In tempi perfetti

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Barbara Fragogna, Effimera #7 | Maria Callas Intestine N°7 (with Nature)/ installation view, not baked clay on terracotta floor, 2018, DAF, Milano

In tempi perfetti è il titolo della doppia personale di Barbara Fragogna e Stefania Migliorati. È una mostra curata da un’artista, Silvia Giambrone, che rilegge in maniera poetica il dialogo tra le due artiste e costruisce un quadro di parole la cui forza sta non tanto nella precisione e nella pertinenza, nell’uso degli stilemi collaudati della critica, nei riferimenti a una storia dell’arte in cui le opere in mostra siano, come è normale, una specie di ricapitolazione. Sono due testi distinti, uno per Fragogna e l’altro per Migliorati, il primo si intitola Gargarismo, il secondo A mio favore.

Il primo sembra evocare la vecchia fabula deleuziana del corpo senza organi, espressione che fa la sua comparsa nell’Antiedipo, ma rovesciata alla maniera di Zizek, che ha scritto una critica, o forse è una celebrazione, di Antiedipo nel suo libro Organi senza corpo: nel testo i protagonisti sono fegato, intestino, polmoni e pelle: “liberi gli organi brillavano e si erano mescolati” ma senza arrivare a comporre un insieme organico, un corpo, che qui ritorna smembrato, privo del suo involucro, la pelle, che qui è lasciata cadere come un vestito, “prima di sedermi sul divano”. E intestini (di creta) sono deposti ai piedi di un grande quadro di Barbara Fragogna, gettati lì come splanchna, il termine greco che designa, nella religione arcaica, gli organi somministrati alla comunità sacrificale. È un lavoro in cui tutto è metafora, segni che rinviano a segni: per l’artista la libertà di fallire, quel fallimento necessario che è sempre e comunque atto di resistenza all’ossessione patriarcale per il successo, viene interpretata attraverso opere legate all’immaginazione e al potere che questa ha di rigurgitare i rimossi psichici, che ritornano come sontuosi sbudellamenti.

A mio favore ha un registro diverso, è un piccolo componimento poetico, vi sono anche qui organi, anche se in realtà sono le parti del corpo con una funzione motoria, mani, spalle e dita, e qui Silvia proietta sul lavoro di Stefania non il corpo, o i suoi organi, ma il talamo, o il sudario, che poi è la stessa cosa, con sopra le ortiche e le spine. Reazione, estinzione, infiltrazione, sono termini chiave che nella pratica di questa artista definiscono una politica dei corpi nel tempo presente, in uno spazio pubblico disfatto e permeabile alla morte. Stefania Migliorati mette al centro del proprio lavoro il bisogno di riappropriarsi, attraverso azioni semplici e poeticamente intense, del corpo sociale, attraverso atti di infiltrazione che obbligano questo corpo a rinegoziare lo spazio e il senso della propria esistenza, incoraggiando in questo un legame armonico con l’ambiente, una rinnovata sensibilità ecologica.

In questa mostra si aggira un fantasma molto familiare, quello della libertà. La libertà che qui sembra funzionare quasi come una superstizione, quando la nomini svanisce, ed è forse questo il terreno comune al lavoro delle due artiste: nessuna però nomina mai la libertà, ma di questo, o comunque di un progetto o di un tentativo di liberazione, è permeato il lavoro di entrambe. Allora In tempi perfetti è un titolo che ironicamente celebra il nostro presente, in cui la perfezione, se stiamo dentro l’ironia, è la maschera del suo contrario, l’imperfezione assoluta, per citare di nuovo Deleuze, la ‘piega’, o forse la ferita, il segno della spina e dell’ortica sulla nostra pelle.

Dal 6 al 29 febbraio 2020

Forlì, Galleria Marcolini, Via Francesco Marcolini, 25 A. Info & Orari: galleriamarcolini.it