Al centro della storia. La mostra “Interludio” di Cesura

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All’arte è dato il compito di raccontare l’indicibile. In un rumore di fondo assordante di opinioni, posizioni, scontri e confronti, bollettini statistici Interludio – la mostra fotografica del Collettivo Cesura allestita al SI Fest lo scorso settembre – ci è riuscita con grande efficacia.

L’esposizione è il frutto di un lavoro a più mani, un racconto per immagini del momento di sospensione della vita di tutti i giorni, quel lockdown che tutti abbiamo vissuto in prima persona.

Ideato come un allestimento, Interludio è un coro di immagini e video: scatti di centri abitati deserti, primi piani, screenshot di schermi televisivi e scambi di chat, fotografie di serrande abbassate o di assurdi rituali ininterrotti neanche dall’emergenza. Un’esperienza di contrasto tra il silenzio delle nostre città e il frastuono dei media, tra il dentro e il fuori, che restituisce il rimescolio di sensazioni contraddittorie, fragilità, solitudine, sospensione e stordimento.

Il collettivo Cesura è un gruppo di 18 fotografi italiani professionisti che si sono raccolti a Pianello di Val Tidone, piccolo paese sui colli piacentini, intorno allo studio di Alex Majoli, fotografo della Magnum, nato a Ravenna e che vive tra New York e l’Italia. Nato dall’esigenza di esprimersi liberamente con la fotografia, lontano da qualsiasi logica di mercato, il collettivo si è impegnato fin dall’inizio nel racconto dei fenomeni sociali della contemporaneità, pubblica una fanzine fotografica ed è editore indipendente dei propri progetti.

«Nel momento in cui è successo il lockdown in studio tutti eravamo fissati con l’idea che stavamo entrando nel futuro – commenta Marco Zanella, portavoce e curatore del progetto – Eravamo convinti che stavamo vivendo in un film, nell’iperreale, quello definito dal sociologo della cultura Jean Baudrillard, in una sorta di momento in cui i valori simbolici la fanno da padrone perdendo il senso della vita reale. La pandemia ha messo in pausa la vita di tutti i giorni – per questo ho intitolato la mostra Interludio – e ci ha fatto riflettere sulla nostra totale fragilità, su come la nostra società sia chiusa, ipertecnologica, molto poco sociale e incurante della natura. È stata una sorta di lente di ingrandimento che ha ben messo in evidenza ciò che siamo e dove stiamo andando».

Mentre parli percepisco una certa fascinazione… «Sì. È come se il lockdown abbia portato tutti al centro della storia. Poi io sono cresciuto in mezzo alla tecnologia digitale, mio padre è un tecnico informatico. Sono un appassionato di fantascienza e uno dei miei film preferiti è Matrix. Mi sembrava di vivere dentro a un film di fantascienza».

Come è stato costruito il progetto? «Sono stato chiamato dal SI Fest di Savignano, prima che scoppiasse l’epidemia, per curare l’OFF del festival. Quando in estate mi hanno rincontattato ho proposto loro, invece dell’OFF, di realizzare questa mostra. Ringrazio gli organizzatori per avermi dato piena libertà. Mi sono fatto inviare dai membri del collettivo tutte le fotografie scattate durante la quarantena e ho editato migliaia e migliaia di foto. Durante l’emergenza i miei soci hanno continuato a lavorare, mentre io purtroppo mi sono ammalato, probabilmente di Covid. Il medico mi ha isolato per diversi giorni. Ho sofferto moltissimo per non potere uscire a fotografare. Così alla fine i miei scatti sono solo di interni o di esterni attraverso la finestra. Quello del curatore è stato un lavoro difficilissimo. E’ stata la prima esperienza e ho cambiato strada diverse volte. Ho usato lo stesso metodo che uso in fotografia: quello di sperimentare, rischiare e sbagliare, che sono le tre regole per fare qualcosa di buono. Alla fine ho trasferito direttamente il mio studio a Savignano e sono andato per tentativi, stampavo le foto e allestivo in tempo reale. Mi sono imposto di essere il meno didascalico possibile e alla fine. ho scelto foto che non avevano bisogno di commenti».

Ci sarà un seguito? «Prima della seconda fermata avevamo in programma uno spettacolo, che spero verrà ripreso nei prossimi mesi, all’interno della rassegna Radici del Teatro Binario di Cotignola. Il progetto prevedeva di realizzare un’ora di film muto con le immagini di Interludio e di proiettarle musicate dal vivo per tre sere. In parallelo avevamo previsto di riprendere le reazioni del pubblico durante la proiezione per poi inserire il video insieme alle fotografie in un allestimento alla prossima edizione di Fotolux di Lucca a cui siamo stati invitati».