“La forma dell’acqua”, il film di Guillermo del Toro

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Che cos’è un essere umano? Quali caratteristiche lo definiscono? Una creatura che si muove, respira, mangia, comunica e prova sentimenti, ma ha forma e poteri differenti può essere considerata meno umana? Può essere considerata cosa o mostro, e dunque inferiore? Un uomo che ferisce e uccide appellandosi alla superiorità della sua razza e alla diretta discendenza da Dio, può considerarsi ugualmente essere umano? Queste le questioni sulle quali riflette l’ultimo film di Guillermo del Toro, La forma dell’acqua, candidato a ben 13 Oscar e divenuto così centro del dibattito cinematografico dell’ultimo periodo.

Il film mette in scena una delle maggiori problematiche dei nostri tempi: la diversità e la difficoltà o la paura di accettarla. La diversità è davvero indice di inferiorità e per questo deve essere condannata? Oppure esiste della bellezza in essa?

A farsi portatori di tutte queste domande sono una giovane ragazza muta, maltrattata da piccola, e un essere mezzo umano mezzo pesce che costruiscono, tra le pareti di un laboratorio scientifico, un legame, basato prima sulla reciproca intesa e poi sui reciproci sentimenti. Sullo sfondo si creano invece due schieramenti, volutamente stereotipati, di uomini buoni e uomini cattivi.

Guillermo del Toro porta sul grande schermo una storia d’amore emozionante che supera ogni barriera estetica, mettendo da parte l’involucro e parlando direttamente all’anima. Due esseri completamente diversi, eppure proprio per questo profondamente uguali si trovano a combattere per il loro amore in un mondo dove l’essere umano, in senso linguisticamente corrente, ha perso la propria umanità e dunque anche la propria dignità.

A questo punto allora chi è o che cos’è davvero l’essere umano?  Siamo umani noi che restiamo a guardare la sofferenza degli altri senza agire, senza opporci? È più essere umano colui che uccide o colui che salva?

Forse, suggerisce il film, la definizione di essere umano dovrebbe basarsi sul termine compassione, che mette insieme il senso latino di cum patior e quello greco di sym patheia: essere umano è colui che è in grado di percepire e condividere emozioni e sofferenze altrui, nutrendo il profondo desiderio di alleviarle. Forse la risoluzione al problema linguistico potrebbe trovarsi  nella formula essere vivente che, indipendentemente dalla forma e dalle caratteristiche, in quanto vivente, merita di esistere. La paura e la presunzione di onnipotenza dell’essere umano non giustificano la mancanza di umanità che dovrebbe distinguerlo.

Il film sarà proiettato presso il Cinema Italia Faenza nelle giornate di giovedì 1 marzo (in lingua originale sottotitolata) alle ore 21.15, domenica 4 marzo alle ore 17 e martedì 6 marzo alle ore 21.15