Bologna, Bottega Finzioni diventa Fondazione

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Michele Cogo, Direttore di Bottega Finzioni

Le storie sono materiali intangibili sui quali si basa l’intera società e la collaborazione tra le persone; è sulla base delle narrazioni che gli individui cominciano a credere in qualcosa. Sono questi i presupposti che hanno dato vita a Bottega Finzioni, la realtà bolognese che vanta alle spalle un’esperienza decennale nell’ambito della scrittura applicata a tutti i possibili campi: dalla narrativa alla televisione, dalla radio al cinema fino alla dimensione multimediale. Oggi questa realtà si trasforma in Fondazione, dedicata alla memoria del professor Paolo Fabbri, ispiratore e grande sostenitore del progetto venuto a mancare nel giugno scorso. Bottega Finzioni diventa così la prima fondazione narrativa italiana.

«Trasformare la società in Fondazione è una scelta naturale, in perfetta linea con quello che la scuola è sempre stata fin dall’origine, votata alla ricerca di formazione da fornire alle persone gratuitamente», racconta Michele Cogo, Direttore della Fondazione. «Fin dall’inizio si è provato il più possibile a fornire corsi finanziati, per permettere a tutti coloro dotati di talento di avere accesso ai nostri percorsi. Abbiamo visto che, di anno in anno, grazie alle borse di studio e ai fondi che ci sono spettati dopo essere diventati Ente di Fondazione, il livello dei nostri allievi si è alzato notevolmente. Il senso della Fondazione è questo: avere uno strumento che permette di raccogliere più facilmente fondi sia da privati sia da pubblici per sostenere i costi a persone che non possono permetterselo. Questo permette di accogliere persone provenienti da tutti gli strati sociali e portatrici di esperienze di ogni tipo».

A livello professionale che cosa distingue i corsi erogati da Bottega Finzioni da quelli di altri enti di formazione?

«Abbiamo chiamato questo posto ‘Bottega’ ispirandoci agli antichi metodi di formazione che si usavano nelle botteghe rinascimentali: al loro interno c’erano i Maestri e tre categorie di allievi, paganti, non paganti e collaboratori. A queste tre categorie veniva insegnato un mestiere a partire dalle basi. Noi adottiamo lo stesso metodo: lavoriamo a delle storie insieme agli allievi che in alcuni casi possono permettersi di pagare una retta, in altri casi necessitano di essere coperti da borse di studio e in altri ancora possono essere chiamati a collaborare con vere e proprie produzioni destinate ad andare verso l’esterno. I professionisti in aula sviluppano insieme ai gruppi di allievi delle storie che possono avere l’opportunità di essere prodotte. In caso contrario, il lavoro resta comunque un esercizio. La differenza con le altre scuole di scrittura è che, mentre in quei casi gli studenti sanno già che le loro esercitazioni non usciranno dalla classe, a Bottega Finzioni c’è sempre la speranza che si trasformino in qualcosa di concreto».

I percorsi professionali erogati da Bottega Finzioni guardano alla narrazione in tutte le sue forme, strutturando la formazione in quattro aree didattiche: autore di fiction cinematografiche e seriali, autore di programmi televisivi e documentari, autore di produzioni audiovisive e multimediali per bambini e ragazzi, ed infine l’ambito letterario, nelle forme del romanzo e del racconto.

Tuttavia, fin dalla sua origine, Bottega Finzioni è animata da una doppia missione: da un lato la formazione che guarda al mondo professionale, dall’altro l’interesse per il sociale. Questa seconda anima riconosce alla narratività un ruolo centrale all’interno della società, in grado di creare empatia e di favorire lo sviluppo e la crescita delle persone e delle comunità di cui fanno parte. Con la trasformazione in Fondazione tale aspetto diviene ancora più centrale, rivolgendosi alle cosiddette aree di fragilità e perseguendo finalità civiche, di solidarietà e di utilità sociale. Questo è ciò che rende a tutti gli effetti Bottega Finzioni la prima fondazione narrativa italiana che si ispira a quelle già esistenti all’estero, soprattutto nei paesi anglosassoni dove esistono già da vent’anni.

