AURORA IN CUCINA

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L’articolo è tratto dal nostro repertorio di numeri cartacei

Intervistare una chef cercando di evitare la domanda tanto ricorrente quanto banale «come mai una donna che fa il mestiere di chef?» non è poi così difficile. Ma l’argomento lo abbiamo affrontato eccome, solo che lo abbiamo fatto come farebbero due donne che ne parlano tra loro, ossia giungendo alla conclusione più ovvia. Ma dato che non si è mai visto un articolo che passa subito alle conclusioni, ecco dal principio come è iniziata la mia chiacchierata con Aurora Mazzucchelli, chef del ristorante Marconi di Sasso Marconi.

La prima volta che l’ho incontrata mi ha fatto assaggiare un raviolo ripieno di Parmigiano Reggiano e lavanda e mi ha detto: «il raviolo è un contenitore di idee. Racchiude e condivide». E non è un caso se ogni volta che penso a lei e alla sua cucina mi viene in mente quel raviolo. Metafora perfetta di femminilità, sapore, tradizione, territorio e modernità. Troppi sostantivi? Forse. Ma Aurora è una donna da sostantivi, non certo da aggettivi. I soliti che si usano per descriverla (giovane, bella, brava, e così via) non sono sufficienti a raccontare la sua rivoluzione. Miglior chef donna 2012 per Identità Golose, premiata con l’ambita Stella Michelin, Aurora ha trasformato la trattoria di famiglia in un ristorante moderno dove la cucina è avanguardia, sperimentazione, emozione. Alta cucina, insomma. Partendo da un ristorante alle porte di Bologna, oggi Aurora Mazzucchelli è uno dei nomi di punta e più promettenti della cucina italiana contemporanea.

Fai uno dei mestieri più mediatici e ambiti del momento, ma a che età hai capito di essere una chef? «Fin da quando ero piccola subivo il fascino dello chef… Quando seguivo mio padre al lavoro e mi chiamavano la figlia dello chef, mi sentivo molto orgogliosa. Poi, ai tempi della scuola alberghiera, quando tornavo a casa la sera mi fermavo nella cucina del nostro ristorante vuota e pulita dopo il servizio e mi trattenevo lì, da sola. Mi sentivo a casa, mi sentivo dove volevo essere».

Quindi non un destino già segnato, ma un destino voluto?

«Sono sempre stata attratta dai coltelli, dall’arte del disossare, dalla lavorazione delle materie prime. Le conoscenze e le tecniche sono arrivate dopo, erano i primi anni del 2000 quando ho iniziato a sperimentare e a mettermi in gioco. Prima ho acquisito la tecnica, poi la sensibilità. Ora, da qualche anno mi sento più consapevole».

E questo miscuglio di consapevolezza, curiosità e grande esperienza (nonostante la giovane età, Aurora bazzica la cucina di famiglia da quando era piccolina e nel 2013 il Ristorante Marconi ha festeggiato i trent’anni di attività) si coglie nei piatti. A parte i Ravioli di Parmigiano e lavanda, di cui ho già detto (un piatto confortevole ma stuzzicante al tempo stesso), la chef ti spiazza e ti seduce con proposte inconsuete ma comprensibili. Dimenticate gli artifici della cucina molecolare di spume e spumette: al Marconi si mangia per davvero! Piatti golosi, ingredienti del territorio ma accesi sempre da qualcosa di nuovo, che però diventa subito familiare. Capasanta, cavolo, carciofo, arancio e caco: questo il nome di un piatto che – lapidariamente – elenca solo la lista dei suoi ingredienti. Abbinamenti che alla vostra immaginazione sembreranno insoliti (cavolo e arancio??) ma, una volta assaggiati, sembra siano stati creati apposta per essere mangiati insieme, fidatevi.

