«Umano. Troppo Umano»: così sarà perAspera 2019

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Flavia Monceri, Daniele Donati, Marco Mancuso - Trasformazioni dell'umano, trasformazioni del potere

 

Conversazione con Ennio Ruffolo, direttore artistico, e Maria Donnoli, direttrice dell’organizzazione, per raccontare il Festival multidisciplinare in programma a Bologna e dintorni dal 5 al 16 settembre. 

 

Iniziamo dal claim che avete individuato per la dodicesima edizione di perAspera, Umano. Troppo Umano: è stato desunto a posteriori o deciso preventivamente per indirizzare le scelte di programmazione?

[Ennio] perAspera attua un monitoraggio sul fermento sul creativo, sia a livello territoriale che nazionale e internazionale. Lo fa sia con l’osservazione diretta e continuativa che attraverso una open call, una chiamata aperta per ricevere proposte. Dall’osservazione diretta sono scaturite alcune parole chiave che hanno indirizzato l’open call. Le proposte ricevute tramite la chiamata aperta agli artisti hanno quindi perfezionato il senso dell’intuizione iniziale e portato a concludere la definizione del claim. È un percorso “misto”, articolato, complesso e allo stesso tempo naturale quello che porta al tema-guida. Soprattutto, è un percorso aperto, aggettivo che caratterizza perAspera da sempre.

Sono in calendario, in prima nazionale, due proposte nelle quali la tecnologia medierà, nello spettatore-fruitore, la percezione del reale. Quale idea estetica, dunque conoscitiva, sottende a queste esperienze, nel rapporto fra natura e cultura?

[Maria] L’umanità – nella complessità di emozioni e relazioni – è alla base di tutti i lavori di perAspera, anche di quelli che utilizzano le tecnologie come medium espressivo. Semplicemente, in questi casi, l’umanità ne viene aumentata, potenziata nelle sue componenti più radicali. CiRCA69 con l’installazione The Third Day parte dai capitoli di un racconto, che cresce mano a mano che la sua mostra attraversa il mondo. Racconta di intelligenze artificiali che si risvegliano. Lo fa tramite parole scritte che vengono tradotte in esperienza virtuale, che lo spettatore può vivere indossando un headset VR e altri dispositivi. Lo straniamento, la solitudine, la paura, l’amore sono alcune delle emozioni –umanissime– che la tecnologia amplifica qui in termini esponenziali, facendole vivere a ciascuno. Rendendole vere. Non raccontate, non osservate, ma vissute in prima persona.

Le relazioni sono invece alla base della seconda anteprima “tecnologica”: A unique and spectacular moment di BriGHTBLACK, progetto transmediale che – come CiRCA69 – viene dalla Gran Bretagna. Due persone alla volta, sconosciute, vengono munite di un walkie talkie e iniziano a giocare ad un videogame in due luoghi chiusi, distanti.  Si ignorano. Finché accade qualcosa che spinge i due ad andare nel mondo reale, fuori, per creare un momento unico, speciale, e documentarlo. È il principio innovativo del «gaming for good», del gioco collaborativo, opposto rispetto al gioco competitivo, in cui la tecnologia – in questo caso l’essere connessi on line – offre la possibilità di sviluppare assieme azioni concrete positive.

Ancora una volta, una tecnologia che riporta all’umano, che lo potenzia.

 

BriGHTBLACK – A Unique and Spectacular Moment

 

A far da contraltare, alcune proposizioni si costituiranno unicamente di accadimenti puramente corporei, senza filtri di sorta. Ce le racconti?

