Cesare Zavattini, intellettuale poliedrico dalla voce medioevale

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Massimo_Soprani-e-Cesare_Zavattini_Photo_credit@Angelo_Cozzi

Finalmente riaprono le porte dei musei e l’mtn | museo temporaneo navile di Bologna riparte inaugurando, martedì 9 febbraio, ASPETTANDO ZA – Una non mostra su Cesare Zavattini, dalla collezione Massimo Soprani, storico segretario del giornalista, poeta, sceneggiatore, pittore.
La mostra è curata da Marcello Tedesco e accompagnata da un saggio critico di Antongiulio Vergine.

Cesare Zavattini (Luzzara 1902, Roma 1989), intellettuale poliedrico, dall’eclettica vena artistica e dall’attitudine alla sperimentazione nelle diverse forme espressive, anima i percorsi artistici e culturali del Novecento muovendosi agilmente nei diversi linguaggi della scrittura, del cinema, della poesia, della pittura, dei fumetti e del teatro.

Dell’intellettuale la mostra rende al pubblico l’immagine più intima: l’allestimento ricostruisce concettualmente lo studio, l’habitat dell’uomo Zavattini attraverso una scrivania, un tabarro, un giradischi con la sua voce, una sua foto da bambino e altri cimeli che alimentano un mondo inedito di ricordi che restituisce al visitatore l’universo del grande narratore dell’essere umano.

In mostra i documenti autografi, i libri, le fotografie, gli appunti, i manifesti originali, ma anche la sua stessa voce in “Non libro” ed infine l’ultima opera testamento, ovvero il film “La Veritaaaà”, dove Zavattini è sceneggiatore, regista e attore.
Qui è dove il pubblico potrà entrare in una connessione empatica con l’artista consultando il materiale, leggendo i libri e ascoltando la sua voce.

mtn_Aspettando_Za_05_Photo-credit_Ilaria Depari

Ezra Pound nel celebre poema ‘The Cantos’ recita che il “paradiso dell’uomo è la sua buona natura”, con analoga forza l’intera attività di Cesare Zavattini ha concentrato la sua attenzione sull’essere umano e sulla sua natura nobile e tragica al contempo.

La constatazione dell’inarrestabile, progressiva, demolizione dell’essere umano, ad opera di quelli che Zavattini chiamava sarcasticamente ‘i campioni della cultura dei pochi’, è stata uno dei motivi che ha guidato tutta la sua multiforme e sfaccettata opera, interamente tesa nell’arduo compito di trovare una strada che disincantasse questo osceno processo.

Questa prima tappa espositiva pone l’attenzione non sull’aspetto prettamente artistico, sebbene prolifero del maestro, bensì predispone un territorio dove avvicinarsi al suo nucleo di pensiero. Il quale, conosciuto e approfondito, potrà fare apprezzare maggiormente la sua ispirazione pittorica e offrire alcuni strumenti conoscitivi per decifrare l’incredibile contraddizione che vede l’essere umano autore e artefice del proprio declino.

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Stefano Zavattini era un uomo complesso, pioniere e innovatore delle arti audio-visive, con noi Marcello Tedesco, curatore della mostra, per approfondire il pensiero dell’artista.

Aspettando ZA. Dall’inciso dobbiamo aspettarci dell’altro?

«La collezione a cui facciamo riferimento – racconta Tedesco – è quella di Massimo Soprani, che è stato il segretario a Luzzara di Zavattini, attualmente siamo in contatto con la figlia, possiede una collezione sterminata alla quale per il futuro abbiamo in programma di dedicare una mostra, ma in questa prima fase abbiamo deciso di portare al museo solamente una piccola parte che non è tanto incentrata sulle opere, sebbene siano presenti, ma è concepita come una ‘non mostra‘».

In che senso?

