CONVERSAZIONE 4: FEDERICO, POTERE DIGITALE E SCIENZA

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Federico, senza cognome. Perche’ viene dalla prima generazione dell’open source, dove l’anonimato era una delle regole per un uso anarchico ed orizzontale della Rete e degli strumenti informatici. E’ laureato in matematica, lo dice come primo dato del brevissimo curricula da comunicare all’esterno. Poi – e per questo e’ conosciuto – e’ fondatore (e per 10 anni direttore) di WuBook, compagnia italiana di peso internazionale in ambito travel, leader nella creazione di software per il settore dell’ospitalità.

Con lui e’ venuta fuori una densa chiacchierata a tutto campo, nata nei giorni dei primi dubbi su Immuni e sul trattamento digitale dei dati. E poi evoluta verso il ruolo della “scienza” all’interno di questa epidemia.

La pubblichiamo in due parti.

1) Partiamo da meta’, cioe’ dalla Fase 2. Esiste, e si sta intravedendo, magari proprio dall’osservatorio speciale della tua “professione”, un limite oltre al quale la tutela statistica, big data della salute rischia di aprire cioè falle di insicurezza, di sofferenza in altri settori, di nuove vulnerabilità… Questa progressiva concessione di libertà fondamentali, acquisite in centinaia di anni, che in due mesi di paura si cedono senza resistenze a uno stato-Leviatano, severo ma paterno, che ci controlla e ci sostiene nella buona e nella cattiva sorte…

Partendo dalla mia preparazione, esistono due aspetti su cui forse valga la pena spendere qualche parola. Quello scientifico e quello digitale. E forse possiamo provare, come esercizio di riflessione, a collegarli durante le risposte.
Una prima, semplice tesi:
il discorso pubblico attorno all’emergenza non e’ mai stato scientifico. Da due secoli a questa parte, il sapere scientifico viene considerato il piu’ autorevole. Non e’ un caso che la maggior parte delle discipline tenti con il massimo degli sforzi di legittimarsi sfruttandolo. Lo fanno le discipline new age, mescolando principi mistici a fisiche atomiche e quantistiche. Lo fa la psicologia, che aspira ambiziosamente a essere nobilitata come disciplina scientifica. Lo fanno quelle branche della medicina alternative che bramano la legittimita’ ufficiale.
E
of course lo fa anche la politica. Persino Zaia, nella sua eretica posizione per una riapertura piu’, veloce, empio e profano quindi, termina il suo discorso dicendo: ‘scienza permettendo, sia chiaro!’ Ma di quale scienza sta parlando Zaia? Di quale scienza parlano i media, Conte e compagnia bella? Come ogni disciplina di sapere, anzi, come ogni disciplina e basta, anche la scienza e’ un universo frastagliato e complesso. Pensare che esista una verita’ scientifica (al di la’ delle discipline perfette come la matematica) e’ un falso mito: ogni branca della scienza vede fazioni contrapposte su teorie e tesi spesso in contrasto.
Diciamolo: l’unico discorso
scientifico e’ stata la tombola dei numeri dell’ISS e della Protezione Civile. Puntuali, quotidiani. Grotteschi e vuoti. Spaventosi e quindi nocivi.
Questi numeri sono discutibili. Persino contestabili vigorosamente. Se pensiamo che sono stati fatti con accezione Pubblica-Rituale-Autoritaria, forse
dal discutibile possiamo saltare al grottesco. Di scientifico, com’e’ possibile intuire, qui non c’e’ nulla. Dei numeri non fanno scienza. Dove sono le tesi? Dove sono i dibattiti?
Ma c’e’ di piu’: se pensiamo allo stile burocratico delle risposte di Borrelli, c’e’ un ulteriore salto. Dal discutibile al grottesco prima, dal grottesco al fascistoide poi. In che modo? Quando a Borrelli sono state fatte domande qualitative, la risposta si e’ sempre sviluppata con il noto canovaccio del sistema di potere, quello burocratico: ‘Noi siamo coloro che raccologono i dati. Per capire meglio i suoi dubbi, dovrebbe (e non dovremmo!) chiedere approfondimenti alle Regioni’.
E’ scienza l’accumulazione di numeri che non permettono risposte, se non burocratiche?
E’ scienza una statistica priva di interpretazioni? O le cui conseguenze sono discusse e monopolizzate dal basso, mediocre standard dell’opinionismo televisivo?
E l’attivita’ del comitato scientifico di Conte? E’ unica, auto-referenziale, indiscussa e invisibile. E’ scienza tutto questo? Ed ecco dimostrata la tesi: la Scienza di cui parla il discorso pubblico, la scienza di cui parlano Zaia, Conte e tutti i governatori e’ la stessa scienza di cui parlano le discipline new age, quando tentano di dimostrare che certi movimenti del corpo sono benefici per via delle Onde Teta, dei neutrini o dei fotoni.
Non e’ scienza: e’ sfruttamento verbale teso a legittimare scelte autoritarie.