[Ennio] Il corpo come mezzo espressivo che crea un legame tra le generazioni è al centro ad esempio della sperimentazione della coreografa Anna Albertarelli. La sua Balera spontanea è un laboratorio transgenerazionale di ballo/danza, uno scambio di gesti e ritmi che parlano dell’uomo, delle sue età, del suo senso di appartenenza. Ancora il corpo è assolutamente al centro della scena in Totem, progetto in processo di creazione della danzatrice Anna Marocco, insieme al musicista Renato Grieco, che nasce da un’indagine sul livello psicofisico e sensoriale in cui il corpo cambia continuamente di stato, senza mai cristallizzarsi in una forma definibile. L’artista ci ha proposto la sua idea non conoscendo ancora il tema di questa edizione di perAspera e la consonanza inattesa, oltre all’apprezzamento per la ricerca di Anna Marocco, ci hanno spinto a produrre questo lavoro. Abbiamo desiderato vedere concretizzata questa ricerca sul corpo queer, corpo-territorio, che si decostruisce.  Ancora corpi, mani in particolare, sono quelli delle donne che hanno tessuto l’intervento di land art Intreccio insieme all’artista svedese Ida Bentinger, una enorme scultura tessile in una piazza che è ferita aperta nell’edilizia urbana incompiuta. Ancora corpi, ancora mani, anche nella coreografia a due – insieme ad uno spettatore casuale – di Variazione #1: S.Velato di Lorenzo De Simone: mani su un tavolo cosparso di argilla, che entrano in relazione, fino ad arrivare ad una scoperta… In tutti questi lavori corporeità significa in primo luogo relazione: con sé, con gli altri, con lo spazio. Come nella performance immersiva di Francesco Cigana e Marcello Batelli, che privano gli spettatori della vista per immergerli nella solitudine disorientata di un buio casuale, per poi riportarli alla completa percezione.

perAspera 2019 proporrà anche «un dialogo aperto tra filosofia, comunicazione, arte e diritto»: a chi è rivolto e di cosa tratterà, nello specifico?

[Maria] Sono tanti i linguaggi di perAspera. Tra questi, vi è la parola. Una parola performativa, che crea, in un processo di costruzione collettiva. Il binomio tematico umano-troppo umano sarà quindi esplorato anche in un dialogo con un filosofo politico -Flavia Monceri- un critico e curatore nel campo delle tecnologie digitali applicate all’arte -Marco Mancuso- un esperto di diritto e giornalismo -Daniele Donati. L’argomento è ancora l’umanità, in uno dei suoi processi essenziali: la trasformazione. Qui sarà messa in relazione alle tecnologie che potenziano e amplificano il grado di trasformazione (iper-umano, post-umano), senza che da questa umanità si possa, in ogni caso, trascendere. Abbiamo scelto di non avere un moderatore, in questo dialogo, piuttosto di aprirci alla ricezione di disponibilità per la costruzione di un gruppo di stimolo, che costruirà assieme ai tre esperti la conversazione. perAspera, nella sua attività continuativa sul territorio, partecipa al Patto di collaborazione per la promozione e la tutela dei diritti delle persone LGBTQI di Bologna. Questo intervento assume un senso anche in questa prospettiva, perché trasformazione dei corpi e impatti del potere significa anche interrogarsi sulla libertà di modificazione del proprio corpo come nel caso, ad esempio, delle persone transgender.  La parola sarà protagonista di un altro appuntamento, quello conclusivo, e sarà in forma di poesia, contaminata dall’elettronica nel progetto di S.ee (Serena di Biase).

 

Anna Albertarelli – Balera Spontanea – foto di Roberto Ruager

 

Sperimentazioni sonore, al buio o in dialogo con video-opere, completano un programma ibrido in cui il confine fra le diverse discipline si sfrangia e assottiglia. Con quale attitudine lo spettatore meno avvezzo alle stramberie del contemporaneo dovrebbe avvicinarsi alle proposte di perAspera Festival 2019?

[Ennio] Lo spettatore già riconosce questa attitudine del Festival di occuparsi di arti contaminate da altre arti: chi viene a perAspera sa che troverà progetti che parlano più lingue artistiche. Oltre all’assottigliarsi del confine tra le varie arti si sperimenterà una maggior vicinanza tra artisti e spettatore, caratteristica che porta al Festival, ogni anno, oltre a quelli fedeli, nuovi spettatori anche neofiti delle arti contemporanee: anche il nostro pubblico è ibrido, proprio come la programmazione. Ci piace pensare ad una contemporaneità accogliente, capace di creare ponti e di aprire le possibilità creative di chi partecipa.

 

MICHELE PASCARELLA

5-16 settembre – Bologna e Area Metropolitana – info: perasperafestival.org