Il terzo paesaggio del teatro. Le Nina’s Drag Queens a Kilowatt Festival

Un’intera gamma di reazioni, dal debordante fastidio fino alla più piena ammirazione: è ciò che abbiamo provato nei 75 minuti di “Vedi alla voce Alma”. Alcune note, pensando a Gilles Clément.

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Nina’s Drag Queens, Vedi alla voce Alma - foto di Luca Del Pia

 

Di cosa stiamo parlando?

«Il racconto di due follie d’amore: quella tra Alma Mahler e il pittore Kokoschka e quella della donna al telefono de La voce umana di Cocteau. Figure di femminilità opposte tra loro: l’una libera, indipendente, musa ispiratrice e quasi personificazione dell’arte; l’altra mediocre, anonima, con una tendenza al vittimismo. Eppure entrambe protagoniste di un rapporto più simile a una violenza che all’amore».

Di chi stiamo parlando?

«Le Nina’s Drag Queens, nate nel 2007 al Teatro Ringhiera di Milano da un’idea di Fabio Chiesa, con la direzione artistica di Francesco Micheli, sono attori e danzatori che hanno trovato nel personaggio drag queen la propria chiave espressiva e fondano il proprio lavoro sulla rivisitazione en travesti di grandi classici tra cui Checov e Brecht».

 

Nina’s Drag Queens, Vedi alla voce Alma – foto di Luca Del Pia

 

Uno dei crucci di chi si occupa di restituire attraverso la scrittura esperienze di visione di spettacoli dal vivo è quanto l’io che guarda debba entrare nel racconto.

Nel caso di Vedi alla voce Alma scegliamo la prospettiva che nel mondo del cinema viene definita «semisoggettiva»: un’inquadratura unica che ingloba nello stesso campo visivo sia l’oggetto visto sia il soggetto vedente. Oggetto e soggetto: parti eguali dentro un unico sguardo.

Ciò pare legittimo nel caso di uno spettacolo che può forse essere considerato una vera e propria interrogazione all’occhio dello spettatore: che induce, per dirla con Maurice Merleau-Ponty, a «guardarsi guardare». Attraverso la lente al contempo distorcente e trasparente dell’universo en travestie, infatti, Vedi alla voce Alma si pone come invito ad accorgersi di come incontriamo il mondo mediante il parziale e privilegiato osservatorio costituito dalle sue (rap)presentazioni sceniche.

Per fare ciò la proposizione performativa delle Nina’s Drag Queens percorre una parabola che, partendo da una ridda di peraltro fastidiosissimi clichè sul/dell’universo drag (con tutto l’armamentario di smorfie, vacue mossette, volgari ammiccamenti e reiterati commenti inaciditi), progressivamente si avvicina a qualcosa che non sembra del tutto improprio definire «il Terzo paesaggio del teatro».

Come è noto Gilles Clément (1943), docente presso l’École Nationale Supérieure du Paysage di Versailles e scrittore, nel suo celebre Manifesto con l’espressione «Terzo paesaggio» indica tutti i «luoghi abbandonati dall’uomo»: le grandi aree disabitate del pianeta ma anche gli spazi più piccoli e diffusi, quasi invisibili (le aree industriali dismesse dove crescono rovi e sterpaglie; le erbacce al centro di un’aiuola spartitraffico…). Sono diversi per forma, dimensione e statuto, accomunati solo dall’assenza di ogni attività umana, fondamentali per la conservazione della diversità biologica. Luoghi che “semplicente” e senza aggettivi sono.

 

Nina’s Drag Queens, Vedi alla voce Alma – foto di Luca Del Pia

 

Una sorta di analoga «fiducia fenomenologica» sembra progressivamente intridere il dispositivo di Vedi alla voce Alma: agli elementi costitutivi del luogo (là rovi, terra e erba; qui testo, fabula, luci, oggetti di scena, costumi, ecc.) viene sempre più data la possibilità di esistere -e dunque di essere guardati- in quanto tali.

Lo stupefacente protagonista Lorenzo Piccolo (anche autore della drammaturgia, sapiente intreccio di narrazione autobiografica delle due figure da lui incarnate, frammenti lirici e incisi brechtianamente “distanzianti” attraverso la reiterata verbalizzazione di brevi indicazioni registiche), gradualmente abdica all’iniziale surplus di istrionismo, funzionando una sorta di servo di scena: smette di costituire l’unico polo di attrazione favorendo uno sguardo complessivo e largo sul paesaggio, appunto, che il lavoro crea.

Come non pensare al ribaltamento proposto dagli inglesi Tim Noble e Sue Webster quando, attraverso un gioco di luci e appunto di sguardi, trasformano, ad esempio, un ammasso di immondizie in una figura romantica e riconoscibile?

 

Tim Noble e Sue Webster

 

Forse a loro pensava il regista Alessio Calciolari quando ha ideato la proteiforme scena di Vedi alla voce Alma?

Non ha importanza.

Ciò che conta, a nostro avviso, è la capriola che questo prezioso spettacolo suggerisce al nostro guardare: qualcosa di cui tutti abbiamo grande bisogno.

Chapeau.

 

MICHELE PASCARELLA

 

Nina’s Drag Queens | Aparte, Vedi alla voce Alma – visto al Kilowatt Festival di Sansepolcro (AR) il 20 luglio 2017 – info: kilowattfestival.it, ninasdragqueens.org