Santa Vittoria, il paese dei cento violini. Syusy Blady lo racconta in un libro

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Syusy Blady_Il paese dei cento violini©LC Photos

Syusy Blady, autrice con Giovanni Zucca del libro Il paese dei cento violini, con appassionato e coinvolgente trasporto ci racconta il romanzo. Una storia lontana che dal 1840 narra in musica gli accadimenti di Santa Vittoria un paese della bassa Padana vicino a Gualtieri, sull’argine del Po. “Un paese di 300 anime dove, su 300, 100 suonavano il violino”.

Come hai conosciuto Santa Vittoria e i suoi violini?

«Per prima cosa ho conosciuto la loro musica. Le musiche eseguite dai violinisti di Santa Vittoria, così come si chiamavano all’ora e mi riferisco al periodo che va dalla fine dell’800 fino al dopoguerra. Si chiamavano appunto i “Violini di Santa Vittoria“, giravano di paese in paese e suonavano solo gli strumenti ad arco: il violino, la viola ed il contrabasso. Santa Vittoria è un paese della bassa Padana – prosegue Syusy – è un paese particolarissimo perchè quasi il paese non esiste, ha una storia ed uno sviluppo tutto suo, diciamo che nasce da un palazzo».

In che senso?

«Nel senso che Santa Vittoria è proprio lì, è il palazzo, il paese è stato costruito attorno al palazzo. La storia risale al ‘700 quando i conti Greppi – i latifondisti della zona – costruirono un grande palazzo come avamposto di un vasto appezzamento di terra da liberare dalle acque e per bonificare l’area chiamarono i braccianti che migrarono da tutt’Italia, dall’Austria ed anche dall’est Europa portandosi dietro oltre le braccia e la volontà di sopravvivere anche un violino e la musica, quella dell’est, un po’ gitana e quindi le mazurche, i valzer e le polche viennesi. Santa Vittoria diventa così una terra di frontiera ed il violino uno strumento di riscatto per quelle genti arrivate da lontano».

Prima del loro arrivo anche noi avevamo le nostre musiche, i nostri balli folkloristici?

«Si, certo, anche da noi sulle colline si suonavano i balli popolari, quelli che non conosciamo più, che sono stati riscoperti da Roberto Leydi nel periodo degli anni ’70 – stimato etnomusicologo che insegnava a Bologna e che fece un lavoro di recupero delle musiche popolari –, ma erano balli dove si danzava staccati, che si ballavano nelle aie, non erano balli come il liscio, dove si ballava in coppia, questo genere arriva con i violinisti-braccianti quando si mettono a suonare i valzer, le mazurche e le polche»

In sostanza la musica emiliana è come la musica “country”?

«Si, è la musica “country” nostra. E’ la musica che ha caratterizzato tutto un periodo che va dall’800 al ‘900, è la nostra musica prima dell’avvento del Rock. Con il rock, invece, arriva una musica che soppianta i balli che in quell’epoca si facevano nelle piste da ballo come il Liscio, il Liscio Emiliano che non c’entra molto con il Liscio Romagnolo – Syusy apre una parentesi – quest’ultimo arriva con Casadei ha più strumenti e vengono introdotti il clarino, la batteria e la fisarmonica a differenza invece di quello Emiliano che consiste in concerti di soli violini».

Il libro racconta uno spaccato della storia d’Italia ed i suoi protagonisti: i violinisti-braccianti e le tre emblematiche figure femminili ottocentesche.

«Il libro racconta una storia di cento anni, prima e dopo l’unità d’Italia. E’ una storia di lotte e di cooperazione dove i braccianti sono legati alla realtà storica del tempo, a Camillo Prampolini, al socialismo ed alle battaglie per la conquista dei diritti. Fondano la “cooperativa braccianti” e successivamente, prima della rivoluzione russa, comprano la terra del padrone cosicché Santa Vittoria – che è poi Palazzo Greppi – diventa di proprietà dei braccianti e dei contadini per poi essere trasformato in una scuola di musica per bambini tuttora esistente. Protagonisti del romanzo sono i violinisti che appartenevano a due differenti famiglie e di conseguenza a due distinte bande musicali: i Carpi, musicalmente più gitani ed i Bagnoli dalle musiche più colte e raffinate. Entrambi facevano concerti, ogni tanto litigavano tra di loro ma poi facevano pace dentro qualche osteria. Ma è anche la storia di tre donne forti e carismatiche: Enrica la sciamana padana, Favorita, figlia di un Carpi, suona la chitarra nel gruppo del padre e Ivonne, figlia di un Bagnoli, che salva la musica della famiglia ed è la vera erede di questo romanzo».

Perchè il lettore dovrebbe appassionarsi al libro?

Perchè questa è una storia padana, una storia “sotto casa” ma è anche una storia potente di quelle che meriterebbe un film alla Emir Kusturica di quelle che ti portano dei valori ed energie forti e soprattutto l’idea che queste persone abbiano realizzato un socialismo a suon di valzer e con le loro lotte hanno raggiunto le loro conquiste, hanno lavorato sodo ma al contempo sapevano come divertirsi, con la musica trovavano dei momenti di legame tra di loro. Difatti questo è un paese solidale, dove i legami sono forti, perchè quando si balla stretti i legami si fortificano e con la musica ci si apre anche agli altri».

Un racconto vivo e autentico ricco di aneddoti e di storie vere vissute nella Bassa, terra di contadini e musici, con i colori e le sfumature del romanzo ottocentesco ed il carattere della modernità dei suoi personaggi, attori e abitanti di un paese che per certi versi può vantare la nascita della musica popolare contadina ed il primo modello di cooperativa agricola.

Tra le pagine c’è di più, una storia d’amore dalle note shakespeariane che vede come protagonisti un Bagnoli ed una Carpi e farà sognare il lettore in queste ultime giornate di agosto abbandonandosi alla lettura di una storia scritta a suon di valzer.

Il paese dei cento violini

di Syusy Bady con Giovanni Zucca

edizioni Piemme

2 COMMENTS

  1. Articolo molto interessante e coinvolgente.
    Mi ha incuriosito . Acquisterò il libro .

  2. Gran bell’articolo …sempre chiara e coincisa…sono incuriosita anche io …leggerò il libro…

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