di Nahor, che era figlio di Saruch, che era figlio di Ragau, che era figlio di Phalec, che era figlio di Eber, che era figlio di Sala, che era figlio di Kenan, che era figlio di Arfacsad, che era figlio di Sem, che era figlio di Noè, che era figlio di Lamec, che era figlio di Matusalemme, che era figlio di Enoch, che era figlio di Jared, che era figlio di Maleleel, che era figlio di Kenan, che era figlio di Enos, che era figlio di Seth, che era figlio di Adamo, che era figlio di Dio.

Attivi da oltre 40 anni, di questo ensemble The Observer ha scritto: «Sono la cosa più vicina a una esperienza extraterrestre che potete provare seduti in una sala da concerti». Non conterà nulla, ma noi non siamo d’accordo: non extraterrestre, ma profondamente umana.

Dire grazie, almeno.

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MICHELE PASCARELLA

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Visto/ascoltato lunedì 27 giugno 2016 alla Basilica di Sant’Apollinare in Classe (RA) – info: ravennafestival.org, thetallisscholars.co.uk

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