Erbario delle consolazioni #9 > Un vaso di Terzo Paesaggio

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Breve trattazione su come scorgere il movimento che rimandano le cose ferme.

Esistono grandi biografie. E altre piccolissime, stanziali, destinate a rimane nascoste sui davanzali, sulle ringhiere dei balconi, sulle mensole del soggiorno. Come la pietra nel fiume, che racconta la storia dell’acqua che l’ha modellata, dei fenomeni atmosferici che l’hanno movimentata e dei pesci che l’hanno sfiorata, ci sono elementi che ci circondano sui quali le nostre vite rimangono impresse come diari da sfogliare nei momenti di smemoratezza, come oracoli da consultare affinché ci indichino la via nei momenti oscuri. Questi elementi, di consolazione e resurrezione, vegetali e geografici, possono essere definiti piante.

Un vaso di Terzo Paesaggio
Perché ciò su cui non si ha controllo può essere un bene.

Vivo con due gatti. E poi ne ho un terzo, elettronico, uno di quei robottini che puliscono i pavimenti in autonomia. Non è che miagoli, o che richieda altro cibo se non la polvere che aspira, ma possiede la stessa imprevedibile volontà dei fratelli felini. Sistemo, accomodo, posiziono, poi mi giro o cambio stanza, e quando ritorno intuisco leggeri spostamenti nell’impero del mio ordine. Esiste una sottile forma di manipolazione emotiva che consiste nel mettere in atto impercettibili movimentazioni di oggetti per minare alle basi la sicurezza dell’Altro. L’Altro pensa di avere il controllo, di esercitare una dominanza sulla situazione, ma per metter in crisi questa certezza basta girare di quarantacinque gradi un soprammobile.

Gilles Clément è un signore francese ormai anzianotto, un paesaggista visionario che ha rivelato la nozione di Terzo Paesaggio. Il Terzo Paesaggio è ciò che sorge spontaneamente nei luoghi dimenticati o abbandonati dall’uomo: un’erbaccia sul marciapiedi, la vegetazione all’interno di un complesso dismesso, il groviglio in mezzo ad una rotonda abbandonata. È ciò che vediamo nei film catastrofici quando l’eroe, dopo mesi dal disastro nucleare o dall’inizio dell’apocalisse zombie, si risveglia in una città ora più simile ad una foresta vergine. Ed è un’incredibile fonte di biodiversità ed equilibrio. Fa molto bene coltivare un vaso di Terzo Paesaggio. Prendete un contenitore, riempitelo di terra, posizionatelo all’esterno e guardatevi dal compiere una qualsiasi altra azione che non sia l’attendere. L’intelletto e l’autodeterminazione della natura vi dimostreranno come, tra le varie professioni delle quali potremmo fare a meno, vi sia quella di giardinieri del Creato. Impariamo dai nostri vecchi, e come loro sediamoci su di una panchina a rimirar.

 

scrittura ELENA SORBI
disegno ALICE SCARTAPACCHIO

 

Assonanza: Gilles Clément, Manifesto del terzo paesaggio https://www.quodlibet.it/libro/9788874620487