L’arte è una delle più alte espressioni della concretezza. Intervista a Spiro Scimone e Francesco Sframeli

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Il ruolo di padrini, che avete accettato di ricoprire alla prossima edizione di Kilowatt Festival, rimanda ad alcune parole-chiave da cui vorrei partire, in questa conversazione. La prima è protezione. In che modo e da cosa il teatro, o più specificamente la vostra idea e prassi di teatro, può proteggere, nella complessa realtà odierna?

Il nostro teatro nasce dal rapporto: autore, attore, spettatore. Per poter creare questo tipo di rapporto è indispensabile che, durante la rappresentazione, ci sia sempre tra i tre elementi un vero ascolto. Il teatro educa all’ascolto e, nella realtà odierna, può proteggerci da chi non ascolta più. Il teatro è aprirsi agli altri, è luogo di confronto, è libertà.

La seconda parola è guida e dunque, per estensione, la funzione di Maestro.

Noi abbiamo avuto dei veri maestri che con grande generosità ci hanno donato il loro sapere, la loro esperienza, la loro umanità e tutti i doni che abbiamo ricevuto da loro ci hanno aiutato a scoprire che il teatro è, per noi, una necessità.

Terza e ultima parola, in relazione al termine padrino: tradizione. Etimologicamente, essa rinvia sia al trasmettere-tramandare che al tradire-falsificare-manipolare. Quale verità è possibile, nelle opere a cui date vita?

Le nostre opere nascono dal bisogno di ricercare nuovi linguaggi espressivi. La necessità di realizzare un teatro essenziale nell’uso della parola, nella recitazione, nella costruzione scenica ci ha permesso di mantenere viva la tradizione del teatro artigianale che cura tutti i piccoli particolari, tutte le sfumature. L’unica verità nelle nostre opere è la verità scenica che si crea di volta in volta, di attimo in attimo, attraverso un meccanismo di finzione. Tutti i personaggi delle nostre opere, per poter vivere nella finzione scenica, devono raggiungere il massimo dell’autenticità.

Kilowatt Festival dedicherà al vostro lavoro un incontro pubblico di due giorni. Quando il discorso sull’arte può essere una forma d’arte esso stesso?

L’arte è una delle più alte espressioni della concretezza. L’opera d’arte riesce a concretizzare anche ciò che è invisibile. Il discorso sull’arte potrebbe diventare, esso stesso, una forma d’arte se si raggiunge una concretezza nelle parole, nei contenuti, nei pensieri, nei silenzi.

Presenterete un vostro storico spettacolo, Il cortile, Premio Ubu 2004 come “nuovo testo italiano”. A cosa è dovuta la grande fortuna internazionale che questo lavoro ha avuto, secondo voi? Allargando: cosa c’è di culturale e cosa di naturale, nel vostro teatro?

Il nostro teatro parte dall’attenta osservazione della realtà, ma assume aspetti che vanno oltre il naturalismo. Nel testo Il cortile la realtà degli emarginati, degli sradicati, dei diseredati, non è raccontata in modo naturalistico; è riportata in scena in una dimensione teatrale, artistica… capace di rendere autentica la finzione; ecco il motivo del successo internazionale del nostro spettacolo.

È in programma anche l’esito di un laboratorio che condurrete con attrici e attori professionisti a Sansepolcro. Cosa fa di un attore un buon attore, secondo voi?

Il teatro è ventre di madre. L’attore è la creatura generosa che con meraviglia viene fuori da quel ventre per dar vita in scena, in modo fantastico, leggero e fluido alle cose belle e brutte della vita reale.

Questo esito è intitolato Bella Festa. Lavorerete su materiali del vostro spettacolo degli anni Novanta? Se sì: come li renderete permeabili a nuovi corpi e voci?

Lavoreremo sul testo La festa, ma sarà il percorso di creazione che svilupperemo insieme alle attrici e agli attori, durante il laboratorio, che ci farà capire in che modo i personaggi dell’opera vivranno sulla scena.

Infine: cosa è impossibile insegnare, dell’arte dell’attore e della scrittura per la scena?

È impossibile insegnare l’immaginazione.

 

MICHELE PASCARELLA

 

info: https://scimonesframeli.org/, https://www.kilowattfestival.it/