Damien Jurado, i déjà vu di Seattle

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Squilibri moderni: Milano che per Bruce Springsteen & The E Street Band riempie San Siro a minimo cento euro per un posto prato, Sesto San Giovanni che al Carroponte ospita gratis il piccolo, grande Damien Jurado davanti a pochi intimi (a occhio duecento persone). Noi abbiamo scelto il cantautore di Seattle, ultimo di una serie di eroi proveniente dal Nord Est Yankee che negli anni Novanta ebbero la fortuna che sappiamo (Mark Lanegan e Kurt Cobain i primi a balenare, naturalmente). Ma non solo: Damien dalla sua ha una bella palette musicale che indistintamente fa rammentare molto quel filo saldissimo che lega la West Coast di Neil Young e Crosby & Nash con la Cambridge dei Pink Floyd versante David Gilmour per, quindi, adombrare influenze più recenti come quella di Elliott Smith oppure di Daniel Johnston.

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Dagli esordi di metà anni Novanta grazie a una fra le etichette principe della musica alternativa di quell’epoca, la Sub Pop, ne è passata di acqua sotto i ponti: una quindicina di album e una pletora di EP, che pian piano hanno costato un solido culto, sebbene come toccato con mano in quest’esibizione egli non brilli molto per comunicativa, musica a parte: piglio serioso e corrucciato che magari potremmo anche dire che sia concentrazione – ma questo a parte, Damien pare davvero artista con i numeri giusti.

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Circondato da Heather Woods Broderick (voce e tastiere) – di suo autrice di album in proprio e con vari progetti nonché già collaboratrice di altre nuove leve come Sharon Van Etten e Laura Gibson– e da Josh Gordon (chitarra), la ventina di canzoni proposte hanno seguito un percorso piuttosto particolare: la prima dozzina hanno visto un’esecuzione corale del suo più recente repertorio, dove oltre alle già citate influenze si è colta qualche somiglianza con Sufjan Stevens, anche se rispetto a quest’ultimo la proposta sembra molto meno artificiosa quanto molto più consistente. La seconda, invece, Jurado la dedica solo a pezzi eseguiti in solitaria, dove la vena Young-hiana ha davvero preso il sopravvento, come dimostrato dall’intensa bellezza delle varie Magic NumberKolaYuma, AZOhio (niente a che vedere con il famoso singolo di CSN&Y), Mellow Blue Polka Dot Sheets. Finito il set, senza grandi slanci d’espansività fa un mezzo inchino e se ne va direttamente allo stand merchandising a firmare autografi, senza peraltro scomporsi più di tanto.

CICO CASARTELLI

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