Avere qualcosa da dire. Conversazione con Lucia Calamaro

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Lucia Calamaro - ph © Guido Mencari

C’è tempo fino al 10 aprile per candidarsi a Scritture, scuola itinerante di drammaturgia promossa e ospitata da Riccione Teatro, Sardegna Teatro, Teatro Bellini di Napoli, Teatro Stabile di Bolzano e Teatro della Toscana da maggio a novembre 2021. Ne abbiamo parlato con la Direttrice.

Quali attenzioni sono alla base del tuo lavoro pedagogico?

Identificare e sviluppare insieme, di qualsiasi natura esse siano, le cose degne d‘interesse. Singolari. Minori. Indicibili. Cercare di acchiapparle e farle proprie per trasmetterne, con attenzione e fatica, anche solo l’ombra, i resti, l’eco.

L’ambizione è che il processo di trasmissione, sulla lunga durata, funzioni intorno a una poetica impazzita del rimbalzo: dall’uno ai molti, dai pochi al tutto, dal prima al poi, al sempre, al mai.

Quale rapporto verrà istituito tra parola scritta e voce, nella vostra scuola?

Beh, direi che è in questa frattura, quest’intervallo che non trova pace, che si gioca la partita. Parola scritta per essere letta, parola scritta per essere detta da qualcuno a qualcun altro.

C‘è quest’ideale di una doppia o tripla linea da sviluppare verso lo spettatore: mentre un’attrice gli parla di una cosa, un attore gliene sussurra un’altra che può capire solo quando un terzo attore le nega entrambe e così via: le trame dell’ascolto saranno un punto centrale del lavoro.

I destinatari di questo percorso «sono persone di ogni età: autori e autrici, ma anche professionisti e professioniste con un background drammaturgico, attoriale, registico, coreutico o performativo, che siano usciti da una scuola teatrale da almeno due anni o abbiano cinque anni di pratica sul campo, e che vogliano affinare la loro capacità di scrittura con un corso di livello avanzato». In che modo le competenze personali altre (artistiche e non) possono nutrire la scrittura per la scena che praticherete?

La vita, da vivere, è spesso noiosa, ma raccontarla è tutt’altra storia, è li che ci si diverte, tutto il mestiere sta in come la dici.

Tra i materiali che i candidati dovranno fornire, figurano «un’autobiografia discorsiva con cui presentarsi in modo originale a Lucia Calamaro e un breve dialogo sul “niente” per mostrare il proprio stile». Come definiresti, nel lavoro che realizzerai con i partecipanti, due termini forse centrali per ogni artista occidentale, originalità e stile?

Lo stile, per me, ha a che vedere con la musicalità, un ritmo, una sincope, un musicista interiore soggiacente che ognuno di noi ha dentro. E la capacità di farlo suonare. Di ascoltarlo fare. O no.

L’originalità, sempre per me, somiglia molto alla propria capacità di dire il vero, o di saper spacciare il falso come tale.

Per concludere: cosa fa di un drammaturgo un buon drammaturgo?

Avere qualcosa da dire.

E sapere cos‘è.,

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MICHELE PASCARELLA,

info: riccioneteatro.it

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