«Queste realtà si occupano della narrazione e la usano per raggiungere altri scopi», continua Michele Cogo. «Questi possono essere, ad esempio, favorire lo sviluppo dell’empatia tra medico e paziente all’interno di un ospedale, far emergere il tema dell’aggressività e dell’invidia all’interno di un gruppo classe di bambini delle elementari, far ricostruire il senso di una parabola negativa nella vita di una persona, inizialmente perfettamente inserita nella società e che improvvisamente si trova senza più nulla e nessuno. I corsi rivolti alle aree di fragilità aiutano le persone in difficoltà ad imparare a raccontare e a raccontarsi, li sostengono nell’apprendimento della scrittura nell’ottica che questo li aiuterà ad avere un futuro migliore e maggiori opportunità. Queste micro-narrazioni servono alle persone per capire che cosa succede loro nel corso della loro vita ed è l’unico modo che abbiamo per dare un senso a quello che ci capita. La Fondazione nasce su questo presupposto, ovvero riconoscere la narratività come dispositivo fondamentale per la costituzione e il mantenimento della società e della civiltà e quindi conoscerla è fondamentale, sia a livello sociale sia a livello del singolo».

Numerosi sono i progetti che la neonata Fondazione si propone di mettere in atto nei prossimi anni, a partire dal portare avanti la tradizione dello Scriba Festival, il festival bolognese interamente dedicato alla scrittura, fino ad arrivare alla pubblicazione del volume Raccontare Quasi Tutto che raccoglierà idee e testimonianze nate dall’attività didattica di Bottega Finzioni. Già in corso è invece il progetto Premio 10:26, un contest aperto agli studenti europei ed extraeuropei fino ai 26 anni, istituito dalla Fondazione con il patrocinio dell’”Associazione tra i familiari delle vittime della strage della Stazione di Bologna del 2 agosto 1980”. L’obiettivo è quello di ricordare la vita e i sogni delle vittime della strage del 2 agosto 1980: entro il 25 aprile, i partecipati potranno proporre il loro progetto di ricerca.

Tra i progetti futuri della Fondazione c’è anche la Casa delle Scritture. Di cosa si tratta?

«La Casa delle Scritture è un luogo che manca e che vorremmo ci fosse in questa città. Ci sono tante bellissime biblioteche e tanti luoghi culturali, ma non esistono degli spazi simili alle fondazioni narrative presenti ad esempio a San Francisco, a Londra, a New York o a Amsterdam. Luoghi dove si può andare quando si ha un bisogno legato alla scrittura, allo stesso modo in cui si va in cineteca quando si cerca qualcosa legato al cinema. Questi bisogni possono andare dalle difficoltà di apprendimento dei più piccoli, per cui un genitore può portare suo figlio in questo luogo per trovare un sostegno nell’apprendimento della scrittura, fino a tanti altri progetti che hanno a che fare sempre con le aree di fragilità e con lo sviluppo della capacità di raccontare e di scrivere meglio. La Casa delle Scritture è uno spazio laboratoriale e di approfondimento, diverso da una biblioteca e da una libreria. È un luogo che affianca la scuola, dove i bambini possono radunarsi e trovare qualcuno che li aiuti a sviluppare capacità di scrittura che altrimenti resterebbero sopite. Penso che di realtà di questo genere ce ne sia bisogno. Ovviamente è un luogo anche per gli adulti: tra le necessità più richieste c’è il potersi raccontare e il poter raccontare la propria storia per trovare un senso e capire come ci si è trovati in una determinata situazione. Insomma, un luogo che può accogliere persone di vario genere in difficoltà per aiutarli a scrivere e raccontarsi. È un intervento corpo a corpo con le persone che sono in difficoltà e hanno bisogno di questo, pur magari non sapendolo».

Info: www.bottegafinzioni.com

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