Un’estate a secco

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Anche se la siccità di quest’anno è particolarmente seria, la siccità in sé, dalle nostre parti, non è più un evento eccezionale.
Normalmente ci accorgiamo di qualcosa solo se ci riguarda direttamente: finché si seccano i fiumi ma l’acqua continua a uscire dal rubinetto, nessun problema. E invece no, è proprio il caso di osservare con più attenzione l’ambiente che ci sta intorno, e imparare a limitare lo spreco idrico a tutti i livelli, cominciando dai comportamenti individuali.
Visto che in questa sede mi occupo soprattutto di giardinaggio e orticoltura, mi concentrerò su questi aspetti. La prima riflessione che va fatta riguarda la qualità dell’acqua di cui disponiamo: l’acqua potabile è solo una parte dell’acqua disponibile, ed è la parte più pregiata. Ecco, nelle nostre case noi utilizziamo acqua potabile per tirare lo sciacquone, fare il bucato e tutte le pulizie, lavare la macchina… Questo è già un grave spreco. Vero è che i nostri impianti idraulici non sono predisposti per riutilizzare le acque grigie, ma almeno in estate potremmo fare un piccolo sforzo e riciclare l’acqua più volte. L’acqua con cui laviamo le verdure, invece di farla sparire nello scarico del lavello, si può raccogliere in una bacinella e usare per innaffiare le piante. Se utilizziamo detergenti biodegradabili, anche l’acqua del lavaggio dei piatti e del bucato in lavatrice si può riutilizzare per irrigare le piante, serve solo una tinozza più grande. Se utilizzate detergenti non ecologici, come la candeggina, l’acqua del bucato si può riciclare per pulire i pavimenti, o al posto dello sciacquone nel wc.
Ovviamente, per le piante che mangiamo è sempre meglio utilizzare acqua senza residui chimici; va benissimo l’acqua di cottura delle verdure. L’acqua di cottura della pasta, ricca di amido, può essere riciclata in vari modi. Primo, appoggiando lo scolapasta dentro una pentola, l’acqua ancora bollente o quasi si rovescia nel water e lo igienizza senza detersivi (quest’uso mi è stato suggerito da un appassionato di barca a vela, che ci tiene a non inquinare il mare). Secondo, lasciata raffreddare un po’, è ottima per un pediluvio rilassante, ammorbidisce le callosità e rende la pelle liscia (quest’uso è consigliato da podologi e pedicure). Terzo, lasciata raffreddare del tutto è un gradito nutrimento per i lombrichi: mio nonno innaffiava più volte con quest’acqua una pietra nell’orto, e dopo un po’ di tempo, sotto la pietra, trovava un gran raduno di lombrichi, che usava per pescare.
Possiamo poi scegliere quali piante coltivare, in vaso o in piena terra, in giardino o in ettari ed ettari di campi, per limitare gli sprechi. Certo, la monocoltura di kiwi che ha invaso le nostre colline non è per niente sostenibile dal punto di vista idrico, ma anche nei piccoli orti e frutteti possiamo fare la differenza. Molti alberi da frutto tipici dell’area mediterranea sono assai resistenti alla siccità: l’ulivo, la vite, il fico, il mandorlo, il melograno, il mirabolano, il giuggiolo, il nespolo, il carrubo…
Riguardo poi ai sistemi d’irrigazione, esistono nuovissime tecnologie e arcaiche consuetudini per far tesoro di ogni goccia. L’associazione Humusapiens, a Bagnacavallo, sta sperimentando diverse soluzioni con l’aiuto di un esperto in permacultura, Luciano Furcas; una di queste è la Warka Tower, una particolare costruzione di canne di bambù che permette di estrarre acqua dall’aria. Per saperne di più: www.warkawater.org.