Le parole e le cose. Brevi note su ‘La stagione felice’ di Fiorella Iacono

0
1350
Pierpaolo Calzolari - Mangiafuoco (foto di Fiorella Iacono)

 

Vien da pensare a Beckett, al suo Giorni felici, per assonanza e vicinanza: là Winnie con il ricordo del tempo passato, qui la vivace memoria di un momento artisticamente fecondo, un’âge d’or «che oggi non è facile ritrovare».

Modena, primi anni Ottanta del Novecento: in un milieu attivo e reattivo per le arti visive contemporanee (da lì a poco inaugurano il PAC di Milano, il Castello di Rivoli e il Pecci a Prato, fra gli altri), apre la Palazzina dei Giardini, da cui passano le opere di molti fra quelli che nel corso del Novecento hanno rivoluzionato l’idea di bello e la concezione di arte.

Fiorella Iacono, allora collaboratrice del quotidiano Il Manifesto, recensisce quelle esposizioni, così come numerose altre in Regione et ultra. Da qui l’esplicativo sottotitolo del volume: Scritti sull’arte attraverso le mostre. Modena 1985-1993.

Lo sguardo vi si posa con lieta attenzione e scientifica passione, arrivando a restituire una feconda molteplicità: dalla fotografia futurista (il Riso cinico di Depero, il Fotodinamismo dei Bragaglia, …) ai libri-opera di Parmiggiani, Paolini e Griffa «in cui si assommano tutte le pratiche semiotiche di cui siamo i dominatori e gli eredi»; dalle Esposizioni in tempo reale del concittadino Franco Vaccari alla parola-terra di Nanni Valentini; dalla «tensione all’autentico» di Jean Futrier  fino alle sculture-avvenimento di Gilberto Zorio. E tanto, tanto altro.

 

Mostra di Eliseo Mattiacci (foto di Fiorella Iacono)

 

Questo smilzo volume pubblicato da Mimesis (agguerrito editore che propone un catalogo che spazia dall’antropologia all’architettura, dalla linguistica all’archeologia, dalle arti alle scienze sociali, e non solo) trascende il mero ricordo per epoche e contesti culturali certo meritevoli di nostalgia per arrivare a interrogare il rapporto, sempre dialettico, fra le opere e il racconto critico che di esse si fa.

Com’è noto, la funzione originaria della critica d’arte (dagli interventi di Denis Diderot sui Salons parigini in poi)  è quella di mediare tra i prodotti artistici e la loro ricezione sociale.

Il dato peculiare della prospettiva scelta da Fiorella Iacono, pare di poter sintetizzare, è quello di sostituire il tradizionale giudizio di valore sostenuto da argomenti di ordine intellettuale, che tale funzione convenzionalmente permette e finanche incoraggia, con un’attitudine descrittiva che affida alla neutra ricezione del lettore (così come, in origine, del fruitore delle opere in oggetto) la libera responsabilità dell’incontro con una spesso enigmatica datità.

«Una cosa è contenta d’essere guardata dalle altre cose solo quando è convinta di significare se stessa e nient’altro, in mezzo alle cose che significano se stesse e nient’altro» sembra dire l’autrice, con attitudine felicemente fenomenologica, in accordo con l’Italo Calvino di Palomar (forse non a caso pubblicato in quegli stessi anni) soprattutto là dove racconta la «posa rigidamente futurista» di Filippo Tommaso Marinetti ritratto a letto in una camera dell’Hotel Corso a Milano mentre Depero gli legge una delle sue poesie, o un calco di gesso presente in una personale dedicata a Claudio Parmiggiani che «posto all’ingresso, contiene pennelli usati, quasi per condensare un’idea di pittura lì fermata e cristallizzata».

 

Fiorella Iacono, Autoritratto

 

A lungo si potrebbe continuare.

Per ora pare sufficiente chiudere queste brevi note con la descrizione dell’immagine di copertina, una fotografia (dell’autrice) atta a documentare la performance che, alla Palazzina dei Giardini di Modena nel 1986, completava l’esperienza estetica di incontro con una delle opere di Pierpaolo Calzolari in mostra: «Un’enorme tela rossa occupa da sola una stanza, un mangiafuoco a intervalli di tempo emette sulla tela soffi di fuoco che accendono il colore: il rosso non è più solo simbolo del fuoco, ma è il fuoco stesso; a tratti, poi, sembra che il colore esca dalla tela per scomparire nella gola del mangiafuoco».

«Chiama le cose perché restino con te fino all’ultimo» diceva Gianni Celati, uomo saggio.

Chapeau.

 

MICHELE PASCARELLA

 

Fiorella Iacono, La stagione Felice, Mimesis Edizioni, Milano – Udine, 2018, pp. 76, € 8 – info: fiorellaiacono.com, mimesisedizioni.it