«L‘operazione è quella di cercare di entrare in contatto con il nucleo di pensiero di Zavattini, quindi concentrarsi non tanto sull’oggettualità ma proprio sul pensiero e anche sulla fisicità delle sue opere. Faccio un esempio – prosegue Tedesco -: in mostra c’è un bellissimo audio d’epoca, è un 33 giri dove Zavattini registra in maniera molto disinvolta delle sue tipiche espressioni verbali, è qui che vediamo una fisicità e che ritroviamo, sempre qui in mostra, nell’ultimo film che ha fatto come regista e attore, un documento unico. In sostanza – chiarisce Tedesco – quello che a noi importava in questa fase preliminare era di entrare in contatto con l’essenzialità del pensiero Zavattiniano che è l’essere umano».

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Come stabilire questa connessione?

«Già nelle sue primissime attività, a partire dagli anni 40 in poi- continua Tedesco -, sentiva che c’era una forza in atto che agiva a tutti i livelli, politico, ideologico e culturale, che tendeva a disarticolare l’uomo in maniera molto potente, è da qui che parte la sua spietata disamina sugli artisti sino al punto di parlare di connivenza con il fascismo. Zavattini, quindi, in contrapposizione a questa forza, nei suoi primi lavori, nei romanzi e racconti, anche nelle sceneggiature di De Sica, tende invece a fare una ricerca su come riuscire a vedere l’essere umano addirittura come opera d’arte, questo è un passo importante dell’estetica e del pensiero Zavattiniano. Nel senso che, gli artisti oggi non sono coloro che a vario titolo producono dei manufatti di più o meno pregio, ma sono coloro che riescono a vedere l’essere umano oltre le apparenze, addirittura come un’opera d’arte. Questa è la cosa più rivoluzionaria, se vuoi scandalosa, che Zavattini ha messo in campo. È un ambito questo – conclude – che se analizzato va a dissolvere le sovrastrutture che oggi imperano: l’ossessione da parte del mondo politico e culturale di disarticolare l’essere umano».

Seguendo questo pensiero la mostra inaugura nel momento giusto

«Si – incalza -, quanto detto è anche uno dei motivi per cui abbiamo deciso, di farla ora e di approcciarci in maniera molto particolare, senza perdere tempo. “Oggi non c’è tempo per distrarsi perché addirittura in un secondo una pallottola fa mille metri ed anche più”, diceva in una registrazione. Questa è una mostra anti-distrazione, occorre andare esattamente al nucleo veicolato attraverso quasi un’evocazione magica della figura Zavattini, ossia attraverso la sua voce che lui stesso definiva medioevale (“Io vado in giro per le strade con una voce medioevale”), che alle volte balbetta, aggiungo io».

In connessione con il pensiero Zavattiniano è anche la modalità con cui viene comunicata visivamente la mostra per farla vivere nel contesto del presente. Alcuni giovani studenti universitari di Bologna sono stati fotografati in stretto rapporto con le opere e i documenti esposti, a significare come oggi più che mai l’opera d’arte ha bisogno di essere attivata dall’energia degli esseri umani per concretizzarsi come realtà vitale.

mtn_Aspettando_Za_03_Photo-credit_Marcello-Tedesco

Qui i ragazzi fungono da attivatori delle opere e per come sono stati immortalati raffigurano essi stessi delle opere d’arte, a significare, come oggi l’opera d’arte non è solo un oggetto inerte da ammirare solo sul piano intellettuale ma ha bisogno di essere attivata dall’energia della persona che gli è difronte.

Aspettando ZA, già dal titolo si intuisce come il mondo Zavattiniano non si esaurisce in una mostra, allestita pare quasi a voler lasciare degli indizi per poi invitare il visitatore ad indagare e scoprire che dietro ad un monile, un libro o in una frase sottolineata di una sceneggiatura si apre l’universo Zavattini.

ASPETTANDO ZA – Una non mostra su Cesare Zavattini
Dalla collezione Massimo Soprani

dal 09|02 al 09|03|2021
mtn | museo temporaneo navile
La mostra è sempre visibile solo su appuntamento il martedì, giovedì, venerdì
dalle ore 15,00 alle 19,00.