Festival Opera Prima: un bilancio. Intervista a Massimo Munaro

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Massimo Munaro - foto di Marina Carluccio

 

Dopo molti anni di pausa, è tornato a Rovigo il Festival ideato dal Teatro del Lemming e da quest’anno curato e promosso dall’omonima Associazione Festival Opera Prima ets. Qualche riflessione con il coordinatore artistico.

Innanzi tutto, a favore di chi non conosce la vostra realtà: perché questo nome, Opera Prima?

Il Festival è nato nel 1994 con lo scopo di portare alla luce tutto quel teatro “giovane” e sommerso che allora faticava a venire alla luce e che pure reclamava il suo diritto ad esistere, un suo spazio.

Ancora a beneficio di chi è fuori dai meccanismi della società teatrale: per quali precisi motivi il vostro Festival si interruppe e quali condizioni ne hanno permesso la rinascita? È stata (ed è) solo questione di soldi?

Erano venuti meno il finanziamento e il sostegno da parte dell’Amministrazione della città. Per noi non aveva senso immaginare il Festival senza l’appoggio del Comune del territorio dentro il quale nasceva. Una relazione può essere conflittuale, naturalmente, ma deve pur sempre esistere. All’epoca vennero meno le condizioni stesse di un dialogo. Oggi queste condizioni, anche grazie all’entusiasmo e alla determinazione della nostra Assessore alla Cultura, sono tornate possibili. Non è mai, almeno per noi, una questione di soldi -che per altro anche in questa edizione sono scarsissimi- quanto di una ritrovata necessità.

 

Tim Spooner, The Telescope – foto di Marina Carluccio

 

Secondo quali principi o occasioni hai individuato e selezionato i discorsi, artistici e culturali, che hanno composto il programma di questa edizione?

Opera Prima è un Festival dedicato da sempre alle creatività giovanili e a tutto quel teatro che esplora e ricerca nuovi linguaggi. Da quest’anno il Festival si configura anche come un ponte fra le generazioni. Ogni anno individueremo alcuni artisti provenienti da diverse generazioni, da invitare con un proprio spettacolo. Chiederemo loro di segnalare un giovane gruppo da invitare al Festival. Ogni gruppo “storico” è responsabile così dell’invito al Festival di un “giovane” gruppo. Abbiamo poi scelto altri spettacoli attraverso un Bando d‘invito alla partecipazione aperto a giovani artisti italiani ed europei. Quest’anno hanno partecipato 512 (!!!) formazioni. Questo numero altissimo di adesioni testimonia quanto ancora ribolla nascosto dentro il ventre del teatro italiano, quanta richiesta di visibilità venga dalle giovani formazioni. Uno sguardo importante è dato anche alla scena teatrale internazionale indipendente, con l’ospitalità quest’anno di cinque compagnie estere. Infine abbiamo voluto dare uno sguardo a ciò che il nostro territorio produce, dopo trent’anni di presenza di una formazione come il Lemming, nell’ambito della sperimentazione di nuovi linguaggi.

Più in generale: quale rapporto con la vostra storia e con la storia del teatro instaurate, qui? Come vi nutrite di essa e, al contempo, ve ne liberate? Ti propongo di rispondermi a partire da un provocatorio frammento di Friedrich Nietzsche: «Chi non sa sedersi sulla soglia dell’attimo, dimenticando tutto il passato, chi non sa stare dritto su un punto senza vertigini e paura come una dea della vittoria, non saprà mai che cos’è la felicità e ancora peggio, non farà mai qualcosa che renda felici gli altri».

Opera Prima è stata per noi una scommessa radicalmente nuova. Un punto zero da cui ripartire e con cui proporre un ricominciamento.

 

Stalker Teatro, Steli/Reaction – foto di Marina Carluccio

 

Puoi identificare le sorprese che il Festival appena concluso ti ha portato?

Innanzi tutto il rapporto con la città. Vedere alcuni luoghi riempirsi di colori diversi e inaspettati. Respirare, cosa che qui avviene troppo raramente, un clima di festa e di entusiasmo.

E una delusione?

Forse qualche gruppo, qualche spettacolo che non è stato all’altezza delle aspettative… Ma è inevitabile che fra le opere prime si nasconda qualche frutto ancora acerbo o che qualche proposta vado in una direzione diversa da ciò che ci si aspettava.

 

DopoFestival – foto di Marina Carluccio

 

Come evolverà Opera Prima, nel 2019?

Spero diventi sempre più un luogo di incontro, confronto/scontro di idee, di pratiche e di pensieri.

Per concludere: puoi condividere un desiderio, anche eventualmente irrealizzabile, che avresti per il Festival del prossimo anno?

Vorrei che da Opera Prima rinascesse un dibattito attorno alle sorti del teatro italiano e che il Festival contribuisse, come è avvenuto in passato, ad un suo sempre più necessario rinnovamento.

 

MICHELE PASCARELLA

 

Info: festivaloperaprima.it