E fidatevi anche quando vi dico che, dopo aver assaggiato i Maccheroni ripieno d’anguilla affumicata, ostrica cruda e spinaci, stavo per cadere dalla sedia da quanto erano buoni. Ma torniamo all’intervista, non vorrei solleticare troppo la vostra immaginazione culinaria…

Oltre che fascinoso e sotto ai riflettori, è un mestiere anche parecchio faticoso il tuo, o sbaglio? «Al giorno d’oggi non ha più senso parlare dello chef come di un lavoro di fatica fisica, per il quale serve forza. Se esiste una fatica, è la fatica organizzativa di gestire gli orari e il poco tempo libero a disposizione».

Ed è per questo che ti pongono, in quanto donna, sempre la stessa noiosa obiezione: come fai a fare tutto? Ecco, appunto, come fai a fare tutto? «Il mestiere dello chef, come tutti gli altri mestieri impegnativi, quando lo interpreti come una scelta di vita e non un mero lavoro, non è una rinuncia. Se fai ciò che ti piace perché non potresti fare altro, allora hai una personalità tale da essere felice e appagato anche di una vita privata con orari spezzati. Basta saper organizzare il proprio tempo. Serve avere elasticità mentale e nient’altro. Il mestiere di chef può essere un’opportunità per le donne, non un’obiezione».

Questo è il punto. Aurora lo ha centrato benissimo e lo rappresenta a pieno. Non a caso, nel dibattito «donne e cucina» che tiene banco ormai da anni (da quando non si fa altro che parlare di cibo su tutti i mezzi di comunicazione, televisione compresa) lei è sempre tirata in ballo come esempio virtuoso del fatto che le donne non solo possono essere chef (lo sono sempre state, diamine!) ma possono essere chef di successo senza rinunciare alla propria femminilità.

Cosa diresti a una ragazza che volesse intraprendere il tuo mestiere? «Mi capita spesso di incontrare giovani ragazze in cucina, che si crucciano nel dover scegliere tra lavoro, famiglia, vita privata e vivono come se dovessero mortificare il proprio essere donna per fare questo mestiere. Dando per scontato che una cosa escluda l’altra… Penso che se noi stesse, per prime, ci poniamo nella posizione di dover necessariamente fare delle scelte e delle rinunce, siamo proprio noi a tarpare le nostre ali. A volte ci spaventiamo a fare troppi ragionamenti. Dovremmo vivere a sentimento, non a ragionamento».

Tu fai così? «A me piace seguire quello che sento».

Ed è un po’ il filo rosso (rosso come i suoi capelli) che ha condotto la sua vita e le sue scelte. Seguire il sentimento, più che il ragionamento. In un percorso che, a giudicare dalla sua grinta, sembra essere solo all’inizio. Chiudo questo pezzo con un dessert. Bella fantasia, penserete voi. Ma è un dessert speciale che mi riporta da dove sono partita per raccontarvi di questa donna e delle sue prodezze in cucina. È un raviolo, o per l’esattezza: Ananas in raviolo con ricotta, caffè, uvetta e pinoli. Buono, originale, fresco e goloso insieme. Come deve essere un dessert per stupirti, coccolarti e chiudere al meglio un menu magistrale. Un contenitore di idee che racchiude e condivide, come dice Aurora.

Se è vero come è vero che il posto di una donna è solo dove vuol essere e non dove gli altri vogliono o si aspettano che sia (questa è la conclusione alla quale siamo giunte io e la chef al termine della nostra chiacchierata), quello di Aurora Mazzucchelli è più che mai dentro la sua cucina, al ristorante Marconi a Sasso Marconi. Uno dei rari e più longevi ristoranti italiani di alta cucina a conduzione familiare. Tutta la famiglia Mazzucchelli è coinvolta, a partire da Massimo, il fratello, regista della sala e della cantina.

Andate a trovarla, provate i suoi piatti, entrate nel suo mondo di sapori e di storie speciali. Fidatevi, ve l’ho già detto?

di Martina Liverani