La casa è un nido

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illustrazione di Giulia Guerra

Sono tempi di riflessioni per tutti, accomunati dalla mancanza della propria individualità, dalla paura e dal dolore. L’obbligatorietà a stare a casa o meglio, entro un raggio di 200 metri, ci costringe a riconsiderare il nostro rapporto con quella che è l’architettura per antonomasia. Ma lo spazio che in queste settimane ci accoglie può anche essere respingente, se non soffocante.

Non basta infatti che una camera doppia sia di 14 metri quadri ed una singola di 9, non basta che la loro altezza sia di 2,70 metri.

Proprio oggi David Grossman scrive che quando l’emergenza sarà finita “Ci sarà chi per la prima volta si interrogherà sulle scelte fatte, sulle rinunce, sui compromessi. Sugli amori che non ha osato amare. Sulla vita che non ha osato vivere”. Come progettista, mi auguro che insegnerà ad ognuno di noi ad amare di più noi stessi come abitanti di quel luogo che dovrebbe farci da nido, da tana, da crisalide.

Non c’è architetto che negli anni dell’università non abbia studiato la famosa triade vitruviana: utilitas, firmitas, venustas ovvero utilità, stabilità e bellezza, quale formula necessaria a garantire una perfetta opera di architettura. Mi permetto di correggere in parte il grande Marco Vitruvio Pollione.

Non basta più che un’architettura sia utile ad uno scopo, che sia stabile e non basta neanche che sia bella. Quella bellezza promossa in ogni dove: riviste digitali, corsi on line, programmi televisivi fatti di must e open space, pinterest, facebook e instagram. Architetture tanto più belle, quanto più nuove e fotografabili, ma che difficilmente reggono il tempo.

Non basta più. La casa in particolare è il luogo dove abitano esseri umani, con caratteristiche e passioni proprie, esseri viventi che in quei 14 metri quadri dormono, litigano e fanno l’amore. E in quei 9 vedranno crescere un bambino che piano piano sarà adolescente e poi uomo.

La casa è un luogo affettivo prima che metrico, è un luogo emotivo e psicologico prima che normativo.

Basta aggiungere humanitas alla famosa triade.

Basta cambiare il punto di vista; basta cambiare e ne abbiamo la possibilità.