Turandot: audace e visionaria la rappresentazione firmata da Fabio Cherstich

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Turandot_Andrea Ranzi-StudioCasaluci

E’ avveneristica la Turandot che ieri sera, 28 maggio, ha debuttato al Teatro Comunale di Bologna e rimarrà in scena sino al 7 giugno. La nuova produzione della Turandot di Giacomo Puccini è firmata dal collettivo di artisti figurativi russi AES+F insieme al regista ideatore del progetto di lirica itinerante OperaCamion Fabio Cherstich.

Sul podio dell’Orchestra del Comunale è impegnato Valerio Galli, apprezzato interprete pucciniano di ritorno a Bologna dopo Tosca nel 2017. Istruito da Alberto Malazzi, il Coro del Teatro è affiancato dal Coro di voci bianche preparato da Alhambra Superchi.

Turandot_Andrea Ranzi-StudioCasaluci

Il progetto nasce dal desiderio di coniugare il linguaggio tradizionale dell’opera con l’immaginario seducente e avveniristico di AES+F, che nelle sue opere multimediali crea mondi ibridi e visionari, caratterizzati da uno sguardo distopico sulla contemporaneità. Nella visione di Cherstich e AES+F – che per l’allestimento ha curato video, scene e costumi, mentre le luci sono di Marco Giusti – la favola esotica di Turandot, nata in Persia, riscritta in Italia da Carlo Gozzi e rivisitata dai librettisti Giuseppe Adami e Renato Simoni, si trasferisce in una Pechino del terzo millennio che riesce a far convivere navicelle spaziali e draghi volanti sullo sfondo di una metropoli del futuro tutta luci e colori.

Turandot_Calaf-Gregory Kunde_Andrea Ranzi-StudioCasaluci

«Nella nostra lettura – spiega Cherstich – la principessa Turandot è a capo di un nuovo impero gigantesco e multietnico in cui Pechino è una megalopoli organizzatissima dove convivono uomini, macchine e androidi. Gli elementi dell’architettura orientale tradizionale si sovrappongono a nuovi edifici tecnologici. Passato, presente e futuro si uniscono in un melting pot in cui non è chiaro quale sia l’originale e quale l’innesto. In questa città, la “massa” è specchio di una società vulnerabile e spaesata, abituata alla violenza, che si manifesta in forme che rasentano l’allucinazione collettiva l’idolatria nei confronti del potere. Turandot esercita un cyber-matriarcato radicale, servendosi di immagini video, schermi e proiezioni per incantare i suoi sudditi».

La celebre femme fatale sterminatrice di pretendenti, che scopre l’amore grazie a un principe ignoto, impegnerà fino al 7 giugno solisti di fama internazionale come il soprano Hui He nel ruolo del titolo, il tenore Gregory Kunde in quello di Calaf e il soprano Mariangela Sicilia nei panni della giovane schiava Liù.

Turandot_Ping-Vincenzo Taormina_Pong-Cristiano Olivieri_Pang-Francesco Marsiglia_Andrea Ranzi-StudioCasaluci

Capolavoro incompiuto di Puccini, che morì nel 1924 senza riuscire a terminarlo, la Turandot fu rappresentata per la prima volta il 25 aprile 1926 al Teatro alla Scala di Milano con Arturo Toscanini sul podio, il quale smise di dirigere l’opera nel punto in cui Puccini aveva interrotto la composizione. Musicisti come Franco Alfano e Luciano Berio lavorarono a possibili conclusioni del dramma lirico. A Bologna verrà adottato il finale di Alfano.

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