2) Ed ecco introdotto il secondo discorso: il digitale, le tecnologie di controllo, si inseriscono in questo contesto: un contesto di autoritarismo che, sebbene percepito come paterno e responsabile, e’ a tutti gli effetti figlio dei nostri tempi.

Torniamo indietro di qualche mese e riconsideriamo una legge che mi ha colpito profondamente. Quella dei seggiolini per l’anti abbandono. Io ci vedo un parallelo cristallino: per pochissime morti ogni anno (per quanto orribili ed empatizzabili), il Governo si sente legittimato a disciplinare migliaia di individui. Nella loro vita quotidiana. Nei piccoli gesti di ogni giorno, microfisici e non politici, familiari.
Lo fa con l’utilizzo di dispositivi di complessita’ che possiamo definire enorme. Voglio dire, occorre uno smartphone, occorre abilitare il bluetooth, un seggiolino elettronico, una configurazione tra i due. E amministrare e gestire tutti i problemi legati alle tecnologie: che lo sappiamo, fanno le bizze. A volte si piantano. E per fortuna che mio cugino si intende e posso chiamarlo per avere un aiuto! Non c’e’ niente di paterno. C’e la modernita’ (intesa in senso storico) dei nostri governi.
Giorno dopo giorno, sempre piu’ ambiziosi nel
voler gestire la capillarita’ dei nostri gesti, anche quelli piu’ piccoli e intimi, quelli che si inseriscono nell’economia della nostra sfera privata.

3) Mai come in questi due mesi la Scienza, spesso in chiave pop televisiva, si è mangiata il ruolo della Filosofia, della Politica, Etica e Religione. Quale e’ a tuo parere il ruolo, o almeno l’angolo di ingresso, della tecnologia e dell’Arte – qui intese anche come creatività – e di riflesso di un esperto di tecnologie, di un artista, e di un intellettuale in questo dibattito?

L’unico ruolo positivo che vedo all’orizzonte e’ quello della resistenza al mediocre. E’ difficile sperare in qualche forma di progresso. Due esempi: musica e tecnologie. Sono dozzinali e generalisti. Tuttavia, forse sono riconducibli a un unico minimo comun denominatore. Come avere un ruolo positivo in ambito musicale, quando l’intero settore e’ stato deviato sullo starlettismo ad alta audience e ad altissima produzione standardizzata e industriale? Come puo’ un artista esercitare un linguaggio in un contesto di continua e conveniente (sul fronte delle economie) de-alfabetizzazione musicale? Come avere un ruolo positivo in ambito informatico? L’open source ha ruggito per anni. Ma il movimento e’ quasi e completamente fallito. I frutti del lavoro anarchico e intellettuale di tutti i pionieri e’ stato fagocitato dalle BigTech: Android e’ a base Linux. Come una miriade di dispositivi di uso quotidiano.
Si voleva produrre tecnologie “libere”. Si e’ finiti nel nutrire le BigTech. Che da una parte ne hanno
sfruttato la produzione (in generale gratuitamente) e dall’altra ne hanno annientato l’utilizzo. Prendiamo Facebook: tutta la sua infrastruttura e la stragrande maggioranza delle sue tecnologie ha sicuramente una base open source. Sfruttamento gratuito del movimento. Di contro, progetti come Mastodon (un’alternativa open a Facebook) sono non competitivi, perche’ l’utilizzo richiede competenze e sforzi che vanno al di la’ dello “smart and easy”. Che non sono di portata popolare.Voglio far notare, per onesta’ intellettuale, che ogni company del settore informatico lavora in questo modo. La mia inclusa. Come resistere? E’ una bella domanda.
Io non ho ancora risposte. Ma tristezza si. Perche’ il movimento open l’ho vissuto tanti anni fa con molto entusiasmo.


(continua)