Antoni Muntadas. Interconnessioni

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Antoni Muntadas, Mirar Ver Percibir, 2009 Veduta dalla mostra / Exhibition View Muntadas: Entre/Between, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid, Spagna / Spain, 2011 Foto / Photo: Román Lores Riesgo; Joaquín Cortés

Villa delle Rose prosegue l’attività di valorizzazione di artisti attivi nella scena internazionale proponendo, dal 18 gennaio al 22 marzo 2020, la prima personale in un’istituzione museale italiana di Antoni Muntadas (Barcellona 1942), dal titolo Muntadas. Interconnessioni, a cura di Cecilia Guida e Lorenzo Balbi.

Promossa da Istituzione Bologna Musei | MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, in collaborazione con Artium, Centro-Museo Vasco de Arte Contemporáneo di Vitoria-Gasteiz, Álava, con la partnership della Fondazione Federico Zeri e il patrocinio del Dipartimento delle Arti dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, la mostra segue sul piano temporale la personale allestita nel museo basco d’arte contemporanea dal 4 ottobre 2019 al 12 gennaio 2020. Le due esposizioni gemelle si differenziano per il peculiare rapporto con gli spazi espositivi. L’allestimento di Bologna è stato pensato appositamente per la dimensione “domestica” della settecentesca Villa delle Rose, dando vita a un percorso che favorisce un rapporto intimo con il visitatore, a partire dall’avvertenza che lo accoglie all’entrata “Attenzione: la percezione richiede partecipazione”.

Muntadas. Interconnessioni è uno dei Main project di ART CITY Bologna 2020, il programma istituzionale di mostre, eventi e iniziative speciali promosso dal Comune di Bologna in collaborazione con BolognaFiere in occasione di Arte Fiera. La mostra presenta un’analisi trasversale del lavoro dell’artista, che va dai primi anni Settanta a oggi, stabilendo nuovi campi di significato e relazioni puntuali tra i temi ricorrenti nella sua analisi interdisciplinare: la globalizzazione, il capitalismo transnazionale, la nozione di dispositivo, la relazione pubblico/privato, i rapporti tra monumenti e memoria, le “microfisiche” del potere, l’interrogazione dell’archivio, i processi della traduzione, la circolazione delle informazioni, l’immaginario politico veicolato dai media. Il titolo si riferisce a una frase dello storico dell’arte e dell’architettura Mark Wigley che definisce l’artista come “una città, piuttosto che una persona, una rete di spazi di scambio che opera per lunghi periodi, piuttosto che un individuo”, evidenziando il carattere di viaggiatore nomade e instancabile networker che ha contraddistinto Muntadas nel corso della sua lunga carriera.

La ricerca di Muntadas, che con i suoi media landscapes è considerato un pioniere della Media Art nell’ambito dell’arte concettuale, esplora fin dagli esordi arte, scienze sociali, sistemi di comunicazione e le loro reciproche interconnessioni. La metafora del paesaggio, secondo l’artista, descrive come il sistema dei media (giornali, radio, tv, web, canali digitali) crei scenari diversi da quelli tradizionalmente individuati dalla storia dell’arte come rappresentazione della natura: si tratta di paesaggi nuovi, determinati dalle tecnologie.

Muntadas, tenendosi a distanza da facili generalizzazioni, lavora per singoli progetti, analizzando i contesti e adattandosi ad essi secondo un approccio site specific e time specific. Ciò gli consente di esplorare la complessità del presente e di analizzare in maniera approfondita le contraddizioni del sistema. Il mezzo che, di volta in volta, meglio si adatta all’opera non è deciso a priori ma si determina nel corso del processo artistico. Il percorso espositivo a Villa delle Rose ci mostra come Muntadas sia in grado di spaziare tra differenti media: fotografia, video, pubblicazioni, web, installazioni e interventi urbani. Gli oltre 20 lavori in mostra si pongono come artefatti complessi che, nella relazione con il visitatore, possono essere attivati generando senso: se le opere degli anni Settanta costituiscono il background contestuale, quelle recenti portano l’attenzione sulla ricerca attuale, affrontando questioni sociali, politiche, di comunicazione e smascherando i casi in cui i canali di informazione spacciano per vera un’oggettività inesistente mentre censurano o promulgano idee, fino ad arrivare a fenomeni quali le fake news.

Coerentemente con l’attenzione al tema dello spazio pubblico e all’apertura verso il contesto in cui agisce, Muntadas si apre al dialogo con Bologna attraverso due operazioni, una in un luogo altro dalla villa, la seconda a partire dalla storia della città.

La prima è uno spazio di documentazione presso la Fondazione Federico Zeri dell’Università di Bologna (Piazzetta Giorgio Morandi 2), che completa l’esposizione presentando diversi materiali su tre grandi progetti realizzati dall’artista negli ultimi anni, quali Asian Protocols (2011-2018), About Academia (2011 e 2017) e La construcción del miedo (2008-2013).

La seconda è un’idea per un intervento pubblico site specific dal titolo On Translation: I Piedistalli. Il progetto prende spunto da 59 busti di uomini illustri un tempo situati nel Parco della Montagnola, ritirati a causa di atti vandalici e, dal 1998, conservati nel sottotetto di Villa delle Rose in attesa di futuri restauri. Nella proposta concettuale di Muntadas non saranno però le effigi a diventare oggetto dell’opera bensì i piedistalli che le sostenevano, poiché tali supporti possono essere considerati una metafora del potere nelle sue diverse forme: politico, culturale, economico, religioso. Il piedistallo, nella sua autonomia di significante portatore di significato, ricollocato nello spazio pubblico, si fa dispositivo in grado di riattivare un dialogo storico e culturale con il tessuto della città.

Dal 18 gennaio al 22 marzo 2020

Villa delle Rose, Bologna, via Saragozza 228/230. Info & Orari: www.mambo-bologna.org/villadellerose/