Parole tra gli sterpi.

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Marcovaldo di solito vi parla di piante spontanee incontrate per caso, piccoli tesori nascosti agli sguardi distratti. E lo farà anche questa volta, anche se metaforicamente. È uscito il numero zero della rivista “J Arbajùn”, insolito e gustoso esperimento editoriale: gli arbajùn, in romagnolo, sono per l’appunto “i cespugli che crescono spontanei nei campi abbandonati, nelle fessure del cemento e dell’asfalto e nelle crepe del sistema”, come recita l’invito a collaborare in quarta di copertina. E a conferma, il frontespizio ospita la foto di un papavero che spunta tra due pannelli di cemento. Autore dello scatto, e giardiniere di queste pagine, è Maurizio Benvenuti, cartografo e intellettuale eclettico, nonché autore di “Gentilissimo. La toponomastica del sentimento” (Belletti Editore).

Essendo personalmente coinvolta nel progetto (con un articolo sulla pianta del papavero, per l’appunto, e in puro stile marcovaldesco), è normale che a me questa rivista piaccia; ma mi piace soprattutto perché i contributi sono molto diversi tra loro. J Arbajùn mette insieme articoli, brevi saggi, racconti, poesie, ricette, prevalentemente in italiano, con qualche incursione nella lingua romagnola. La rivista non poteva che avere una veste grafica essenziale e modesta, da cui la varietà dei contenuti emerge pian piano leggendo: si parla di flora, fauna, culti pagani, danze, lingua, arte e cucina, con il gusto dell’esperienza personale, dell’umorismo schietto, della ricerca a tutto campo. In questa “anarchia tematica” il territorio, cioè la Romagna, si delinea come un punto di partenza, e fortunatamente non come un pretesto o sottotesto campanilistico. Che sollievo!

Dove trovare J Arbajùn? Del numero zero, presentato a luglio durante la due giorni “Amarcord Vudstok” a S.Mauro Pascoli, circolano ancora poche copie, ma la versione online della rivista (www.jarbajun.com), al momento in preparazione, dovrebbe essere presto disponibile. Quando uscirà il numero uno, per ora, non è dato sapere.