Opere che rimangono aperte. Al via la call per la seconda edizione di ‘Grenze. Arsenali Fotografici’

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Fiorella Iacono, Autodafé di Lenz Fondazione, 2016

C’è tempo fino al 31 marzo per presentare un progetto fotografico per la sezione OFF del Festival internazionale che avrà luogo a Verona dal 31 maggio al 3 giugno. Ne abbiamo parlato con il co-curatore e direttore artistico Simone Azzoni.

Vorrei cominciare dal principio. Chi si prende cura di questo progetto?
Assieme a me accudiscono, dirigono e accompagnano il Festival Francesca Marra e Arianna Novaga. Quest’anno poi Luca Chiavegato sosterrà l’organizzazione dei laboratori annessi e connessi.

Leggo nel vostro sito: «Grenze nasce come sperimentazione zero per riportare a Verona un’occasione pubblica di confronto, studio e analisi sui modi in cui in fotografia declina la distanza tra vedere, guardare, osservare e meravigliarsi». Qual è la peculiarità dei vostri Arsenali Fotografici?
Grenze è consapevole della moltitudine di Festival che punteggiano la penisola ma non sente la necessità di costruirsi una brand identity, né ora, né in itinere. Quello che lo distingue più che l’identità è l’anima. I curatori affondano le loro radici professionali nel metodo e nel rigore dell’analisi scientifica. Proveniamo dall’Università IUSVE e dall’Istituto di Design Palladio (che patrocinano l’iniziativa). Siamo quindi innanzitutto studiosi e la fotografia è per noi strumento di una ricerca continua proprio sulla natura dello sguardo e sul suo rapporto con il racconto del reale e con lo strumento che lo documenta e lo interpreta. I laboratori che inseriremo quest’anno poi delineano quei passaggi qualitativi della tua domanda. Nel senso che se la fotografia è interstizio che si apre  a vite e relazioni combinatorie possibili, i laboratori incorniciano con intenzioni didattico-educative la necessità di una formazione, tanto allo sguardo, quanto al mezzo.

Ancora: «Tema di quest’anno sarà il fuoco inteso come gesto tecnico che inquadra l’oggetto delineandone contorni e forme, ma anche come necessità etica che brucia il superfluo per incendiare la verità dei temi e delle questioni urgenti nella contemporaneità». In base a quali parametri avete selezionato / selezionerete le opere da presentare al Festival, sia nella Sezione OFF che in quella principale ?

Noi scegliamo opere che rimangono aperte, come libri non chiusi, non finiti. E vorrei che il pubblico guardandole si chiedesse “ma dove ci portano”? Vorremmo che le opere scelte avessero un altro suono, in opposizione, in resistenza al rischio di cadere in un’abitudine visiva. Vorremmo che per sapere e conoscere e osservare e vedere, il pubblico si trascendesse, uscisse da sé per essere nell’opera, senza riposare. Ecco, vorremmo essere domande, anche in maniera anarchica e soprattutto inopportuna. Ogni Festival poi è un’incubatrice di impollinazione artificiale, dentro i lavori che visioniamo ci sono già i pollini dei futuri. Vorremmo che le foto ci mandassero dei segnali ultimi, prima di espandersi nell’impensato. Siamo saturi di immagini, vorremmo che la “nostre” avessero una nuova dimensione, trascendente; ma questo richiede un salto e per farlo una piccola rincorsa all’indietro o al basso. Andare come polipi a captare i segnali periferici può sembrare un arretramento, ma è necessario per spiccare il volo.

Sono previsti Premi?

No, però i migliori lavori che arriveranno dalla sezione Off saranno stampati in forma di Fanzine.

Il Festival offrirà, oltre alle esposizioni fotografiche, un programma di workshop e incontri.

Stiamo coinvolgendo alcuni maestri perché si rendano disponibili ad accompagnare quel progetto educativo che appartiene ad una delle direzioni del Festival: la consapevolezza che l’arte è sacra e  che per farla occorre una struttura. Ci saranno workshop sulla fotografia a 360 gradi, sull’Istant, sull’Iphonography ma anche su come costruire un progetto fotografico. Proprio a dimostrazione dell’interesse che sta suscitando il Festival ci sono stati offerti nuovi spazi: librerie, teatri e la Biblioteca Civica.

Leggo, infine: «Coerente con lo spirito del Festival la partecipazione è gratuita». Come riuscite dunque a coprire i costi?

Intendiamo che i soldi non sono il punto di partenza, né una pregiudiziale. La scorsa edizione è stata sostenuta da un budget bassissimo e da alcuni sponsor che ci hanno aiutato. Più di un migliaio le visite alla mostra e graditissima la frequentazione dei talk. Gli addetti ai lavori poi ne hanno valorizzato la dignità. Partire dalla gratuità significa anche resistere a certe logiche di alcuni Festival che chiedono ai fotografi una quota per iscriversi alle sezioni Off: non ci sembra etico. Come dicevo prima, siamo docenti e studiosi, non abbiamo la forza strategica di galleggiare nelle dinamiche amministrative-istituzionali. Chi eventualmente ci vorrà dare una mano sarà proprio perché sentirà questa gratuità in termini assoluti.

MICHELE PASCARELLA

Info: https://www.grenzearsenalifotografici.com/